Charley Thompson (2017)
- michemar

- 19 nov 2021
- Tempo di lettura: 7 min

Charley Thompson
(Lean on Pete) UK 2017 dramma 2h1’
Regia: Andrew Haigh
Soggetto: Willy Vlautin (romanzo: La ballata di Charley Thompson)
Sceneggiatura: Andrew Haigh
Fotografia: Magnus Nordenhof Jønck
Montaggio: Jonathan Alberts
Musiche: James Edward Barker
Scenografia: Ryan Warren Smith
Costumi: Julie Carnahan
Charlie Plummer: Charley Thompson
Steve Buscemi: Del Montgomery
Chloë Sevigny: Bonnie
Travis Fimmel: Ray Thompson
Steve Zahn: Silver
Alison Elliott: Margy
Lewis Pullman: Dallas
Justin Rain: Mike
Julia Prud'homme: Ruby
Bob Olin: Kendall
Rachael Perrell Fosket: Martha
Jason Rouse: Mitch
TRAMA: Charley Thompson è un adolescente e desidera una casa, del cibo sul tavolo e un liceo da poter frequentare. Per lui, figlio di un padre single e irrequieto, è difficile trovare stabilità. Sperando in un nuovo inizio, si due si trasferiscono a Portland, dove Charley ottiene un lavoro estivo e fa amicizia con Lean on Pete, il cavallo da corsa che incontra frequentando il sottobosco delle corse clandestine. Grazie all'animale, vivrà la più grande avventura della sua vita alla ricerca della zia e di salvezza.
Voto 8

Charley è un adolescente di 15 anni, a volte dice di 16, ma anche 18 quando serve, sogna una vita tranquilla, gli piacerebbe andare con continuità a scuola, praticare football, ma è un ragazzo così disponibile che si accontenta di ciò che riesce ad avere da un padre troppo distratto, troppo preso dalle avventure con le donne, senza un domani preciso e spesso nei guai. Da quando la mamma è andata via di casa e si sono traferiti a Portland, nell’Oregon che si affaccia sull’Oceano Indiano, si arrangia con quello che c’è e si accontenta di qualche pasto salvato dagli scarafaggi e delle colazioni consumate con il padre tra una battuta e l’altra, magari preparate dalla donna che è appena uscita al mattino dalla casa. Il papà Ray dice che non ci sono problemi con i mariti delle sue amiche occasionali, ma così non sarà. Per il resto della giornata fa jogging e guarda parecchia TV. Ai suoi progetti futuri aggiunge il sogno che non lo abbandona mai: ritrovare la zia Margy che ha litigato con il padre e adesso vive lontano, nel Wyoming distante almeno mille miglia. Di lei resta il ricordo di un affetto mai dimenticato e una vecchia foto spiegazzata con una piccola nota sul retro. Andare a vivere con lei rappresenterebbe la terra promessa e come ogni paradiso ci vorrebbe un angelo che lo conduca, che lo aiuti a trovare il modo per raggiungere la zia, che sicuramente lo accoglierebbe a braccia aperte. Se la terra promessa è lì, l’angelo lo trova per caso e non è una persona. È un animale, è un cavallo da corsa per le gare del sottobosco delle gare clandestine. È Lean on Pete, per tutti Pete, di proprietà di un allevatore disincantato e ruvido, Del Montgomery (un magnifico Steve Buscemi), che ingaggia per qualche dollaro Charley, a cui anche qualche biglietto verde fa comodo, almeno per fare la spesa, compreso un pacco di pasta e una birra per il padre.

Charley è talmente un bravo ragazzo che accetta immediatamente il compenso e lavora duro, venendo a conoscenza dei cavalli della scuderia di quell’uomo e imparando il mestiere alla svelta e, nonostante le avvertenze sul caratterino di Pete, è proprio con lui che fa amicizia, è in lui che trova il confidente dei suoi guai che gli obbedisce, creando un legame intuitivo che non si sarebbe mai aspettato. La stalla diventa il primo ricovero dopo che il padre incappa nella inevitabile vendetta di un marito, Pete diventa lo scopo della sua vita, le corse nella profonda provincia americana il suo lavoro, Del un punto di riferimento anche se anaffettivo ed egoistico, che pensa solo a vendere i cavalli quando si infortunano. Che succederà al suo caro quadrupede adesso che si è infatti fatto male nell’ultima corsa vinta? Quel cavallo va salvato immediatamente e per lui sarà l’angelo che lo accompagnerà nella terra promessa del Wyoming, destinazione lontana che gli farà affrontare tante (dis)avventure, di ogni tipo, compreso quella di non riuscire a rintracciare facilmente l’amata zia, che nel frattempo è andata a vivere e a lavorare altrove. Il ricongiungimento, finalmente, sarà emozionante e decisivo, perché significherà famiglia, scuola, sport, affetto, accoglienza. Pace, soprattutto, come ogni ragazzo deve trovare, lasciando alle spalle la vita disordinata e senza futuro che quel padre non era in grado di correggere. Saranno tante le difficoltà che supererà nel lunghissimo e interminabile percorso, ma Charley è un giovanottino in gamba, paziente e testardo, con tanta buona volontà, che purtroppo dovrà anche e inaspettatamente adeguarsi, in quel tragitto, alla violenza degli individui che incontrerà.

