Coma profondo (1978)
- michemar

- 24 nov 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 1 giu 2023

Coma profondo
(Coma) USA 1978 thriller 1h53’
Regia: Michael Crichton
Soggetto; Robin Cook (romanzo)
Sceneggiatura: Michael Crichton
Fotografia: Victor J. Kemper
Montaggio: David Bretherton
Musiche: Jerry Goldsmith
Scenografia: Albert Brenner
Costumi: Yvonne Kubis, Eddie Marks
Geneviève Bujold: d.ssa Susan Wheeler
Michael Douglas: dr. Mark Bellows
Elizabeth Ashley: signora Emerson
Rip Torn: dr. George
Richard Widmark: dr. Harris
Lois Chiles: Nancy Greenly
Hari Rhodes: dr. Morelind
Gary Barton: tecnico dei computer
Frank Downing: Kelly
Richard Doyle: Jim
Alan Haufrect: dr. Marcus
Lance LeGault: Vince
Ed Harris: patologo interno
TRAMA: La dottoressa Wheeler si insospettisce quando si accorge che, per una strana coincidenza, molti pazienti vengono trasferiti in una clinica privata dopo essere caduti misteriosamente in coma in seguito a una operazione chirurgica. Le indagini portano allo scoperto un illecito traffico di organi. La donna cade nelle mani dei malviventi che simulano anche per lei una morte apparente.
Voto 7

Michael Crichton, che è stato, oltre che regista e sceneggiatore, un noto scrittore di fantascienza, autore tra l’altro del fortunato Jurassic Park, ha amato dirigere soprattutto thriller (imperdibile il suo Il mondo dei robot) e questo film, che ha risvolti scientifici, ne è la prova.
Tutto inizia quando due giovani medici, Mark Bellows e Susan Wheeler, che lavorano come specializzandi in chirurgia generale nel grande ospedale Boston Memorial e convivono in un appartamento in città, scoprono che qualcosa non fila liscio per una loro conoscente. Una carissima amica di Susan, Nancy Greenly, infatti, si è sottoposta ad un raschiamento uterino per interrompere una gravidanza indesiderata ma sul finale dell'intervento qualcosa va storto e la paziente entra in coma inspiegabilmente. Il fatto viene definito dai medici come effetto collaterale che può accadere a seguito di un'anestesia ma siccome i casi di coma in quell’ospedale sembrano ripetersi e pare siano correlati ad una sala operatoria ben precisa, la n.8, i due medici cominciano ad avere forti dubbi e sospetti di qualcosa che non sanno subito definire.

Il soggetto del film è il romanzo omonimo di Robin Cook, che ha praticato la scrittura come hobby, dato che la sua vera professione era quella di chirurgo e oftalmologo e ben addentrato nell’universo della medicina e degli ospedali americani. Il suo racconto lo definì di fantasia ma forse non lontana da certi ambienti che aveva come oggetto di critica e ne ha ricavato un potente intrigo investigativo, mantenendo una buona dose di tensione. Ma è soprattutto una analisi di una situazione specifica, fuori dall'ordinario, che tocca importanti temi etici che spesso i medici affrontano e che ogni tanto saltano evidenti nei notiziari e sui giornali: il traffico di organi umani.

Questa pellicola è il maggiore successo commerciale del regista ed anche il suo miglior film (senz’altro con quello succitato) avendo saputo creare una potente suspense facendo appello alle paure inconsce degli spettatori di fronte agli ospedali in quanto tali. L’indagine, infatti, che svolgono i due protagonisti li porta a scoprire particolari sconvolgenti e ciò li porta vicino a pericoli che inizialmente non potevano prevedere. Principalmente è lei, Susan, che rischia la vita dopo essere andata vicinissimo alla scioccante verità e alla scoperta dei segreti dell’ospedale incriminato. Tra le sequenze più agghiaccianti ed efficaci c’è quella della grande sala dell'istituto clinico con uomini e donne "addormentati", nudi e pudicamente coperti da un lenzuolo bianco solo a livello del bacino. Appesi al soffitto ma dando l’idea che galleggino nell’aria: il coma perfetto.

Ciò che scopriranno è impensabile, disumano, eticamente riprovevole, disarmante dal punto di vista morale, eppure tanto facile, anche perché, come dice uno dei patologi implicati, “Prima regola di un crimine: la semplicità”.
Ottima regia e bravissimi sia il giovane Michael Douglas – che l’anno seguente si ritroverà ancora invischiato nel thriller con Sindrome cinese, anche questo di enorme attualità – che la performante Geneviève Bujold, un misto di sensualità e grinta investigativa senza timore.
Bellissimo film.






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