Cronisti d'assalto (1994)
- michemar

- 9 nov 2023
- Tempo di lettura: 4 min

Cronisti d'assalto
(The Paper) USA 1994 dramma 1h52’
Regia: Ron Howard
Sceneggiatura: David Koepp, Stephen Koepp
Fotografia: John Seale
Montaggio: Daniel P. Hanley, Mike Hill
Musiche: Randy Newman
Scenografia: Todd Hallowell
Costumi: Rita Ryack
Michael Keaton: Henry Hackett
Glenn Close: Alicia Clark
Marisa Tomei: Martha Hackett
Randy Quaid: Michael McDougal
Robert Duvall: Bernie White
Jill Hennessy: Deanne White
Jason Robards: Graham Keighley
Jason Alexander: Marion Sandusky
Spalding Gray: Paul Bladden
Catherine O'Hara: Susan
Lynne Thigpen: Janet
Jack Kehoe: Phil
Roma Maffia: Carmen
Bruce Altman: Carl
TRAMA: Henry Hackett, redattore capo del New York Sun vive ventiquattr’ore ore intensissime fra l’imminente paternità, l’offerta di un posto migliore in un giornale concorrente e un caso di duplice omicidio che potrebbe nascondere retroscena clamorosi. Nel breve spazio di tempo in cui il racconto è contenuto, accadono cento cose, si sommano complicazioni, ma, alla fine tutto si risolve per il meglio.
Voto 7

Cinema e giornali, censura e libertà di stampa, giornalisti votati alla causa della verità e problemi familiari. I quotidiani sono stati spesso al centro di migliaia di trame di film per dimostrare l’importanza della professione e il prezzo che tante volte un cronista deve pagare per arrivare all’obiettivo che si è posto. In merito, ci sono capolavori come Tutti gli uomini del presidente di Alan J. Pakula o Quinto potere del grande Sidney Lumet se si invade il campo parallelo dei notiziari televisivi (la sostanza non cambia), giusto per fare un paio di esempi. Poi una pletora di opere meritevoli di vari autori. Sempre appassionanti fino alla fine. Ma una cosa certa è che i migliori modelli vengono dagli USA, dove quella libertà è uno dei cardini dei principi democratici. Poteva sfuggire un argomento del genere ad un cineasta che ama il cinema classico e lo pratica costantemente come Ron Howard? Con tutte le sue amate caratteristiche di trame dettate dal tempo e dalla passione, con coriandoli di dramma e commedia ben mescolati, come piace a lui? Direi proprio di no. Ed eccolo tuffarsi in una storia sempre a cento all’ora che fa pensare che i giornalisti, se fossero tutti come questi, morirebbero sempre d’infarto o di stress smisurato.
Questa è il racconto incalzante di 24 ore in una redazione di un quotidiano, tra scoop, competizione tra giornalisti, titoli da decidere e vicende personali che si mescolano a quelle professionali. Più esattamente è la giornata piuttosto caotica di un redattore capo del New York Sun: ha ricevuto un’offerta dal rivale The Sentinel, sta per diventare padre e inizia una corsa contro il tempo per dimostrare l’innocenza di due ragazzi accusati di omicidio di cui ha scoperto l’innocenza. La storia principale di questa giornata estiva da esaurimento nervoso vede due adolescenti neri che scoprono la scena di un sanguinoso duplice omicidio, che è stato fatto sembrare una rappresaglia razziale. I ragazzi, invece che come testimoni, vengono arrestati e incastrati e il redattore Henry Hackett (Michael Keaton), lavorando su una soffiata che li renderebbe innocenti, si tuffa in una corsa contro il tempo che minaccia la sua carriera e contro il suo capo, che vuole andare avanti con una storia che fa risparmiare tempo e denaro, anche se è sbagliata. Non è una novità quando il giornale deve andare in stampa e la notizia è clamorosa e fa vendere. Se poi non è attendibile ci si penserà in seguito.
L’uomo non ha pause, è sempre sul filo della tensione e la moglie Martha (Marisa Tomei), anche lei giornalista, è incinta ed è ormai vicinissima al parto. Tra la notizia da seguire e la probabile e vicina corsa all’ospedale si deve barcamenare e trovare il tempo per tutto. Nel frattempo, in redazione c’è il solito caos quotidiano, con il direttore Bernie White (Robert Duvall), malato da tempo, è in continua battaglia con Alicia Clark (Glenn Close) sia per le linee diverse da seguire sul caso dei due giovani di colore che in generale e che ha avuto il compito di tagliare le spese, badando al sodo dei costi e dei ricavi. Come dire, basta con indagini costose, stampiamo e buona notte. Con la solita abilità, il regista apre squarci di vita privata di questi personaggi, che alleviano o aumentano, a seconda dei casi, la tensione continua che domina il film.
È la cronaca ansiogena di una normale giornata caotica di una redazione che assume tinte da thriller, tanta è la pressione che si ammanta sulle varie vicende che si intrecciano, e Ron Howard mantiene la barra dritta, sostenendo gli insegnamenti dei grandi registi che ha studiato sin da giovane ed è proprio per questo che alla fine si ha ancora l’impressione di aver guardato un film di stampo classico, con personaggi molto riusciti e ottimamente descritti, nell’ambito di una storia che appassiona, dettata dal ticchettio incessante degli orologi. Sicuramente metà del merito del giudizio complessivo è da aggiudicare ai bravissimi attori del notevole cast: il ruolo dell’uomo vissuto ed esperto è perfetto per Robert Duvall; quello della donna moderna e grintosa lo è per Marisa Tomei, mentre Glenn Close ormai si era ricavata la fama di donna di forte carattere: Randy Quaid quello imprevedibile e minaccioso. Il mattatore assoluto è però il bravo Michael Keaton, che dimostra ancora una volta la sua duttilità, capace di calarsi adeguatamente in parecchi personaggi anche impegnativi, da giovane e da maturo attore. Annotazione: impagabile il cameo di Jason Robards, grande protagonista nel film di Pakula su accennato.
Oltre che essere un film su come vive giornate difficoltose un buon giornalista, è anche uno squarcio interessante proiettato nelle redazioni e sulla vita tumultuosa degli editori che devono decidere se produrre giornali sensazionalistici (e oggi, purtroppo, accade la gran parte delle volte) o stare dalla parte della verità, a costo di bloccare – come succede nell’opera di Howard – le rotative e cambiare all’ultimo istante la prima pagina.
Anche se ad un certo punto si sente esclamare: “Si sente immediatamente la puzza di una di quelle giornate di merda, non è vero?” la verità è che… È la stampa, bellezza!




















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