Di là dal fiume e tra gli alberi (2022)
- michemar
- 2 giorni fa
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Di là dal fiume e tra gli alberi
(Across the River and Into the Trees) UK Italia 2022 dramma 1h46’
Regia: Paula Ortiz
Soggetto: Ernest Hemingway (romanzo)
Sceneggiatura: Peter Flannery
Fotografia: Javier Aguirresarobe
Montaggio: Kate Baird, Stuart Baird
Musiche: Edward Shearmur
Scenografia: Jose Tirado
Costumi: Marta Fenollar, Stefano Nicolao
Liev Schreiber: colonnello Richard Cantwell
Matilda De Angelis: contessa Renata Contarini
Josh Hutcherson: sergente Jackson
Laura Morante: contessa Contarini
Massimo Popolizio: Vanni Rizzon
Maurizio Lombardi: Guido
Sabrina Impacciatore: Agostina
Danny Huston: capitano Wes O’Neill
TRAMA: Nel secondo dopoguerra, il colonnello dell’Esercito americano Richard Cantwell, tormentato dagli orrori che ha visto, accoglie con caparbia indifferenza la notizia della malattia terminale che lo ha colpito. Determinato a trascorrere i suoi ultimi giorni in solitudine, decide di trascorrere un fine settimana a Venezia per rivedere i suoi luoghi preferiti e imbarcarsi in un’ultima caccia all’anatra.
VOTO 6,5

Paula Ortiz Álvarez, regista, sceneggiatrice e produttrice spagnola, trae spunto dal romanzo omonimo di Ernest Hemingway per un racconto drammatico post bellico riguardante un uomo, che non sopporta più la divisa e i ricordi della guerra che lo tormentano, che deve chiudere i conti col sofferto passato e vuole farlo, sapendo di affrontare gli ultimi giorni di vita e rifiutando un immediato e necessario ricovero in ospedale, passando il probabile ultimo suo weekend nelle calli di Venezia, città vicino la quale ha vissuto un evento che gli è ormai insopportabile.


Lui è il colonnello Richard Cantwell (Liev Schreiber) segnato nel fisico e nello spirito da quello che ha vissuto in entrambe le Guerre Mondiali, malato di cuore ma incline al fumo e all’alcol, indifferente alla diagnosi che ha ricevuto dal capitano Wes O’Neill (Danny Huston) come se non lo riguardasse. Ben altro è il male che lo affligge e la caccia all’anatra che vuole organizzarsi, spostandosi da Trieste dove è di stanza, a Venezia è solo un paravento che il pubblico comincerà a scoprire solo in seguito. Fuori dagli uffici militari è ferma la sua enorme Buick ma vi trova ad attenderlo il sergente Jackson (Josh Hutcherson) che ha ricevuto, a sua insaputa, il severissimo ordine di fargli da autista e di sorvegliarlo strettamente, fino al compito finale di riportarlo in ospedale alla fine della gita.
La sorpresa dell’ufficiale è fastidiosa, non sopportando l’idea di essere accudito e sorvegliato ma il sergente è un giovane ligio al dovere e farà anche di più delle attese pur di rispettare l’ordine ricevuto. Nonostante le varie fughe e cacciate in malo modo, questi si rifarà sempre vivo, costantemente nei paraggi per non lasciarlo solo, soprattutto in caso di malore. Richard è considerato un eroe da tutti, anche in Italia, specialmente nell’elegante hotel preferito dove lo conoscono da tempo, il cui direttore lo tratta come ospite speciale. L’aria che tira in Italia non è ancora salutare, data la presenza mimetizzata di camicie nere in giro, pronte a colpire vigliaccamente anche l’americano. Lui ha un piano per andare al vero luogo dove deve recarsi: è una zona acquitrinosa adatta alla caccia alle benedette anatre di cui si parlerà spesso, ma la realtà è un’altra. In quella zona si era verificata la sua più grande tragedia personale e militare quando era al comando di 338 soldati, tra cui suo figlio, periti sotto l’incessante fuoco dei nazifascisti ed ora, magari con l’aiuto di un contadino superstite del luogo, un certo Vanni Rizzon (Massimo Popolizio), deve recarsi dove la sua vita ha dovuto sopportare la più lacerante ferita.
