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Brimstone (2016)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 21 feb 2022
  • Tempo di lettura: 2 min

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Brimstone

Olanda/Francia/Germania/Belgio/Svezia/UK/USA 2016 western drammatico 2h28’


Regia: Martin Koolhoven

Sceneggiatura: Martin Koolhoven

Fotografia: Rogier Stoffers

Montaggio: Job ter Burg

Musiche: Tom Holkenborg (Junkie XL)

Scenografia: Floris Vos

Costumi: Ellen Lens


Guy Pearce: il reverendo

Dakota Fanning: Liz

Emilia Jones: Joanna

Carice van Houten: Anna

Paul Anderson: Frank

William Houston: Eli

Ivy George: Sam

Bill Tangradi: Nathan

Jack Roth: Wolf

Jack Hollington: Matthew

Carla Juri: Elizabeth

Vera Vitali: Sally

Kit Harington: Samuel


TRAMA: Alla fine del XIX secolo, nel west statunitense, Liz, una giovane di vent'anni, conduce un'esistenza tranquilla con la famiglia. La sua serenità viene sconvolta il giorno in cui un sinistro predicatore le fa visita. Si tratta dello stesso uomo che sin dall'infanzia la insegue inesorabilmente.


Voto 6-

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Vecchio West, nuovo modo di raccontare il West. Liz vive con il marito e due bambini in una comunità scossa dall'arrivo di un nuovo pastore. La ragazza lo conosce e riconosce e ne è terrorizzata. In passato le loro strade si sono già incrociate, drammaticamente, lei ha lottato per sopravvivere alle angherie dell'uomo, un reverendo malvagio che assoggetta al potere della violenza soprattutto le donne, e che considera Liz sua proprietà. Alla vicenda si intreccia anche la storia di Sam, un pistolero ferito che incontra sulla sua strada il pastore e la sua famiglia.

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Il nuovo modo di raccontare il vecchio West, oltre a quello a cui stiamo assistendo da parte dei giovani registi americani (non ultimo Scott Cooper con il bel Hostiles), è quello europeo, che ogni tanto si riaffaccia con uno stile innovativo ma più gotico, buio, anche più feroce. Ci riprova un olandese, Martin Koolhoven, che riesce a mettere assieme un buonissimo cast e puntando su un aspetto che, se anche mostrato di sfuggita nel classico schema hollywoodiano, qui viene messo in risalto: il patriarcato.

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Suddiviso in quattro atti (Rivelazione, Genesi, Esodo e Castigo) ma stranamente non in ordine cronologico (bisogno ricostruirlo mentalmente), vede al centro della storia un violento e tetro predicatore che pare sia la copia aggiornata di quello immortalato da Robert Mitchum in La morte corre sul fiume, di Charles Laughton. Ma il patriarcato che notiamo è quello con la faccia peggiore, quello che non lascia scampo, quello che si rivela padrone assoluto della donna e del suo corpo.

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La vera protagonista, per fortuna, è però una donna che non vuole arrendersi, nonostante le angherie e la mentalità della società in cui vive: Liz sa che la lotta è impari ma battaglia con tutte le sue forze. Ed è qui che il regista non arriva fino in fondo, perché avrebbe potuto fare del film una allegoria femminista, rigenerando il genere, modernizzandolo ai temi e ai tempi che corrono. Invece si ferma un passo prima, lasciandoci un western dispotico senza risparmiarci tensione e violenza.

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Se Guy Pearce, con la sua magrezza di viso, sa diventare il durissimo e prepotente reverendo, Dakota Fanning sa vestire i panni della donna che non si arrende tanto facilmente. A dimostrazione della produzione mitteleuropea del film, il cast si arricchisce di almeno un paio di nomi molto noti: Carice van Houten e Kit Arington.

Film che si lascia vedere ma poteva andar meglio.


 
 
 

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