Doppio sospetto (2018)
- michemar

- 27 nov 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 9 lug 2024

Doppio sospetto
(Duelles) Francia/Belgio 2018 dramma 1h37’
Regia: Olivier Masset-Depasse
Soggetto: Barbara Abel (romanzo)
Sceneggiatura: Olivier Masset-Depasse, Giordano Gederlini
Fotografia: Hichame Alaouie
Montaggio: Damien Keyeux
Musiche: Renaud Mayeur, Frédéric Vercheval
Scenografia: Séverine Closset
Costumi: Thierry Delettre
Veerle Baetens: Alice Brunelle
Anne Coesens: Céline Geniot
Mehdi Nebbou: Simon Brunelle
Arieh Worthalter: Damien Geniot
Jules Lefebvres: Theo
Luan Adam: Maxime
Annick Blancheteau: Jeanne, madre di Simon
TRAMA: A Bruxelles, Alice e Céline sono due amiche di vecchia data, madri di due bambini, Theo e Maxime, ed entrambe vivono con i mariti in una villa bifamiliare di periferia. Un giorno Maxime perde la vita in un incidente domestico; Alice che assiste alla scena non fa in tempo a salvare il bambino. Da quel momento Céline inizia ad andare lentamente in paranoia, pur mascherando i suoi disturbi come tentativi per andare avanti. La donna inizia a mostrare un'ossessione e un affetto sempre più morboso verso il piccolo Theo, scatenando la gelosia della sua amica Alice.
Voto 8

Di Olivier Masset-Depasse mi aveva già stupito il suo secondo lungometraggio, Illégal (qui trovate la relativa recensione), storia di madre sola, migrante, guerriera per difendere un figlio in terra straniera e quindi del lato positivo che secondo natura si instaura tra due esseri della stessa carne. Il legame più forte che si possa immaginare. In questo lavoro, che parte sempre dallo stesso concetto, il regista e sceneggiatore belga lo usa per stravolgere i contorni del legame e per sconvolgere la vita borghese di due famiglie composte a specchio. Un padre, una madre, un maschietto. Il centro di gravità sono le due donne, Alice e Céline, una bionda e l’altra bruna, come prevede ogni classico mélo a tinte noir. Come una costola di un tipico film di sir Alfred Hitchcock, ben annerito dalle scure colorazioni di Brian De Palma, è una storia densa di sospetti (da cui il titolo italiano), di manie psichiche, di sensi di colpa che si trascinano silenziose e a lungo. Duelles dice il titolo originale, duelli mentali che si tramutano in ostilità comportamentali tra due amiche vicine di casa. Ma la seconda parte del termine del titolo mi riporta, chissà perché, a quello di un altro film Elle (recensione), forse a causa di una simile protagonista dal carattere forte che si trova in pericolo e ci gioca contro come per sfidarlo.

Due villette identiche separate dall’alta siepe piena di rami taglienti e fiori, un prato simile, architetture uguali, fino a farci confondere durante le sequenze: siamo in casa dell’una o dell’altra? È una simbiosi che rispecchia il forte legame tra le due donne, con i rispettivi bambini molto amici e in sintonia. La vita viaggia con il pilota automatico, in mezzo al paesaggio anni ’60 e i colori pastello (ottima la fotografia di Hichame Alaouie), come fossimo in un film di Douglas Sirk, con i personaggi sempre in ordine e ben vestiti, specialmente le donne costantemente pettinate come uscite dal parrucchiere e truccate dal visagista. Feste di compleanni, regali costosi, baci, abbracci. L’amicizia, insomma. Fino a quando non succede l’irreparabile, la disgrazia straziante. L’equilibrio si rompe come uno specchio in frantumi i cui frammenti svelano spigoli così taglienti che squarciano ferite pronte da tempo a sanguinare. Le foto speculari delle due famiglie diventano disomogenee ed esplodono i sospetti, addensati dalla più totale sfiducia. Quel legame naturale interrotto con la morte di uno dei piccoli diventa una fionda che lancia schegge di quello specchio che non esiste più.

