Bird (1988)
- michemar

- 19 apr 2022
- Tempo di lettura: 3 min

Bird
USA 1988 biografico 2h41’
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Joel Oliansky
Fotografia: Jack N. Green
Montaggio: Joel Cox
Musiche: Lennie Niehaus
Scenografia: Edward C. Carfagno
Costumi: Glenn Wright
Forest Whitaker: Charlie Parker
Diane Venora: Chan Parker
Michael Zelniker: Red Rodney
Samuel E. Wright: Dizzy Gillespie
Keith David: Buster Franklin
Michael McGuire: Brewster
James Handy: Esteves
Bill Cobbs: dr. Caulfield
TRAMA: È la storia di Charlie "Bird" Parker, sassofonista, genio del jazz, costruita come un collage di scene dalla vita di Parker, dalla sua infanzia in Kansas, attraverso il suo matrimonio con Chan, fino alla sua prematura morte all'età di trentaquattro anni. Accanto agli amori andati, Parker attraversa fiumi di alcol e droga che lo devasteranno. Morirà a soli trentaquattro anni quasi in miseria, ma verrà ricordato come uno dei più grandi musicisti jazz della storia.
Voto 7,5

L’amore per la musica è risaputa in Clint Eastwood e lo ha sempre dimostrato scrivendo spesso alcuni brani per i suoi film ma anche scegliendo con cura i commenti musicali, e dedicandosi realmente al canto e al pianoforte uno dei suoi primi film, Honkytonk Man del 1983. Questo amore si rivela potente ed evocativo in un’opera tanto potente tanto struggente sulla figura di un genio del sassofono jazz: la vita e le disgrazie di Charlie "Bird" Parker.

Charlie Parker, ritenuto il più grande sax della storia del jazz, si porta dietro il soprannome di "Bird" dall'infanzia, da quando non aveva i soldi per entrare nel club e sentiva la musica dal cortile. Per questo era yardbird, ovvero uccello da cortile. In seguito, Charlie aveva comprato un sassofono e in poco tempo era diventato famoso, quando, nel 1939, il giovane sassofonista arriva a New York per suonare nei club: è la nascita di un artista rivoluzionario, segnato dalla tossicodipendenza e da tragedie personali. La sua musica faceva sognare ma la sua vita privata era un disastro: droga, alcol, sesso, disperazione.

Per un film che era destinato ad essere unico per la sua libertà di messa in scena e dall’asciuttezza dell’opera, serviva assolutamente un attore che fosse stato in grado di riprodurre il mitico personaggio e tale si rivelò il gigantesco – e stavolta non per motivi fisici, che pure ci sono - Forest Whitaker, che capì l’importanza del film e del momento storico della sua carriera: un’occasione imperdibile. E tale fu. Allora era ancora giovane e aveva già lavorato con registi importanti ma mai come protagonista e venne a galla tutto il suo impegno e il suo talento. Noto per le sue immersioni totali nei personaggi, egli prese lezioni di sassofono e visse da recluso in una stanza con soltanto un letto e lo strumento musicale, riuscendo a restituire del personaggio l’energia virtuosistica e, al contempo, la fragilità, compreso il bisogno di apparire sul palco e quello di scomparire nella vita, annientandosi con la droga e coi tentativi di suicidio.

Indimenticabile resta la sua interpretazione, con quell’occhio semichiuso per una reale malattia che si trascina da sempre, con quel corpaccio che si adegua allo strumento, con una immedesimazione che rasenta il miracolo recitativo. Il susseguirsi degli avvenimenti positivi, le sue sparizioni che tanto facevano preoccupare la moglie la cui devozione sfiorava la dedizione assoluta e la pazienza di chi lo ha amato profondamente, le esibizioni nei locali dove era sempre atteso con ansia, i colleghi ben noti come Dizzy Gillespie e Red Rodney (iniziatori del be-bop) che cercavano disperatamente di tenerlo a galla. Tutto è sapientemente miscelato dalla mano di Clint Eastwood fino ad ottenere un film appassionante e a tratti commovente. Brava anche Diane Venora nel ruolo della moglie Chan.

La struttura del film è costituita da una narrazione non lineare, in quanto ci sono presenti continui andirivieni temporali con ampio utilizzo di flashback. A tal proposito, a chi gli faceva notare la forse eccessiva frammentarietà della narrazione che avrebbe reso difficile al pubblico il seguire la storia, Eastwood rispose: “Se avessi dovuto raccontare la storia secondo l'ordine cronologico, il film sarebbe dovuto durare parecchie ore!”. Ed invece va bene così, perché non ci si annoia mai e anche chi è a digiuno di jazz comincia ad amarlo.
Presentato in concorso al 41º Festival di Cannes, vinse il Grand Prix tecnico per la qualità della colonna sonora e valse a Forest Whitaker il premio per la miglior interpretazione maschile. In seguito, il film vinse il Premio Oscar 1989 per il miglior sonoro e al regista Clint Eastwood andò il Golden Globe 1989 per la miglior regia.






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