Drive (2011)
- michemar

- 3 mar 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 19 mag 2023

Drive
USA 2011 noir 1h40'
Regia: Nicolas Winding Refn
Soggetto: James Sallis (romanzo)
Sceneggiatura: Hossein Amini
Fotografia: Newton Thomas Sigel
Montaggio: Mat Newman
Musiche: Cliff Martinez
Scenografia: Beth Mickle
Costumi: Erin Benach
Ryan Gosling: il pilota
Carey Mulligan: Irene
Bryan Cranston: Shannon
Albert Brooks: Bernie Rose
Oscar Isaac: Standard Gabriel
Christina Hendricks: Blanche
Ron Perlman: Nino
Trama: Un uomo (senza nome) con la passione per le automobili divide la sua vita diurna tra il lavoro di meccanico e quello di stuntman per il cinema e, in quella notturna, saltuariamente, si trasforma anche in autista per criminali. Mentre il suo capo officina Shannon gli procura un accordo con un potente boss locale per introdurlo alle corse professionistiche, lui conosce e si innamora di Irene, sua vicina di casa con un figlio a carico e il marito in galera. Quando questi torna in libertà, la malavita gli si fa subito avanti vantando un conto aperto e arrivando a minacciare la donna ed il bambino.
Voto 8

Nell’incipit l’osservatore impaziente potrebbe affermare che siamo al solito panorama notturno della solita splendida Los Angeles, piena di luci che illuminano la miriade di strade che geometricamente formano il puzzle della iconica città californiana, pullulante di vita a tutte le ore, la cui notte riserva sempre sorprese per chi le cerca. Basta andare in giro, non c’è problema, come passare la notte si presenta da sé. Ed invece non è la solita Los Angeles, sembra ma non lo è. Il motivo è semplice: c’è un uomo, un driver, in giubbotto chiaro, stuzzicadenti in bocca, guanti scuri di pelle, alla guida di una magnifica e rombante Chevrolet Chevelle Malibu, mentre ascoltiamo impietriti ‘Nightcall’ di Kavinsky, un brano che poi ci si porta dietro per molto tempo. Basta questa descrizione per dire che è diversa la città?

Sì, pare proprio di sì, ma solo dopo aver visto questo meraviglioso e sorprendente film di Nicolas Winding Refn oppure semplicemente perché un attore, già bravino e visto in diversi film indipendenti e di sicuro avvenire, chiamato Ryan Gosling, che ai più non diceva meno che nulla, quell’attore avrebbe marchiato a fuoco rovente tutte le sequenze a seguire e poi sarebbe stato chiamato da molti registi per aumentare facilmente il tasso di compiacimento non solo del pubblico femminile. Perché quando hai carisma di attore e un sapiente uso delle tue espressioni e della tua pacata recitazione, che rimane in ogni caso molto incisiva, la carriera ti si spalanca e il successo arriva. Lui non ha un nome, ha un appartamentino essenziale, non ha una donna, data la sua passione per le auto e la velocità, oltre che per la spericolata precisione con cui guida, fa lo stuntman per il cinema losangelino e non solo: fa il meccanico in un’officina alle dipendenze dell’unica persona di cui si fida ricambiato. Ma fino ad un certo punto, però, perché neanche il meccanico titolare conosce molto di lui, ma sa che è un bravo giovane affidabile e taciturno. Lui ha anche un’attività nascosta: guida su richiesta, qualsiasi richiesta, fosse pure una rapina in cui c’è bisogno di un autista con esperienza, sicurezza e attributi. Anche qui non c’è problema e il motivo è semplice: lui guida e basta. Non fa domande, richiede solo istruzioni, è puntuale come un cronometro e non aspetta. Lui guida e basta. Se fai ritardo non lo trovi più.

L’avvicinamento lento e progressivo alla biondina che abita nel suo stesso corridoio, una giovane signora che accudisce da sola (dov’è il marito?) il figlioletto è “l’apostrofo rosa” nella sua vita solitaria che accarezza solo motori e sterzi di potenti auto. Irene è brava ma avverte due sensazioni: la solitudine, dal momento che il marito è altrove (la sua ricomparsa sarà quasi traumatica e darà il vero inizio al film) e la forte attrazione verso quello sconosciuto così gentile verso di lei e il piccolo, il quale ultimo sente molto l’assenza di un padre in casa. Qualche invito basterà ad avvicinarli, una escursione in macchina li farà conoscere meglio, la mano di Irene che si appoggerà alla leva del cambio dirà che lei sta aprendo il suo cuore solitario. Non so se Refn è allusivo in quel gesto, non voglio far paragoni con i doppi sensi della celebre ‘Drive My car’ dei Beatles, ma quella mano è lì, sul cambio che è tra i loro sedili e lei gli sorride.

