Dei (2018)
- michemar

- 12 dic 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 3 giu 2023

Dei
Italia 2018 dramma 1h30’
Regia: Cosimo Terlizzi
Sceneggiatura: Jean Elia, Cosimo Terlizzi
Fotografia: Federico Annicchiarico
Montaggio: Andrea Facchini
Musiche: Christian Rainer
Scenografia: Isabella Angelini
Costumi: Sara Fanelli
Luigi Catani: Martino
Andrea Arcangeli: Ettore
Martina Catalfamo: Laura
Matthieu Dessertine: Louis
Angela Curri: Valentina
Andrea Piccirillo: Andrej
Carla De Girolamo: Anna
Fausto Morciano: Nicola
Claudio Guain: Ennio
Elena Callegari: Carla
Andrea Renzi: il professore
Tano D'Amore: Giuliano
Donato Placido: uomo con la prostituta
Porzia Petrone: nonna
Vittorio Continelli: zio
Stefania Tarsia: prostituta
Cristian e Mario Ettore Villani: fratellini
TRAMA: Martino è un giovane 17enne di provincia affascinato dalla vita dei ragazzi di città. Conteso fra il desiderio di studiare arte all’università e le complicate condizioni economiche della sua famiglia, Martino cerca una soluzione nella vendita un ulivo secolare di proprietà della famiglia. Da quel giorno, inizia un doloroso percorso di crescita e consapevolezza di sé: passa sempre più tempo in città, si stacca dalla famiglia, diventa parte di un solido gruppo amicale, ma nei suoi sogni cerca disperatamente un ricongiungimento con la Natura, che gli parla con parole dapprima sconosciute, poi sempre più comprensibili. Ma la rottura fra uomo e ambiente sembra irreparabile: quando Martino realizzerà la stupidità della sua proposta, l’ulivo verrà comunque sradicato e spedito al Nord.
Voto 6,5

Martino ha 17 anni e vive in un casolare della campagna pugliese popolato da pecore e galline ma anche da quelle lavatrici dismesse dalle quali il padre di Martino, Nicola, ricava il ferro per rivenderlo. Nicola vive di espedienti e, nella percezione della moglie Anna, porta a casa solo rottami e miseria. L’unica proprietà di valore è un ulivo secolare solidamente piantato in mezzo al cortile, su cui però incombe la doppia minaccia dell’epidemia di origine batterica che ha colpito gli uliveti pugliesi e della sete di denaro di Nicola. Anche Martino vorrebbe vendere l’ulivo per potersi permettere gli studi all’università di Bari, dove il ragazzo scappa, insieme all’amica Valentina, ogni volta che ne ha l’occasione. E mentre assiste a una lezione d’arte in cui si parla delle divinità greche (ma anche della reciproca attrazione fra la terra e la luna) Martino e Valentina si imbattono in Laura, una studentessa della Bari bene che li introduce in un mondo parallelo di musica, terrazzi condominiali e internazionalità.

Il protagonista del film, Martino, è un adolescente inquieto e sensibile che si affaccia, curioso e titubante, su un mondo nuovo. In lui agiscono due forze contrastanti che lo spingono verso direzioni opposte: il passato, la famiglia, la terra, la Natura e, sull’altro versante, il futuro, l’inesplorato, la metropoli, con la promessa di una emancipazione interiore, anche emotiva, necessaria a fondare e costruire la propria identità di adulto. L’università, che il ragazzo frequenta di nascosto e saltuariamente, e i nuovi amici che incontrerà gli suggeriranno prospettive seducenti e stimolanti. I pomeriggi trascorsi con loro sui terrazzi assolati di Bari, la musica, le rumorose scorribande notturne, i giri in automobile nella campagna quieta e sconfinata sono, per Martino, un assaggio di libertà, un brivido allettante, la premessa della possibilità del concretizzarsi di qualcosa che è ancora al di là da venire. Se guarda indietro, c’è il mondo dell’infanzia, il caos del cortile di casa dove suo padre, scostante e un po’ burbero, accumula rottami e lavatrici per ricavarne il ferro. E, soprattutto, c’è il maestoso ulivo secolare, miracolosamente scampato alla funesta xilella, unica vera ricchezza della famiglia che lui però vorrebbe vendere per poter pagare i propri studi, quasi a suggellare con un gesto assieme concreto e simbolico la rinuncia alla Natura per la Cultura.

Prodotto dalla Buena Onda di Valeria Golino, Riccardo Scamarcio e Viola Prestieri, (la presenza del produttore-attore, pugliese anch’egli, è stata sicuramente una sinergia conterranea) il film è l’esordio nella fiction di Cosimo Terlizzi, autore dotato di una forte sensibilità aperta a diverse forme d’arte, che si esplica nella fotografia, nella scultura oltre che nel cinema. Soprattutto nella fotografia e nei documentari Terlizzi racconta la sua terra con piglio multiforme, tanto da apparire divertito, poetico e surreale, mostrando i diversi aspetti della natura, degli animali e quelli che interagiscono tra ambiente rurale (il suo paesaggio) e le persone che lo abitano. Nel caso specifico cerca di catturare la personalità del protagonista nel periodo più delicato rappresentato dalla crescita mentale e fisica, dalla maturazione, dalla formazione, come si usa sempre dire: camera da presa rivolta alla dolcezza della scenografia che circonda Martino, alla rappresentazione discreta dei sentimenti, al fascino dei luoghi in cui anch’egli è cresciuto. Amore verso i luoghi natii, da cui ci si può allontanare, un giorno, ma che restano nell’anima.

Dice Cosimo Terlizzi: “È la storia di un cambiamento, di una rinuncia, forse momentanea, alla terra. Un ragazzo di campagna nel suo periodo di formazione sente la necessità di spostarsi verso la città. Attratto dal mondo dell’intelletto e in conflitto con il mondo rurale che lo ha cresciuto. Eppure, di quel mondo è ricco il suo immaginario, ma qualcosa lo spinge ad allontanarsi per crescere nel mondo che per lui è degli Dei. Sull’attico all’ultimo piano di un palazzo in città proverà leggerezza, affascinato dal modo di vivere di un gruppo di ragazzi. Ma rimarrà in lui una profonda malinconia, che pian piano assumerà le sembianze di un albero di famiglia a cui scoprirà di essere molto legato. Quanto di Cosimo c’è in Martino? Utilizzo me stesso come perno sperando di ottenere più autenticità possibile nel lavoro finale: ho messo in Martino qualcosa di mio, ma è Martino – la maschera che ha indossato il giovane Luigi Catani – a vivere quei movimenti interiori. Come un “modello” Martino si è mosso nelle camere del mio immaginario.”


È facile intuire quanto sincera possa essere questa sua prima opera di finzione, che finzione lo è solo fino ad un certo punto, quindi. Di certo, il regista ha avuto il talento di delineare molto bene i caratteri del protagonista e dei suoi familiari, come capita ad ognuno di noi quando parliamo dei nostri,
Opera non solo elegiaca ma anche umana, antropologica, contadina, di forte aspirazione verso l’evoluzione del carattere di chi sta per diventare uomo.
Opera apprezzabilissima che, per la natura rurale e l’amore per la terra, ma con un percorso inverso, mi ha fatto tornare in mente il bel Semina il vento, di Danilo Caputo, altro gesto artistico dedicato alle origini pugliesi e all’ulivo.






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