Estate '85 (2020)
- michemar

- 20 ott 2022
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 14 giu 2023

Estate '85
(Été 85) Francia 2020 dramma 1h41’
Regia: François Ozon
Soggetto: Aidan Chambers (romanzo)
Sceneggiatura: François Ozon
Fotografia: Hichame Alaouie
Montaggio: Laure Gardette
Musiche: Jean-Benoît Dunckel
Scenografia: Benoît Barouh
Costumi: Pascaline Chavanne
Félix Lefebvre: Alexis Robin
Benjamin Voisin: David Gorman
Philippine Velge: Kate
Valeria Bruni Tedeschi: sig.ra Gorman
Melvil Poupaud: prof. Lefèvre
Isabelle Nanty: sig.ra Robin
Laurent Fernandez: sig. Robin
Aurore Broutin: assistente sociale
Bruno Lochet: Bernard
Antoine Simony: Chris
Yoann Zimmer: Luc
TRAMA: In una cittadina balneare della Normandia è finalmente arrivata l'estate. Il sedicenne Alexis fa la conoscenza di David, un ragazzo leggermente più grande. Mentre Alexis è tranquillo e timido, David è sicuro di sé e molto intraprendente. Tra i due nasce un'immediata amicizia e poi anche qualcosa di più. Sarà così che Alexis scoprirà l'amore, vivendo il sentimento per la prima volta.
Voto 7

Cosa sogni quando hai 16 anni ed è appena iniziata l’estate che aspetti con ansia per godere le vacanze dalla scuola, quando per giunta sei in una località balneare sulla costa della Normandia degli anni Ottanta? Forse una nuova bella amicizia, forse l’occasione che apra prospettive allettanti per il futuro? Oppure sogni di sfruttare semplicemente le belle giornate e godere uscite in barca a vela o corse in moto? Vivere la vita a rotta di collo? No. Alexis, che preferisce farsi chiamare Alex, pensa alla figura della morte, nella sua mente corrono pensieri non positivi anche perché ciò che gli sta accadendo lo ha distrutto psicologicamente. “Devo essere folle. Avrei dovuto saperlo. Solo un folle sceglie la morte come passatempo. Ma ho detto folle non pazzo. Non prendetemi per psicopatico, i cadaveri non fanno per me. Quella che mi interessa è la Morte, con la M maiuscola. I cadaveri mi fanno paura, mi fanno un brutto effetto. A dire il vero, è stato un cadavere a farmi un brutto effetto. È proprio di questo che vi sto parlando. Se la Morte non vi interessa, se non volete sapere la storia di un cadavere che conoscevo da vivo, se non volete sapere cos’è successo a lui e a me e com’è diventato cadavere, allora è meglio che vi fermate. Questa storia non fa per voi.”. Questi sono i pensieri che si manifestano nella testa del giovane protagonista mentre è accompagnato, nella sequenza iniziale, da un poliziotto nei corridoi del tribunale dove ascolterà la sentenza che lo riguarda.

Questo incipit dimostra come François Ozon non faccia misteri sull’episodio tragico che segnerà l’adolescenza del ragazzo: ci sarà un morto e lo rivela immediatamente. Alex termina la sua prefazione guardando in camera, così come farà nel corso della trama anche il suo amico e primo amore David, sfrontato giovanotto la cui spigliata esuberanza lo porta a parlare anche verso la quarta parete, a noi. Ma non è un giallo, anzi, è un film sull’amore, quello di Ozon, che, come suo solito, scrive commedie e drammi sempre tinti di thriller, almeno di carattere mentale. Le sue opere sono spesso altresì caratterizzate dal sottile erotismo che serpeggia negli atteggiamenti e nelle parole dei personaggi, tante volte ambigui o reticenti. Come accadeva anche Nella casa. Dove anche lì c’era uno strano ed indefinibile rapporto tra il giovane (spessissimo il regista pone al centro delle trame misteriose ragazze e intrepidi ragazzi) e il suo professore, a cui riferiva le sue fantasie sensuali verso la mamma del suo compagno di classe, la padrona di casa.

Più del solito, in questa occasione, l’attenzione è rivolta alla crescita mentale, alla formazione esistenziale del protagonista, quell’Alex che cerca, quasi per istinto, un modo per trascorrere bene l’estate marina. In quella stagione, tutto poteva immaginare tranne che sarebbe stato attratto da un altro maschio. Per la verità non di sua iniziativa, ma una volta caduta nella rete del tanto ospitale David, in quella casa tanto accogliente e con una padrona di casa svagata ed esuberante quanto il figlio, è bastato un nonnulla per sentirsi soggiogato dal sorriso aperto e gioviale di quel ragazzo. Che lo trascina in molte iniziative, tra cui un’altra e più sicura gita in barca, una folle corsa in moto, la condivisione dell’amicizia con la simpatica inglesina Kate, che attira entrambi. Avendo persa completamente la testa, essendosi reso conto di essere sinceramente innamorato ed aver fatto sesso con David, Alex rimane di stucco e molto arrabbiato quando scopre che il suo compagno, dietro cui faceva fatica a star dietro alle tante iniziative, ha passato una notte con la ragazza. Proprio nel periodo migliore tra i due, proprio nei giorni in cui vedeva il futuro migliore possibile lavorando nel negozio gestito da David e dalla madre.

