Cristo si è fermato a Eboli (1979)
- michemar

- 29 dic 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 22 giu 2024

Cristo si è fermato a Eboli
Italia/Francia 1979 dramma 2h30’
Regia: Francesco Rosi
Soggetto: Carlo Levi (romanzo)
Sceneggiatura: Tonino Guerra, Raffaele La Capria, Francesco Rosi
Fotografia: Pasqualino De Santis
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Musiche: Piero Piccioni
Scenografia: Andrea Crisanti
Costumi: Enrico Sabbatini
Gian Maria Volonté: Carlo Levi
Lea Massari: Luisa Levi
Alain Cuny: barone Rotundo
Irene Papas: Giulia
Paolo Bonacelli: podestà
François Simon: don Traiella
Francesco Callari: dr. Gibilisco
Antonio Allocca: don Cosimino
TRAMA: Il medico e pittore torinese Carlo Levi viene mandato al confino dalla dittatura fascista. La sua meta è un piccolo paese lucano dove vivrà tra la desolazione del paesaggio e della gente. Tornato a Torino, scriverà un romanzo sulla sua esperienza.
Voto 8

Carlo Levi e Francesco Rosi. Basterebbe questo binomio per chiudere il discorso. Il primo fu, come ben sappiamo, scrittore, pittore, politico ma anche e soprattutto, ai fini delle sue esperienze extra artistiche, un antifascista, motivo per il quale si trovò a vivere l’esperienza che raccontò nel suo romanzo autobiografico, soggetto del film. Conosciamo bene Francesco Rosi, regista che ridiede linfa importante al cinema militante e che raccontò il meridione d’Italia con enorme efficacia.

Tra le più belle scene della sua filmografia girate nel sud non si possono non citare quelle del film sul confino dello scrittore in Lucania. Basterebbe rivedersi l’arrivo del protagonista in auto in quelle terre, la sua meraviglia e i primi momenti di sconcerto, quasi come se giungesse da un altro continente.

Il Cristo del romanzo e del film è l’umanità, la passione, la misericordia di gente dimenticata dallo stato, soprattutto lontana da esso, una entità che appare astratta. Un mondo a parte, scosso dal vento e dai versi degli animali, come anche dai silenzi dalla natura pietrosa. Rosi, che ha girato nei luoghi dell’esilio di Levi e reputava la pellicola il suo “esempio massimo di fedeltà al testo letterario”, ricerca la verità con le immagini, con la povera gente che gira per quelle scomode strade, con le espressioni attonite del grandissimo Gian Maria Volontè, ancora una volta suo enorme ambasciatore. Altamente significativo il confronto tra Levi e il podestà, simbolo eccellente di quello statalismo coltivato dalla piccola borghesia locale, incoraggiata sicuramente dal fascismo imperante che era arrivato anche in quel lontanissimo mondo.

Nella memoria resta una sequenza molto significativa del pensiero dello scrittore pienamente realizzato in un breve monologo, malinconico e tristemente rassegnato, del protagonista: “In un Paese di piccola borghesia come l’Italia, dove l’ideologia piccolo-borghese è andata contagiando anche le classi popolari cittadine, è probabile, purtroppo, che le istituzioni che seguiranno al fascismo, ma anche le più estreme apparentemente rivoluzionarie, o per evoluzione lenta o per opera di violenza, è probabile che finiranno col riprodurre le stesse ideologie piccolo-borghesi, perpetuando, e magari peggiorando, sotto nuovi nomi o nuove bandiere, l’eterno fascismo italiano.”
Da brividi, quanto sia diventato oggi realistico.

Originariamente film televisivo e poi uscito anche in sala in versione ridotta, vede un cast tecnico di altissimo valore e con interpreti femminili di forte temperamento: Lea Massari per questo film premiata con il Nastro d’Argento e Irene Papas, l’attrice greca sempre presente nel cinema importante di quegli anni. La musica di Piero Piccioni è struggente.
“Cristo non è mai arrivato qui.”

Riconoscimenti
1979 - David di Donatello
Miglior film e miglior regista
1979 - Nastro d'argento
Miglior attrice non protagonista a Lea Massari
1983 – BAFTA
Miglior film non in lingua inglese






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