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Billy Elliot (2000)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 27 dic 2022
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 2 giu 2023


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Billy Elliot

UK/Francia 2000 dramma biografico 1h50’


Regia: Stephen Daldry

Sceneggiatura: Lee Hall

Fotografia: Brian Tufano

Montaggio: John Wilson

Musiche: Stephen Warbeck

Scenografia: Maria Djurkovic

Costumi: Stewart Meachem


Jamie Bell: Billy Elliot

Julie Walters: Mrs. Wilkinson

Gary Lewis: Jackie Elliot

Jamie Draven: Tony Elliot

Stuart Wells: Michael

Jean Heywood: nonna di Billy

Mike Elliot: George Watson

Nicola Blackwell: Debbie Wilkinson

Colin MacLachlan: Mr. Wilkinson

Patrick Malahide: direttore Royal Ballet School

Barbara Leigh-Hunt: vicedirettrice Royal Ballet School

Adam Cooper: Billy adulto


TRAMA: La vita di Billy, apprendista boxer, cambia dopo l'incontro con Mrs. Wilkinson e la sua scuola di ballo. Immerso in un mondo completamente nuovo dimostra un talento fuori dal comune che gli farà raggiungere il suo grande sogno cambiando la sua vita e quella di tutti quelli che incontrerà.


Voto 7

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Siamo nel 1984, nell’Inghilterra del nord, ai tempi di Margaret Thatcher, la lady di ferro, e degli scontri tra polizia e minatori in sciopero a causa della chiusura delle miniere perseguita da provvedimenti presi dal primo ministro. Il padre Jackie e il fratello maggiore di Billy, Tony, sono minatori, inaspriti dai continui disagi dovuti alle difficili condizioni di vita. Per il piccolo sognano un futuro da duro e lo iscrivono al corso di boxe. Ma il ragazzino sogna invece di entrare nella classe di danza della maestra Wilkinson, che è completamente composta da femmine. Con la sua determinazione, e soprattutto grazie ad un inaspettato talento, Billy conquista la fiducia della maestra. Naturalmente, appena papà e fratellone scoprono che invece di tirar pugni indossa scarpette e tutù succede la fine del mondo. Il ragazzino è rinchiuso in casa ad occuparsi della nonna che soffre di amnesie e l'unica possibilità di partecipare ad un'audizione a Londra sfuma inesorabilmente. Il suo futuro da ballerino sembra così finito per sempre. Ma una sera il padre vede Billy danzare e capisce che il figlio ha talento.

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Sulla scia del successo di almeno un paio di film sull’antithatcherismo (ma erano di più) e sulle gravi difficoltà che dovevano sopportare gli appartenenti alla working class per sopravvivere in quei durissimi tempi (vedi Grazie, signora Thatcher e Full Monty - Squattrinati organizzati), questo bellissimo film di Stephen Daldry combina fantasia, commedia e dramma sociale in un insieme che coinvolge ed emoziona. Il suo fascino sta nel modo in cui attrae il pubblico nel legame con il protagonista e nell’empatia che vi si stabilisce. Lo scenario è alquanto deprimente: vi osserviamo lo scorcio in salita di una strada che si butta direttamente nel mare, le case allineate tipiche del luogo e del cinema inglese dei poveri, i minatori sull'orlo della disperazione, i poliziotti allineati con gli scudi pronti ad intervenire e menare manganellate, padri e fratelli ruvidi, attaccati alla boxe, ai picchetti, alla birra. E poi c'è un particolare anomalo, fuori schema: Billy, un ragazzino di undici anni che ai guantoni da pugile (tramandati da suo nonno a suo padre e a lui) preferisce le scarpette con le punte rinforzate da ballerino classico. Mentre padre e fratello sono in strada a presidiare i picchetti, egli, punito per le sue scelte, viene lasciato a casa per prendersi cura della nonna malata. Sua madre è morta di recente e Billy, che visita regolarmente la sua tomba (con le forbici in mano per tagliare l'erba intorno alla lapide), sente la sua mancanza più profondamente di quanto sia disposto ad ammettere.

