Cape Fear - Il promontorio della paura (1991)
- michemar
- 29 nov 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 16 giu 2023

Cape Fear - Il promontorio della paura
(Cape Fear) USA 1991 thriller 2h8'
Regia: Martin Scorsese
Soggetto: John D. MacDonald (romanzo)
Sceneggiatura: Wesley Strick
Fotografia: Freddie Francis
Montaggio: Thelma Schoonmaker
Scenografia: Henry Bumstead
Costumi: Rita Ryack
Robert De Niro: Max Cady
Nick Nolte: Sam Bowden
Jessica Lange: Leigh Bowden
Juliette Lewis: Danielle Bowden
Robert Mitchum: ten. Elgart
Gregory Peck: Lee Heller
Martin Balsam: giudice
TRAMA: Max Cady s'è fatto quattordici anni di carcere per stupro. Non che Max fosse innocente, però è vero che Sam Bowden, il suo avvocato, ha omesso di presentare un documento che avrebbe potuto alleggerire la sentenza. Oggi Bowden vive nel North Carolina, con la moglie Leigh e la figlia adolescente Danielle. Tutte queste cose Max le sa perché ha deciso di fargliela pagare. Ma, almeno all'inizio, non in maniera evidente. Basta farsi vedere in giro nei luoghi che lui frequenta, sedersi davanti a lui al cinema, ammazzargli il cane, magari, mettere qualche dubbio in testa alla giovane Danielle. Nulla per cui uno possa essere messo in galera.
Voto 7,5

Parlare di film secondari nel portfolio di Martin Scorsese è davvero problematico, dato che come ben sappiamo ogni film ha la sua ragion d’essere e la sua forza narrativa, tutte opere che scuotono, incisive, che lasciano il segno. Poi, è chiaro che alcuni film volano più in alto degli altri e li inseriamo nella lista di quelli memorabili. E sono tanti.

Questo è un po’ particolare per diversi motivi. Prima di tutto è un remake, operazione rara per Scorsese (anche The Departed (leggi qui) lo è, ma con altre ambientazioni e intenti) e se teniamo conto che l’originale è già di per sé un film forte e importante lo guardammo a suo tempo con curiosità. Poi, si possono riscontrare alcune “ossessioni” tipicamente scorsesiane: il senso di colpa del Sam Bowden di Nick Nolte, che nel pieno del continuo duello fisico e psicologico con il rivale ripensa alle sue decisioni passate; il percorso mentale del terribile Max Cady di Robert De Niro, ferocemente sorridente con una smorfia che credo nella storia del cinema nessuno abbia mai avuto.

Film marchiato a fuoco dall’attore newyorkese, sempre pronto per ruoli travagliati e complessi come questo e che non si dimenticano. Nick Nolte giganteggia e forse nella recitazione (confrontare la versione in lingua originale, please) è perfino almeno alla pari di De Niro, ma nella nostra immaginazione, quando ripensiamo al film, arriva come un flash cerebrale il fisico muscoloso e tatuato di Max Cady, divenuto imprescindibile dall’opera. Una figura violenta e incontinente in maniera indimenticabile, lontano da quella tenebrosa e diversa di Robert Mitchum della versione originale.

A quest’ultimo e all’indimenticabile Gregory Peck il regista dedica loro un atto d’amore e di rispetto donando due piccoli camei, loro che furono invece i protagonisti della versione originale del 1962 di J. Lee Thompson.
Riconoscimenti
1992 - Premio Oscar
Candidatura al miglior attore protagonista a Robert De Niro
Candidatura alla miglior attrice non protagonista a Juliette Lewis
1992 - Golden Globe
Candidatura al miglior attore in un film drammatico a Robert De Niro
Candidatura alla miglior attrice non protagonista a Juliette Lewis
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