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Dead Man Walking - Condannato a morte (1995)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 11 feb 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 21 lug 2021



Dead Man Walking - Condannato a morte

(Dead Man Walking) UK/USA 1995, drammatico, 2h2'


Regia: Tim Robbins

Soggetto: Helen Prejean

Sceneggiatura: Tim Robbins

Fotografia: Roger Deakins

Montaggio: Lisa Zeno Churgin, Ray Hubley

Musiche: David Robbins

Scenografia: Richard Hoover

Costumi: Renee Ehrlich Kalfus


Susan Sarandon: suor Helen Prejean

Sean Penn: Matthew Poncelet

Robert Prosky: Hilton Barber

Raymond J. Barry: Earl Delacroix

R. Lee Ermey: Clyde Percy

Celia Weston: Mary Beth Percy

Lois Smith: madre di Helen

Peter Sarsgaard: Walter Delacroix

Jack Black: Craig Poncelet


TRAMA: "Dead man walking!" (uomo morto che cammina) è il grido con cui i secondini accompagnano il condannato alla sala dell'esecuzione. Matthew, accusato di stupro e omicidio, è in attesa di sentire quelle parole terribili, e chiede aiuto a Helen, suora laica cattolica, che accetta non senza perplessità il difficilissimo ruolo di assistente spirituale del condannato. La ricerca di una verità che redima invece di infierire sul condannato dà a Helen la lucidità per conciliare il senso di pietà e quello di giustizia e a Matthew la forza per pentirsi sinceramente.


Voto 8


Su questo film si è già scritto tanto, visto da diversi punti di vista, ovviamente con giudizi unanimamente a favore, per il forte messaggio trasmesso dal regista Tim Robbins e per le belle e forti interpretazioni della eccezionale coppia di protagonisti.

A me piace invece fare soltanto una riflessione, su come si è evoluto il rapporto tra suor Helen e Matthew dal loro primo incontro fino alla esecuzione finale. Inutile precisare che il primo impatto tra i due è stato del tutto negativo. Lei, timida e intimorita per l’incarico che aveva voluto accettare, si reca quasi spaventata al primo appuntamento, alla prima visita in carcere per conoscere il famigerato Matthew. Il quale, da parte sua, la aspetta come il lupo di Cappuccetto Rosso, disposto a divorarla in un solo boccone, magari sghignazzando. Eppure l’aveva chiamata lui, le aveva scritto che aveva bisogno di quel conforto, invece eccolo lì con gli occhi chiari socchiusi, come un tigrotto incatenato e inferocito, tenuto, a detta sua, ingiustamente nel braccio della morte.


Helen parte quindi intimorita e senza una linea di condotta prefissata, armata solo della sua determinazione ad aiutare chi ha bisogno, della sua chiarissima e ispirata fede, vestita da laica e con al collo un piccolo crocifisso dorato, che ha il potere di darle coraggio e di far suonare l’allarme del metal detector della prigione. Il primo incontro la spaventa ancor di più, quasi pentita di aver accettato quel compito e cerca di avvicinare il giovane, di conquistarne la fiducia, di renderlo meno aggressivo. Il percorso è chiaramente spinoso e in salita e la suora non sa se riuscirà a percorrerlo, anche se ogni incontro successivo migliora l’approccio iniziale e li avvicina sempre più, migliorando il dialogo e la sintonia. Anche Matthew, nonostante il suo iniziale atteggiamento, fa la sua parte e agevola quel tortuoso sentiero: si ammorbidisce, non la guarda più di traverso, accetta di leggere qualche pagina della Bibbia e a chiacchierare più serenamente. Passo dopo passo quelle due anime così diverse, cresciute in ambienti totalmente differenti, con due visioni distanti della vita e soprattutto due visioni del futuro opposte cominciano a guardarsi negli occhi, a capirsi, a dialogare: lui adesso avverte addirittura il bisogno di stare con suor Helen. E più si avvicina il giorno fatidico della esecuzione capitale più il rapporto si rinsalda. Fino ai drammatici momenti che precedono la disumana cerimonia quando Matthew si lascia finalmente andare e si abbandona fiducioso e sfinito psicologicamente al caldo conforto affettuoso della suora. È proprio in questo frangente che Matthew crolla e confessa la sua colpevolezza, mai ammessa, il suo terribile crimine, mentre le lacrime liberatorie gli bagnano il viso e quell’animo inaridito da una vita violenta e sprecata.


Sono due anime che finalmente si incontrano, lì in quel sentiero spinoso e difficile che suor Helen aveva tracciato il giorno del loro primo incontro, nello spazio che lei aveva creato per lui per incontrarsi. È un incontro d’amore spirituale: mentre il cuore e i polmoni di Matthew, steso con l’ago mortale nella vena del braccio, legato come Cristo in croce, simile al simbolo dorato al collo della suora, mentre gli organi vitali si fermano per sempre, il giovane le rivolge la frase più bella che le poteva dire. "I love you! I love you", gli rimanda lei, più e più volte, con la mano tremante allungata verso la gabbia di cristallo in cui somministrano la pozione mortale. I love you! e quasi toccandosi con le mani le loro anime si uniscono, come in un matrimonio spirituale, nel nome della confessione e del pentimento che lei gli aveva chiesto, nel nome di quell’amore cristiano di cui lei gli aveva parlato tante volte in quei giorni nel braccio della morte.


Intanto ingiustizia è compiuta. Due volte. In quel maledetto bosco teatro di violenza e nel braccio della morte, violenta.



 
 
 

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