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Il film inizia più o meno allo stesso modo di molti altri sulla boxe amatoriale, quando forniva un prezioso sbocco per le aggressioni giovanili. Ma Billy è inetto sul ring e ben presto trova attrazione nelle lezioni di danza classica che vengono impartite tra le mura della stessa palestra dall'insegnante, la signora Wilkinson (Julie Walters) e, incuriosito e affascinato, si decide senza dire nulla ad alcuno di pagare mezza sterlina a lezione per imparare quell’arte e poter sperare per una prova da effettuare presso la Royal Ballet School. Si nota subito che il ragazzo è talentuoso e portato per la danza, ma il suo sogno non è né nei piani del padre né nella mentalità di quell’ambiente, tanto che, quando Jackie scopre cosa sta combinando suo figlio, esplode nell’ira prevedibile: “I ragazzi fanno calcio, boxe o wrestling, non il balletto!”, mettendo in dubbio la sessualità di Billy. Di conseguenza gli chiede di smettere immediatamente di avere a che fare con la signora Wilkinson e le sue lezioni. La reazione, a sua volta del giovane (“Ma non vuol dire essere finocchio!”) non serve a nulla: per lui vuol dire invece uscire da quella casa di mattoni e dal grigiore quotidiano scritto nel destino della povera gente, piuttosto è l’istinto con cui è nato, è la dote che porta dentro e che deve trovare la via per esplicarla.

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Due sono le principali caratteristiche del film: l’atmosfera che sembri arrivare dal cinema di Ken Loach, ma ancora di più la bravura con cui un regista come Stephen Daldry è capace di raccontare storie di adolescenti pieni di risorse mentali e fisiche e quanto sia bravo a tirar fuori il meglio dai piccoli attori. Questo è il suo esordio alla regia ma dopo The Hours (2002) e The Reader - A voce alta (2008), entrambi molto belli, rieccolo maneggiare con cura ed efficacia un altro ragazzino, il commovente piccolo protagonista di Molto forte, incredibilmente vicino (2011). E se questa trama non è una novità (di giovanissimi talenti che hanno difficoltà ad esprimersi è piena la storia del cinema), è la bellezza dei personaggi che conquista, è la recitazione convincente che si osserva, è il disegno che regia e sceneggiatura (di Lee Hall, esperto scrittore di copioni di film musicali come Cats e Rocketman) riescono a confezionare per i personaggi principali.

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Gary Lewis è un attore perfetto per il ruolo di genitore rude e duro che pian piano si rivelerà padre affettuoso (“Diamo almeno a Billy una possibilità” dirà nel momento decisivo), ma la seconda simpatia (la prima è intuibile a chi vada) che prova lo spettatore è per la meravigliosa Julie Walters nei panni dell’insegnate che intuisce subito quanto Billy sia portato per la danza classica e che su di lui punta decisa, convinta di avere tra le mani un diamante grezzo che non aspetta altro che di essere tagliato ad arte e avere successo. Ma su tutti si erge quel ragazzino, Jamie Bell, anche lui al debutto sul set, con la già evidente attitudine per la recitazione: inizierà così una carriera piena di soddisfazioni e ruoli di ogni genere. E vederlo ballare è un incanto!

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La regia è senza dubbio apprezzabile e se anche il film cerca il clou in maniera prevedibile nel momento dell’esibizione di Billy per essere accolto nel corpo del balletto del teatro, scene che ricordano altre occasioni simili, a cominciare da Flashdance, ciò non vuol dire che non vi si partecipi anima e cuore per vederlo trionfare. In fondo, quando gli eroi, anche piccoli e insignificanti, raggiungono il traguardo della loro vita ci si alza dalla poltroncina sempre riconoscenti con il destino. Magari i balletti di Billy sui tetti e per strada possono sembrare favolistici, magari la retorica compare qui e là e la conclusione benigna ne è una prova, ma l’insieme ci dice che funziona, l’attenzione non viene mai meno, e il ballo o danza che sia (con le belle musiche) è pur sempre uno spettacolo.

Viva l’arte!


Ispirato alla vera storia del ballerino Philip Mosley.

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Riconoscimenti

2001 - Premio Oscar

Candidatura alla migliore regia

Candidatura alla miglior attrice non protagonista a Julie Walters

Candidatura alla migliore sceneggiatura originale

2001 - Golden Globe

Candidatura al miglior film drammatico

Candidatura alla miglior attrice non protagonista a Julie Walters

2001 - Premio BAFTA

Miglior film britannico

Miglior attore protagonista a Jamie Bell

Miglior attrice non protagonista a Julie Walters



 
 
 

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