Tutti cerchiamo una casa nella vita, ma che sia home, come dicono gli anglosassoni, non solo house, non solo quattro mura e un cortile. È essenziale il sentimento, non basta quello di un padre sorridente e seducente con la bottiglia di birra sempre in mano, che pensa che un figlio si possa allevare parlandogli solo di donne e di lavori instabili, allenandolo per un mondo di luoghi precari e di legami fittizi. Charley è un ragazzo sensibilissimo, dal sorriso solare, che chiederà alla zia Margy se potrà mai avere il lusso di frequentare una scuola e ricevere amore anche se verranno a cercarlo per essere condannato alla prigione per ciò che ha combinato nel frattempo e quando lei gli dirà di sì, sicuramente, finalmente si concederà il pianto liberatorio che gli scioglierà i nodi creatisi nell’intimo, lungo le traversie degli ultimi giorni e a causa dell’instabilità della vita passata inutilmente con un padre a cui, nonostante tutto, ha sempre voluto bene e che adesso gli manca tantissimo.

Charley si comporta con Pete come “l’uomo che sussurrava ai cavalli”, convinto che venga ascoltato, tanto che nella traversata dell’America - il regista trasforma infatti il dramma stanziale iniziale in un racconto on the road, ovviamente merito del romanzo di partenza di Willy Vlautin – egli sopravvive e resiste svelando al cavallo tutto di sé, tutto il passato e i sogni del futuro, tirandoselo dietro come il compagno della vita, come un fratello a cui confidare i suoi segreti, che non aveva rivelato neanche all’effimero padre. Andrew Haigh compie il miracolo di un gioiello di film, inquadrando con mano delicata e sensibile il ritratto di un giovane che avvertiva la propria solitudine in un mondo chiassoso. Quella solitudine che abita i personaggi dei suoi film (vedi il bel precedente 45 anni), quella solitudine che è un segnale del loro bisogno di dare una spiegazione a un sentimento e di conseguenza i tentativi che fanno per entrare in contatto con gli altri. La bravura del regista è stata anche quella di non far mai diventare patetico il rapporto tra il giovane e l’animale, con il pericolo che diventasse un racconto per ragazzi (come spesso è successo in casi simili) e gli è riuscito benissimo in quanto lui si è evidentemente concentrato sulla presenza dell’animale, schivando i primi piani dei suoi occhi e cercando un equilibrio fra la loquacità di Charley, che parla continuamente a Lean on Pete e lo guida, e l’impermeabilità del cavallo, la sua indifferenza al mondo degli uomini. Come si dice infatti nel film, e il rude Del Montgomery lo ripete più volte, “i cavalli non sono animali domestici, non ci si può affezionare”, e lui ha cercato di rendere chiara la contraddizione tra la loro natura e i desideri di un adolescente.

È amara la fotografia che fa Andrew Haigh della provincia americana che ci mostra, un universo allo stremo, popolato da gente che tira a campare, homeless e mendicanti, dove però in ciascun personaggio del film c’è l’incrollabile convinzione tutta americana di potercela ancora fare. È, in realtà, una contraddizione drammatica, perché anche in contesti di estrema povertà si percepisce quanto ancora forti siano gli ideali dell’individualismo e del coraggio. E a questo riguardo è uno scossone la scelta di usare nel finale il brano The World’s Greatest di Bonnie “Prince” Billy, canzone che infonde una malinconica disperazione con una strana forma di ottimismo: il nostro giovane protagonista è giunto alla meta, cosa si può desiderare di meglio? La terra promessa è raggiunta, la zia è lì davanti a lui che gli sorride con gli occhi che brillano d’amore. Ma il miracolo è anche come abbia potuto un inglese aver saputo raccontare così bene l’America dura, inquadrare così efficacemente l’ambiente, il buio dei luoghi e dell’animo di quei posti, la durezza dei caratteri di quella gente che in comune con i britannici ha solo la matrice linguistica. E questo perché egli ha saputo mettere sullo schermo l’America come sfondo, ponendo in primo piano Charley, perennemente in scena, ma fondendo personaggio e ambiente. Ed è bello e significativo che il regista abbia dato il titolo al film con il nome del cavallo (Lean on Pete) dandogli così l’importanza che l’animale rappresenta nella vita del protagonista, il quale trova in lui l’ideale compagno da salvare e per salvarsi, quell’affetto sincero che non aveva nella famiglia mai pienamente formata e soprattutto dopo essere rimasto solo, l'unico appiglio della sua ancora breve vita. Belli e importanti i personaggi di contorno: il tipico scostante allevatore che l’ottimo Steve Buscemi colora con il suo talento da attore da cinema indie e la spiazzante Chloë Sevigny che incarna la fantina Bonnie, sodale dei traffici e delle irregolarità praticati da Del. Charley si affida a loro ma ne mantiene la giusta distanza, intuendo il momento per abbandonarli al loro losco destino.

Film bellissimo che conquista e convince, con l’obiettivo della macchina da presa su un giovane attore sbalorditivo e ci si accorge di questo sin dalle prime inquadrature. Charlie Plummer è un ragazzo dotato, senza dubbio: la sua bravura è lampante. Chi lo guarda senza sapere nulla di lui poi non si meraviglia quando viene a conoscenza che con questa interpretazione ha vinto meritatamente il Premio Marcello Mastroianni a Venezia 2017. Era il minimo che potesse capitargli. Si era fatto conoscere recitando in Boardwalk Empire - L'impero del crimine, King Jack, The Dinner e in seguito in Tutti i soldi del mondo. Un attore che ha sicuramente un futuro che ha già cominciato a percorrere. Bravo il regista, bravo l’attore protagonista, bellissima la storia. Un film che si apprezza immediatamente, che non ha bisogno di tempo.






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