Emma. (2020)
- michemar

- 24 mar 2021
- Tempo di lettura: 5 min

Emma.
UK 2020 commedia 2h4’
Regia: Autumn de Wilde
Soggetto: Jane Austen (romanzo)
Sceneggiatura: Eleanor Catton
Fotografia: Christopher Blauvelt
Montaggio: Nick Emerson
Musiche: David Schweitzer, Isobel Waller-Bridge
Scenografia: Kave Quinn
Costumi: Alexandra Byrne
Anya Taylor-Joy: Emma Woodhouse
Johnny Flynn: George Knightley
Mia Goth: Harriet Smith
Miranda Hart: Miss Bates
Bill Nighy: Mr. Woodhouse
Josh O'Connor: Mr. Elton
Callum Turner: Frank Churchill
Amber Anderson: Jane Fairfax
Rupert Graves: Mr. Weston
Gemma Whelan: Mrs. Weston
Tanya Reynolds: Mrs. Elton
Connor Swindells: Robert Martin
Oliver Chris: John Knightley
Chloe Pirrie: Isabella Knightley
TRAMA: Bella, intelligente e ricca, Emma Woodhouse non ha rivali nella sua assonnata cittadina in quanto a irrequietezza. Tra le differenze sociali e le difficoltà del divenire adulta, Emma sarà fuorviata da incontri sbagliati e passi falsi romantici per trovare quell'amore che è sempre stato al suo fianco.
Voto 6 +

Nell'Inghilterra del 1800, c’è una giovane donna ben intenzionata a dirigere come una maestra d’orchestra non tutto ciò che le gira intorno ma specificatamente le vite amorose delle sue amiche e dei suoi amici. Il suo nome è Emma e l’esordiente regista, dopo innumerevoli corti, le dedica un film, adattando l’omonimo romanzo di Jane Austen, con un punto nel titolo. Lavorando sul tema principale del cosiddetto “fraintendimento in amore” e su ciò che la scrittrice scrisse a proposito del personaggio (“Sto per descrivere un'eroina che non potrà piacere a nessuno, fuorché a me stessa), Autumn de Wilde impernia il film sulla giovane donna “Emma Woodhouse, bella, intelligente e ricca, con una casa confortevole e un carattere allegro, sembrava riunire in sé il meglio che la vita può offrire, e aveva quasi raggiunto i ventun anni senza subire alcun dolore o grave dispiacere.” Un classico per la penna dell’autrice. Però attenzione, perché può dare subito l’impressione che sia una giovane molto egoista, che passerebbe anche sul cadavere di un conoscente pur di realizzare i complicati (e semplici nello stesso tempo: in fondo, non ha scritto qualcuno che l’amore è una cosa semplice?) disegni che le girano senza sosta nella mente.

È vero, spesso si prova la sensazione che Emma manovri i fili delle sue conoscenze come un mastro burattinaio, spingendo e indirizzando Tizio verso quella ragazza o quell’altra nella rotta di Caio, rilasciando false confidenze ora all’uno ora all’altra, facendo finta di consigliare mascherando invece oscuri progetti di futuri ed eventuali matrimoni, ma solo a seconda delle sue congetture. È vero, ma è anche vero che traspare limpidamente quanto lei stessa abbia paura, anzi terrore che un giorno possa innamorarsi e rifugge ogni minima occasione o ipotesi con il sistema più facile di tutti: dirottare il potenziale corteggiatore verso una sua amica, prospettandogli la perfezione di quella ragazza e come sia la più adatta per un felice futuro. Una agenzia matrimoniale che lavora senza richieste, di sua sponte. Questo lavorio avviene nel frattempo che tutto questo campionario di uomini e donne trascorrono il tantissimo tempo libero (la maggior parte di loro non lavora e sono discendenti di famiglie più che agiate) tra acquisti di stoffe pregiate per il loro bellissimi vestiti, cavalcate, passeggiate nella stupenda campagna inglese, visite a palazzi patrizi, picnic all’aria aperta. Mentre lei, Emma, è sempre vigile (gli occhi così appariscenti dell’attrice devono pur servire a qualcosa!) e non manda mai in vacanza i suoi neuroni che lavorano duramente come dipendenti della sua personale agenzia della felicità. Matrimoni e fidanzamenti, delusioni e rinunce, fino a quando non le uscirà un fiotto di sangue dal naso, segno evidente dello shock causato da quel bel giovine con cui ha sempre litigato e che quando si è dichiarato l’ha lasciata commossa e attonita, e finalmente senza parole: unica reazione l’epistassi.

