Cruising (1980)
- michemar

- 17 gen 2023
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 27 mag 2023

Cruising
Germania/USA 1980 thriller 1h43’
Regia: William Friedkin
Soggetto: Gerald Walker (romanzo)
Sceneggiatura: William Friedkin
Fotografia: James A. Contner
Montaggio: Bud S. Smith
Musiche: Jack Nitzsche
Scenografia: Bruce Weintraub
Costumi: Robert De Mora
Al Pacino: Steve Burns
Paul Sorvino: cap. Edelson
Karen Allen: Nancy
Richard Cox: Stuart Richards
Don Scardino: Ted Bailey
Jay Acovone: Skip Lee
Barton Heyman: dr. Rifkin
Joe Spinell: ag. DiSimone
Randy Jurgensen: det. Lefransky
Allan Miller: Berman
Sonny Grosso: det. Biasio
Ed O'Neill: det. Schreiber
Michael Aronin: det. Davis
Arnaldo Santana: Loren Lukas
James Remar: Gregory
William Russ: Paul Gaines
Leland Starnes: Jack Richards
Mike Starr: Desher
TRAMA: A New York un assassino colpisce omosessuali sulla trentina con i capelli neri e alti circa un metro e settanta. Corrispondendo a queste caratteristiche somatiche, l'agente Steve Burns viene incaricato di infiltrarsi negli ambienti gay per scoprire l'assassino. Inizia così una vera discesa agli inferi del sadomasochismo, alla fine della quale scoprirà l'assassino ma anche, drammaticamente, la propria ambigua natura.
Voto 7

Il film è firmato William Friedkin e ciò vuol dire che, come sempre, non ci sono compromessi, non esistono concessioni ai dubbi e alle lamentele di quella o quell’altra categoria di persone. È un autore a tutto tondo che per principio non ammette il politicamente corretto e l’ipocrisia non abita nella sua casa. Eccolo quindi affrontare un romanzo già di suo provocatorio e sporco, materiale ideale per chi come lui ha un certo concetto di cinema sin dalla prima opera. Era reduce da successi importanti ed eclatanti (prima di tutto il premiatissimo Il braccio violento della legge e poi l’ineguagliabile L’esorcista, ma anche dallo sfortunato remake de Il salario della paura e figuriamoci se un soggetto del genere avrebbe mai potuto intimorirlo. Né servirono le proteste: basti pensare che, dovendo trattare una trama ambientata negli ambienti omosessuali di New York e volendolo girare proprio nei luoghi tradizionalmente frequentati dai gay, ha avuto contestazioni feroci sia durante le riprese che picchettaggi da parte di attivisti davanti alle sale di proiezione per l’affrettato giudizio di essere un’opera omofoba.

Storia a dir poco tosta!
A New York iniziano a essere rinvenute, nelle acque del fiume Hudson, parti del corpo di uomini. La polizia ritiene sia l'opera di un serial killer che abborda omosessuali nei bar cittadini per poi stuprarli e mutilarne i corpi. L'agente di polizia Steve Burns (val la pena ripetere che Al Pacino è fenomenale?) viene mandato nel mondo dei club per gay per rintracciare l'assassino. Il suo lavoro da infiltrato lo scuote e lo porta a riflettere sulla relazione con la sua ragazza Nancy (Karen Allen) e ad interrogarsi circa il suo orientamento sessuale. Durante le indagini Burns commette un grave sbaglio e porta la polizia ad indagare sul conto del cameriere di un ristorante, Skip Lee, il quale viene intimidito e picchiato per estorcergli una confessione, purtroppo prima che la polizia scopra che le sue impronte digitali non corrispondono a quelle dell'assassino. Dopo aver assistito a questo episodio di brutale violenza, Burns capisce che i poliziotti non stanno conducendo le indagini al fine di scovare l'assassino, ma sono spietatamente spinti unicamente da un delirante odio per gli omosessuali. Vorrebbe abbandonare le indagini, ma viene convinto dal suo capo, il capitano Edelson (Paul Sorvino) a riprenderle in mano. Infatti, Steve riesce alla fine a rintracciare il vero serial killer, Stuart Richards, uno studente di musica. Dopo l’arresto e terminata l'indagine, Burns diventa ispettore e gli viene concesso un permesso, durante il quale, presumibilmente, avviene ciò che non avrebbe mai immaginato di commettere nella sua vita. (no spoiler)

