Cattive acque (2019)
- michemar

- 3 lug 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 15 mag 2023

Cattive acque
(Dark Waters) USA 2019 dramma biografico 2h6’
Regia: Todd Haynes
Soggetto: Nathaniel Rich (articolo sul New York Times Magazine)
Sceneggiatura: Mario Correa, Matthew Michael Carnahan
Fotografia: Edward Lachman
Montaggio: Affonso Gonçalves
Musiche: Marcelo Zarvos
Scenografia: Hannah Beachler
Costumi: Christopher Peterson
Mark Ruffalo: Robert Bilott
Anne Hathaway: Sarah Bilott
Tim Robbins: Tom Terp
Bill Camp: Wilbur Tennant
Victor Garber: Phil Donnelly
Mare Winningham: Darlene Kiger
Bill Pullman: Harry Dietzler
William Jackson Harper: James Ross
Louisa Krause: Karla
TRAMA: Robert Bilott, avvocato ambientalista, porta il colosso della chimica DuPont in tribunale. Così facendo, denuncia decenni di inquinamento chimico ai danni dell'acqua potabile delle campagne.
Voto 7

Quand’ero piccolino in cucina giravano solo recipienti di coccio e di metallo. Resistenti, duraturi, riparabili, anche perché il consumismo non era ancora una parola in voga e soprattutto praticabile. E non si buttava nulla. Poi, con un battage pubblicitario televisivo, apparve Gino Bramieri che aumentò la sua fama con uno slogan efficace e persuasivo, parlando appunto di recipienti utili sia in cucina che in bagno, per raccogliere oggetti e liquidi. “E mo? Moplen!” Era giunta l’epoca (direi perpetua) della plastica, figlia diretta del petrolio. Fu l’invenzione della Storia dell’uomo e cambiò tante abitudini e consumi. Il petrolio, oltre che combustibile, divenne il padrone del mondo e la causa dei maggiori conflitti internazionali. Petrolio uguale chimica uguale affari colossali uguale profitti ciclopici.

Con la chimica cambiò anche l’equilibrio ecologico della Terra, intesa come perfetta armonia tra materia solida, liquida e gassosa, di terre e di acque, di aria respirabile e di cibo e animali allevati secondo natura. Quando poi i prodotti derivanti dal petrolio, in primis la plastica, non abbiamo saputo come smaltirli o riciclarli, il problema non solo non sappiamo più come risolverlo ma abbiamo rovinato il delicatissimo equilibrio della natura e compromesso forse in maniera irreparabile il futuro del nostro unico pianeta. Di vicende pratiche e tangibili ne abbiamo sentite a migliaia e basta interessarsi ad una di queste e si rimane sconvolti. Per esempio la vicenda raccontata da questo film, il caso dell’avvocato Robert Bilott contro la società di produzione di prodotti chimici DuPont a seguito dello scandalo dell'inquinamento idrico in località Parkersburg con prodotti chimici non regolamentati. Tutto vero, narrato con dovizia di informazioni e personaggi interessati, tutto sconvolgente, perché dimostra come vaste zone degli Stati Uniti sono stati coscientemente inquinati da una grandissima impresa chimica, la DuPont appunto. Allevamenti di animali che nascevano con evidenti difetti fisici, che sviluppavano malattie mortali, contadini che morivano di cancro di ogni tipo che interessavano tutti gli organi, abitanti delle cittadine che bevevano acqua corrente che pescava dai corsi d’acqua che i depositi interrati dei residui della lavorazione avevano contaminato. Tutto in maniera consapevole ma mai ammesso dalla società colpevole anche con la compiacenza degli organi preposti ai controlli, con limiti di tolleranza dannosi stabiliti non dalla legge ma dalla stessa ditta. Perché semplicemente il giro di affari era così colossale a cui nessuno degli interessati avrebbero mai pensato di rinunciare. In ultimo, come tappa finale e con sorpresa generale, ma in particolare delle casalinghe, lo scandalo delle pentole in Teflon, polimero sintetico, conosciuto come Politetrafluoroetilene e con l’abbreviazione PTFE: si tratta di una materia plastica resistente alle alte temperature, anche superiori ai 200°C, è idrofobo e presenta uno dei più bassi coefficienti di attrito rispetto ai materiali solidi. In questo modo l’antiaderenza delle padelle rivestite in teflon è garantita. Come pure il rilascio di sostanze tossiche che entrerebbero in contatto con il nostro organismo, rimanendo a lungo all’interno di esso, e provocando danni al fegato e alla tiroide, riducendo inoltre la nostra capacità di contrastare le infezioni. Il film tratta di tutto ciò e della annosa causa che il tenace e imbronciato avvocato protagonista Robert Billot intentò alla potente impresa americana.