Cercando di rimanere fedele allo spirito del romanzo, la regista – è una eccellente fotografa e creatrice di video shirts – incastra alla perfezione quella figura femminile nel perverso scherzo di Emma di giocare con le altrui vite. Un divertissement amoroso proprio come è sempre piaciuto alla stessa scrittrice. Operazione che riesce ancor di più mediante l’ostentazione di una messa in scena basata totalmente sui tempi della macchina da presa che si muove con grande sapienza e sulla magnificenza della scenografia e di tutto ciò che entra nel rettangolo dello schermo. Inquadrature geometriche che partono essenzialmente dalla precisa prospettiva e centralità dell’oggetto o del personaggio; abiti che diventano protagonisti per la fantasia e la meticolosa sartorialità al suo servizio; complicate pettinature che raccontano l’epoca, boccoli che scendono di lato e dietro la nuca (qualche esperto ha fatto notare che sono più piccoli di quelli realmente in voga e che abbiamo sempre visto in altri film); la richiesta di una recitazione ad effetto, quasi artificiosa, a metà tra l’antico fotoromanzo e il teatrale, nel senso più estetico del termine. Impossibile non notare la meticolosa scelta dei colori, aiutata dalla eccellente fotografia di Christopher Blauvelt: quelli delle pareti, dell’arredamento, dei vestiti, degli accessori, colori pastello che invadono l’occhio dello spettatore come un esercizio visivo che riempie lo schermo. Davvero notevole! Per non parlare della efficace costruzione di vere composizioni sceniche che danno l’idea di quadri viventi e in movimento: i campi lunghi e medi della campagna fanno tornare in mente (mi perdoni il Maestro) l’oculatezza e la precisione dei film di Kubrick e quella meravigliosa campagna inglese ripete senza far nulla il suo miracolo visivo. E per finire come non esaltare gli abiti d’epoca color confetto o dai colori di un cesto di frutta estiva (del premio Oscar Alexandra Byrne) e le dimore che sembrano torte glassate: una delizia per gli occhi fedelissima ai dettagli dell’epoca.

Ma il film, la storia? Beh, il difetto principale del film è che, sebbene ci si diverta seguendo il tragitto disegnato dalla penna di Jane Austen e dalla lingua e dalla mente perennemente in attività di Emma, alla lunga il resto conta meno, incide in maniera minore rispetto alla tecnica del film, della sua costruzione, della recitazione. Piacevole come ci si può aspettare ma che offre anche momenti di stanca. La regia di Autumn de Wilde, comunque, realizza ciò che sicuramente lei voleva e aveva intenzione di portare a termine. Non le interessava altro: descrivere col cinema la storia di una donna scritta a mano da un’altra donna.

Al centro quindi una ragazza piena di vezzi e mossette e se c’è in giro un’attrice sulla cresta dell’onda in questi mesi e che la può rappresentare meglio di tutte, questa è indubbiamente Anya Taylor-Joy, l’eroina degli scacchi (recentemente ribattezzata “la regina dei capelli”), che ha ottenuto anche una candidatura ai recenti Golden globe. Alla particolare recitazione di questa nuova star del cinema mondiale, si adegua quella dell’amica Harriet di Mia Goth, perfetta partner sulla scena. E poi, oltre al bel giovanottone previsto di prassi, Johnny Flynn che interpreta bellamente uno dei migliori partiti ancora scapoli che fa gola a tutte, George Knightley, poteva mancare l’ineffabile Bill Nighy? No!
Il punto finale? Quella punteggiatura in inglese si dice period (sta per “punto a capo”), ma nelle intenzioni della regista vuole riferirsi ad un film di un certo “periodo” storico. Quindi l’amore e le sue trame in quel periodo. Punto. E a capo!






Commenti