Non è quindi un semplice thriller seppure sia un caso complicato, non è il classico poliziesco a cui ci ha abituato il cinema anche di classe: William Friedkin affronta alla sua maniera argomenti torbidi con un film che più torbido non poteva essere, sporcando anche un Al Pacino in splendida forma e perfettamente adeguato al ruolo, con un poliziotto che dapprima si incuriosisce dell’ambiente e delle persone tra cui deve insinuarsi per le indagini, poi si adegua alla compagnia per farsi accettare e quindi si adatta alle esigenze atteggiandosi al meglio che si possa fare. È lì che subentra allo schema del thriller l’aspetto psicanalitico e di autoconoscenza della persona, stimolato anche dal fatto che comincia a mettere in dubbio la sua personalità dal lato sessuale che prima non aveva mai affrontato. Il suo nome è Steve Burns (Steve brucia!): chi è e cosa vuole essere davvero? e come si fa ad escludere che non si provi piacere ad uccidere, soprattutto in quei frangenti?

Quanti aspetti e ripercussioni può avere l’omofobia è difficile sapere ma principalmente è una domanda a cui può rispondere solo uno studioso e uno psicologo e il regista ci e si pone domande a cui non è tenuto a sapere come rispondere e quindi ci espone con maniere esplicite cosa più o meno succede quando sesso e psiche si mescolano in modo esplosivo nell’ambiente criminale ed omosessuale assieme. Una mistura che non tutti gli autori potrebbero maneggiare senza provocare reazioni ed errori di interpretazione. Le scelte registiche e di scrittura lo conducono, in alcuni tratti, alle soglie di un cinema degno di Cronenberg allorquando scende nell’abisso dell’”io” che spaventa lo stesso protagonista e, perché no, scuote lo spettatore profondamente.

Un film bellissimo che anticipa di decenni le giuste considerazioni che solo oggi vengono discusse tranquillamente ma che a cavallo degli anni ’70 e ’80 possiamo affermare che erano troppo anticipate per la maturità della società di allora nel merito.
William Friedkin non si smentisce e sforna un'altra opera di alto livello, anche per merito di un attore come Al Pacino che siede con pochissimi altri nell’olimpo dei grandi di sempre, qui come suo solito al meglio della potenza camaleontica recitativa. Una sorta di Serpico adattato alle contingenze.
Film osteggiato e purtroppo non meritatamente giudicato all’uscita, sia con critiche tecniche che con quelle inerenti al messaggio politico-sociale. Per fortuna oggi viene da molti critici riabilitato e portato meglio all’attenzione del pubblico veramente cinefilo.

N.B.: Esistono tre versioni del lungometraggio. La versione cinematografica presentava, ad inizio film, un avviso prudenziale nel quale veniva dichiarato che l'opera non voleva porsi come rappresentativa dello stile di vita della comunità gay. Importante è poi il fatto che Friedkin dichiarò che dalla realizzazione cinematografica erano stati tagliati circa 40 minuti, andati ormai perduti. La versione per l'home video in VHS fu identica a quella uscita nei cinema, ma non presentava l'avviso iniziale. Una versione estesa in DVD realizzata dalla Warner nel 2007, infine, presenta il film restaurato, con scene mai viste in VHS ed effetti visivi aggiunti da Friedkin stesso. Uniche omissioni rispetto alla versione cinematografica ed a quella in VHS sono l'assenza dell'avviso e dell'inquadratura mostrante il graffito "We're everywhere" (Siamo ovunque).
E, quindi, la curiosità che assale l’appassionato è cosa sarebbe diventato questo film con i 40 minuti che il regista avrebbe voluto nella versione director’s cut. Peccato.
Non si può urlare al rogo per film così belli e coraggiosi, fuori dai soliti schemi.






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