Il film si potrebbe inquadrare nel genere del legal thriller per via delle numerose udienze in tribunale e delle riunioni dei collegi difensivi e querelanti ma lo sviluppo della trama assume toni drammatici per le tantissime vittime e per la storia appassionante della battaglia legale per rendere giustizia a queste ultime e dell’enorme impegno personale del protagonista Robert Billot, l’avvocato che dedicò tanti anni della sua vita per raggiungere l’obbiettivo che si era prefisso, sacrificando anche gli affetti familiari, aspetto non secondario del film. Tanto che la moglie Sarah lo rimproverava di trascurare lei e i suoi tre figli, cambiando atteggiamento solo quando si convinse della giusta causa per cui il marito si batteva. Egli dovette scontare anche l’ostilità dei colleghi e del capo dell’ufficio legale, suo amico di sempre, e dei vari cittadini che si aspettavano risarcimenti adeguati e che invece tardavano per l’ostruzione della potentissima DuPont. Per fortuna e per merito della costanza e della pervicacia di Billot dopo tanti anni la società chimica si arrese e fu condannata a risarcimenti record, vedendo crollare anche il valore delle sue azioni sul mercato.

Mark Ruffalo è encomiabile per l’impegno profuso nel personaggio: è evidente che questo ruolo lo abbia impegnato a fondo, lui che già nella vita reale è una persona dedita alla difesa dell’uguaglianza dei diritti ed ecologista convinto. Una bellissima interpretazione che rende onore alla serietà con cui si è immedesimato. Anne Hathaway è, come succede spesso in questi ruoli di mogli un passo dietro, relegata un po’ in secondo piano ma ha modo anche lei in alcune scene di esprimersi al meglio. Tim Robbins invece è il vecchio amico a capo dell’ufficio e quando anche lui si convince della buona ragione per impegnarsi a fianco del protagonista diventa un serio alleato, interpretando anche lui un ruolo che si confà alla reale mentalità di cittadino che noi tutti gli riconosciamo. È un bel cast, numeroso quanto necessario e di ottimi comprimari.

Ciò che sorprende un po’ è la firma che porta l’opera: Todd Haynes, che abbiamo conosciuto bene quale autore di storie piene di sentimenti non sempre facili, sia con Lontano dal paradiso sia con il meraviglioso Carol (recensione) dove, in entrambi i casi, bisognava trattare con delicatezza temi come l’amore difficile e il comune pensare contrario ai rapporti omosessuali, oltre che tra razze diverse. E questa operazione gli riesce benissimo, facendoci avvincere dal primo all’ultimo istante, senza annoiare nonostante i diversi dibattiti, anzi ottenendo l’attenzione necessaria per tener viva l’attenzione per tutti i 126 minuti della durata. Un Davide contro Golia con la passione e la dedizione degne di altri film simili, da Erin Brockovich - Forte come la verità (recensione) a Insider - Dietro la verità: l’uomo qualunque, uno sconosciuto avvocato cittadino, contro la forza del capitalismo, la salute pubblica contro la potenza degli affari. L’ecologia, e quindi la salute della Terra e dei suoi abitanti, contro l’economia moderna che stritola chiunque si frapponga.
Un film che ci fa guardare le pentole antiaderenti della nostra cucina con apprensione.






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