Come in Sirk, nell’estetica sfavillante dell’ambiente germina la tragedia umana e psicologica e nella cupezza invisibile ma presente scatta la molla della rivendicazione. Chi non conosce assolutamente il film rimane spiazzato per l’appesantimento dell’atmosfera man mano che passano i minuti, passando attraverso veloci fasi: la rottura dell’amicizia, la diffidenza, il sospetto che la madre disperata voglia farsi una giustizia privata prima impensabile, pianificando con spietatezza inimmaginabile i passi lenti ma inesorabili. Céline non vive più senza il suo Maxime e trova nel corrispettivo Theo il centro del suo futuro di mamma. Ogni scena è bilanciata tra la mania sospettosa di Alice, che non riesce più a fidarsi come prima dell’amica, e la calma persecutoria che non traspare di Céline. Ma se ogni volta la prima ci allarma, ogni volta la seconda ci smentisce. E così si va avanti fino a che non inizia il finale incombente che non preannuncia nulla di buono. Se la prima parte è molto hitchcockiana, nella seconda De Palma docet. Ma come fare ad escludere dalle riflessioni e dalle incidenze sulla regia l’aria che ricorda vagamente la mano di Lynch, con i suoi prati che nascondo le chiavi di lettura? Sul prato è iniziata la tragedia, lì potrebbe ripetersi, lì inizierà il malore della nonna, su quel verde si incontrano e scontrano le due amiche-nemiche. Sono tutti registi che hanno influenzato chiaramente il nostro Olivier Masset-Depasse, anche per sua stessa ammissione.

Un regista che, da ottimo discente di tali maestri, imposta una cadenza di narrazione in cui si avverte ben presto la precisione della mano, la saggezza nel dirigere le due coppie di attori, la distribuzione delle emozioni e dei sussulti, dei risvolti mentali e delle conseguenti schizofrenie comportamentali. Riesce, cosa che è solo dei più bravi registi, a far trattenere il respiro magari proprio quando non sta succedendo nulla per far precipitare la situazione all’improvviso quando la tensione cala. Dimostrazione di idee chiarissime che egli possiede nei momenti dei ciak e del montaggio, che ovviamente diventa essenziale nella costruzione finale del film. Bravo davvero e ulteriore conferma dopo quell’Illégal di cui all’inizio, che tanto mi colpì. Olivier Masset-Depasse ha inoltre saputo adattare il romanzo di partenza - Alice (Derrière la haine) di Barbara Abel – restringendo il campo di azione, chiudendo i personaggi in un ambiente piuttosto limitato, le due case in questione. Come dice lui stesso “Lo spazio ristretto è simbolico e introduce quella che viene definita dimensione meta-psicologica: ogni cosa che vediamo sullo schermo potrebbe benissimo essere solo il frutto della mente dei personaggi.” Tant’è che in più occasioni si ha l’impressione di assistere alle sequenze con il dubbio che possa essere l’immaginazione o un sogno di Alice oppure che tutti stia realmente accadendo. “È un film per e sulle donne.” ha concluso Masset-Depasse, “Come tutti i miei film, contiene qualcosa di femminista. Almeno spero che sia così. Il mio complimento preferito è quando mi si avvicina una spettatrice e mi dice di aver avuto l'impressione che il film sia stato diretto da una donna. Ho sempre trovato più facile parlare di me attraverso personaggi femminili.”

Le due attrici sono talmente brave e credibili che risultano determinanti alla piena riuscita del film: Anne Coesens, già vista nel precedente lavoro del regista, è una interprete su cui egli sa di poter contare e risponde molto bene alla fiducia, ma quella che mi ha impressionato (e non è la prima volta) è la superlativa Veerle Baetens. L’attrice belga, eccellente protagonista del bellissimo Alabama Monroe - Una storia d'amore (recensione) dove cantava con una grinta trascinante che trasla pari pari nella bionda Alice, è l’epicentro di questo film, è l’alter ego dello spettatore, è l’impeto recitativo della madre sospettosa che riverbera le nostre sensazioni palpitanti. Con la maturità ha acquistato maggiore incidenza, diventando una grande interprete e qui ne dà una bella dimostrazione.

Nel 2024 è uscito il remake americano con la regia di Benoît Delhomme, con Jessica Chastain e Anne Hathaway.
In buona sostanza non è un noir, non è un thriller classico, al massimo psicologico, ma è essenzialmente una tragedia mentale che rovina nel paranoico.
Riconoscimenti
2020 – Premio Magritte
Miglior film
Miglior regista
Miglior sceneggiatura
Miglior attrice a Veerle Baetens
Migliore attore non protagonista a Arieh Worthalter
Migliore fotografia
Migliore colonna sonora
Miglior sonoro
Miglior montaggio
Candidatura come miglior attrice a Anne Coesens






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