Il finale è di una travolgente bellezza, degna di una tragedia greca, in cui avviene ciò che è inevitabile, con l’eroe che si allontana ferito e sicuramente morente, ma via, via, lontano dagli sguardi di chi non deve vedere. Tanto la missione è compiuta, la vendetta è realizzata. Ad un costo altissimo, infrangendo ogni tipo di sogno e di futuro. Un finale indimenticabile iniziato con una maschera che si affaccia dietro la vetrina di Vincenzo’s Pizza e la struggente melodia di ‘My Love’ di Riz Ortolani cantata da Katyna Ranieri. È come il pistolero senza nome, che dopo aver messo a posto il villaggio abusato e vendicato i torti subiti dagli abitanti, si avvia nella prateria sconfinata verso l’orizzonte.

E dal quel giorno, mentre Ryan Gosling prendeva il volo, Carey Mulligan diventava un’attrice a tutto tondo e noi cominciavamo a conoscere Oscar Isaac, Nicolas Winding Refn aumentava la sua fama (soprattutto dopo il bellissimo trittico di Pusher e l’affascinante Valhalla Rising - Regno di sangue) e cominciava a divenire semplicemente Refn, o meglio ancora NWR, come preferisce lui.
Ma come è nato questo film? Credo che lo sappiano in pochi. Ecco la genesi, parola di Refn.

“Ero a Los Angeles e stavo lavorando a un film chiamato Dying at the Light, interpretato da Harrison Ford e scritto da Paul Schrader. Era un progetto che mi piaceva molto e, considerato che l'unico mio precedente americano era un film chiamato Fear X che mi aveva praticamente mandato sul lastrico, desideravo che questo andasse bene. Questo lavoro mi piaceva perché, sul finale, il personaggio di Ford sarebbe morto ed essere un regista danese che debutta a Hollywood ammazzando Harrison Ford mi sembrava un successo mica da ridere!
Purtroppo, sembrava che il buon Harrison non avesse molta voglia di morire e la cosa mi stava deludendo parecchio. A Los Angeles, si sa, i progetti nascono a colpi di incontri e in quel periodo me ne organizzarono uno con Ryan Gosling. Io non lo conoscevo bene ma lui aveva visto i miei film e voleva parlarmi dell'adattamento di un libro chiamato Drive che pensava fosse adatto a me.
Io ero influenzato e, a causa di medicine particolarmente forti, arrivai al pranzo praticamente strafatto. Fu un incontro orrendo, senza chimica e senza apparente interesse. Al termine della cosa, dato che non ho la patente, chiesi a Ryan se poteva darmi un passaggio!
Mentre eravamo in auto, sembrava un primo appuntamento finito male in cui uno dei due accompagnava a casa l'altro senza dire una parola! Per arginare l'imbarazzo, Ryan accese l'autoradio e ci ritrovammo ad ascoltare "Can't Fight this Feeling" dei REO Speedwagon.
Quel pezzo mi fece ripensare a Harrison Ford che non voleva morire, a quel progetto che iniziava a sembrarmi meno interessante e alle mie orrende prospettive di carriera.
Iniziai a singhiozzare per lo sconforto... in auto... con Ryan Gosling che continuava a guidare senza sapere cosa fare!
Poi, all'improvviso, la canzone mi fece tornare alla mente l'idea alla base del libro del quale avevamo parlato e urlai: ‘Ci sono!! Questo film dovrebbe raccontare di un tizio solitario che vaga in automobile per Los Angeles ascoltando triste musica pop perché è il suo unico sollievo in una vita che odia!!’
Ryan rimase in silenzio per alcuni secondi e poi si voltò verso di me limitandosi a dire: ‘Io ci sto.’"

2012 – Premio Oscar
Candidatura per il miglior montaggio sonoro
2012 – Golden Globe
Candidatura per il miglior attore non protagonista a Albert Brooks






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