A scombussolare il piano è la fortuita conoscenza con la giovane Renata (Matilda De Angelis), figlia della vedova contessa Contarini (Laura Morante), ragazza ribelle che vuol godere della libertà che la madre non le concede, che ama vivere la Venezia notturna, che sogna di poter rifiutare il matrimonio con il benestante Antonio Ferrigo (Giulio Berruti), combinato per sistemare le scarse finanze della famiglia. Non è solo una semplice amicizia che nasce tra l’uomo maturo e la giovane veneziana: lei si approccia molto vicino ma lui tiene le distanze sia per l’incompatibilità dell’eventuale rapporto, sia perché è lì per altri motivi più importanti. E poi non gli resta molto da vivere.
La trama, dal lentissimo ritmo, che non ha necessità di accelerare perché deve scavare e indagare nell’intimo, si sviluppa tra le viuzze e i ponti, tavolini in Piazza San Marco, piccoli ristoranti, affreschi vecchi di secoli, ammiccamenti tendenziosi, bugie, picchiatori nell’ombra. E in più la ricerca di un buon fucile da caccia che, una volta acquistato proprio dalla contessa, servirà a ben altro. Nel frattempo, la narrazione scivola adagio nelle ombre veneziane, quasi per cercare di fermare il tempo, o almeno rallentarlo, prima che il destino si compia, o che, meglio, il colonnello realizzi ciò che ha pianificato. L’atmosfera è prettamente quella dei romanzi del famoso scrittore: l’amore, la guerra, la giovinezza e l’età. Hemingway, che ha sempre amato viaggiare, cacciare, soggiornare in Italia, è quasi dentro al personaggio che osserviamo. Per scrivere il romanzo, infatti, prese ispirazione da fatti accadutigli di persona, quando, nel luglio del 1944 in Normandia, conobbe il colonnello Charles T. Lanham, comandante di un reggimento di fanteria che sarà il modello per il personaggio del colonnello Cantwell. Nell’autunno del 1948 lo scrittore, mentre soggiornava presso la tenuta di un amico aristocratico a San Gaetano di Caorle per la caccia alle anatre, incontrò la giovane nobile Adriana Ivancich, di origine dalmata, nata a Venezia nel 1930. Successivamente, si recò a sciare con la moglie a Cortina d’Ampezzo, dove lei subì un infortunio alla caviglia e lui, annoiato, iniziò a scrivere il romanzo.
La volontà di Paula Ortiz dimostra come abbia cercato non solo una semplice trasposizione letteraria ma una fedele rilettura, con rispetto, profondità e un taglio visivo che alterna malinconia a rigore. Non si tratta di una storia d’amore nel senso romantico del termine. È qualcosa di più fragile e reale: due esseri umani “che si aiutano a vicenda ad accettare se stessi”, come ha dichiarato la stessa regista. Lui è alla fine e lei all’inizio, ma entrambi si sentono persi. In una notte di dialoghi e sguardi, trovano un linguaggio comune senza bisogno di spiegazioni. È bello intuire che ogni angolo visitato tra le calli è un ricordo, un riferimento, è arte, è la Bella Italia. Quindi inutile elogiare la scenografia perché è troppo scontato e facile: la Venezia da cartolina c’è ma viene mimetizzata bene, ma è soprattutto una città fatta di riflessi, corridoi d’acqua, ombre lunghe. Una Venezia spogliata, che diventa teatro dell’anima. Piuttosto paiono molto curati i costumi, ma purtroppo alquanto enfatici i dialoghi, dando eccessiva solennità ad alcune conversazioni.
Il cast è scelto bene e lascia soddisfatti. Spicca ovviamente l’avvenenza caratteriale del personaggio di Matilda De Angelis (ottimo il suo inglese), spigliata e decisa, mentre Josh Hutcherson, che all’inizio appare impacciato, piano piano sa ricavarsi un ruolo (anche se troppo cliché) che torna utile alla narrazione e alla trama. Un bel ruolo. Ma chi sovrasta tutti è la carnosa, umana, sofferta e misurata interpretazione di Liev Schreiber, che dimostra che non si è attori acclamati per scherzo. Il film è tutto sulle sue spalle e queste reggono bene il peso dando spessore al suo personaggio. Un alter ego non solo del colonnello reale che ha ispirato lo scrittore, ma pare Hemingway stesso. Certo che non è così, ma piace pensarlo.
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