Sei settimane di attrazione emozionale e fisica avevano illuso Alex, periodo che, a posteriori, soprattutto dopo la disgrazia, aveva fatto porre una domanda essenziale a se stesso: “Credi che inventiamo noi le persone che amiamo?”. Eh, bella domanda! Ed è infatti questa la lezione che ci offre il film, perché, come dice Kate, molte volte ci si innamora più dell’idea di come vogliamo che sia la persona amata, che la persona stessa per quello che è. E quindi, Alex si era invaghito di David per come lo vedeva e sognava oppure per ciò che era realmente? Eppure, non se l’era inventato: gli si era parato davanti all’improvviso un giorno, in mare aperto con una nera tempesta in arrivo e se non fosse stato per lui sarebbe forse morto annegato. David si era avvicinato con la sua barca e lo aveva praticamente rapito, fatto volare dalla felicità. Ora era il cadavere di cui parlava all’inizio.

Crescita, smarrimento, sbandamenti, amore, primo sesso, illusioni, delusioni, morte. Non sempre il processo di formazione avviene così, in tale completa maniera, senza lasciar perdere neanche una mattonella di quella costruzione che si chiama maturazione. In poche settimane è successo di tutto, perfino la cosa peggiore che può capitare ad un essere vivente, per giunta ancor giovanissimo. Eppure, la causa dell’incidente era scaturita da una rabbia d’amore, quell’amore che Alex credeva di non trovare corrisposto. Per gelosia. Ora quel sentimento è un fantasma ed è anche una promessa da mantenere, anche con un abito femminile, en travesti (nel repertorio ozoniano non è un espediente nuovo), che se portata a termine diventerà una liberazione, l’addio definitivo che, con le ore di lavori sociali afflittigli, serviranno al ragazzo a girar pagina, a ricominciare tornando a sorridere. Per capire definitivamente se stesso, a conoscersi, guardandosi dentro, per scegliere la sua strada, anche nel personale percorso sessuale. Quando i film prendono il nome da un periodo dell’anno, della vita, di un’estate, di una vacanza, c’è sempre il senso della nostalgia, dei ricordi che un giorno lontano torneranno in mente. Chissà cosa e come ricorderà Alex, una volta adulto, quella estate indimenticabile, innovativa, rivelatrice. Chissà se tornerà più a ballare sulla tomba ebraica di David con le note della struggente Sailing di Rod Stewart, la loro canzone, la stessa che ballavano in discoteca. Una breve estate in cui lui aveva sognato, mentre David viveva la vita da dentro, l’uno che voleva amare e l’altro che voleva solo vivere il mondo. Ma ora, ciò che conta, è superare il senso di colpa, probabilmente appena eclissato dalla danza liberatoria, andare oltre quello che è stato (été, in francese, come estate) e quindi “scappare dalla storia.”

Bravi i due attori Félix Lefebvre e Benjamin Voisin, che rivedremo due anni dopo in Illusioni perdute, adattissima Valeria Bruni Tedeschi per il tipo di donna che sicuramente cercava il regista, un personaggio che lei sa sempre come interpretare, perfetta madre di un giovanotto vivace come lei. François Ozon ha forse rivisto se stesso, la sua fuggente gioventù e le sue parole, in parte, lo rivelano: “Ho letto il romanzo nel 1985, quando avevo diciassette anni, e l'ho adorato. Era un po' come se si rivolgesse a me personalmente. Il libro è in sé divertente e creativo, ha al suo interno disegni, ritagli di stampa e continui cambi di punti di vista. Mi è piaciuto così tanto leggerlo che, quando ho iniziato a dirigere cortometraggi, mi dicevo sempre che, qualora ne avessi avuto la possibilità, il mio primo lungometraggio sarebbe stato l'adattamento del lavoro di Chambers. Dopo le riprese di Grazie a Dio ho riletto per curiosità il libro e sono rimasto particolarmente scioccato. Molti dei suoi temi erano stati già usati da me nei film precedenti: il travestimento in Una nuova amica, la scena dell'obitorio in Sotto la sabbia, una relazione con un professore in Nella casa, il cimitero in Frantz. Il romanzo ha alimentato la mia immaginazione ma io non avevo mai fatto caso alle connessioni. Mi ero dimenticato della narrazione che già all'epoca mi era sembrata cinematografica e persino del fatto che a diciotto anni avevo scritto con un mio amico una prima bozza di sceneggiatura in cui mi ero concentrato solo sulla storia d'amore del protagonista e avevo rimosso tutto ciò che per me era superfluo, come l'assistente sociale, il professore, i genitori, l'ebraismo e i flashback. È prima di tutto una storia d'amore, poco importa se omosessuale. Il libro non considera mai l'omosessualità come un problema, rivelandosi molto moderno per il periodo in cui è stato scritto. Alexis e David si amano e il fatto che siano due maschi non ha importanza: ecco perché sognavo di andare a vederne il film quando ero adolescente. Le rappresentazioni dell'omosessualità nei film degli anni Ottanta erano molto oscure, drammatiche e dolorose, ancor prima dell'avvento dell'Aids. Per me, dunque, è stato fondamentale concentrarmi sull'amore e seguire tutti i codici del cinema diretto agli adolescenti. Ho dipinto l'amore in maniera classica, rinunciando anche all'ironia, per rendere il sentimento il più universale possibile. Ho trasferito la storia in Francia e l’ho ambientata nel periodo in cui io avevo letto il libro per la prima volta. Così, il film racchiude sia la verità presente nel libro che i miei ricordi delle sensazioni provate quando l’ho letto.”






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