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Esterno notte (2022)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 8 mag 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 12 mag 2023


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Esterno notte

Italia/Francia 2022 dramma storico biografico 5h30’ (durata complessiva)


Regia: Marco Bellocchio

Sceneggiatura: Marco Bellocchio, Stefano Bises, Ludovica Rampoldi, Davide Serino

Fotografia: Francesco Di Giacomo

Montaggio: Francesca Calvelli, Claudio Misantoni

Musiche: Fabio Massimo Capogrosso

Scenografia: Andrea Castorina

Costumi: Daria Calvelli


Fabrizio Gifuni: Aldo Moro

Margherita Buy: Eleonora Moro

Eva Cela: Agnese Moro

Toni Servillo: Papa Paolo VI

Fausto Russo Alesi: Francesco Cossiga

Daniela Marra: Adriana Faranda

Gabriel Montesi: Valerio Morucci

Davide Mancini: Mario Moretti

Emmanuele Aita: Lanfranco Pace

Paolo Pierobon: Cesare Curioni

Fabrizio Contri: Giulio Andreotti

Pier Giorgio Bellocchio: Domenico Spinella

Jacopo Cullin: Luigi Zanda

Antonio Piovanelli: don Pasquale Macchi

Bruno Cariello: prete Santa Chiara

Gigio Alberti: Benigno Zaccagnini

Miguel Gotor: giudice

Luca Lazzareschi: Franco Ferracuti


TRAMA: Trama: Le violenze delle Brigate Rosse, nell'Italia del 1978, culminano con il rapimento di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, avvenuto il 16 marzo, giorno dell'insediamento del governo che avrebbe dovuto suggellare un'alleanza senza precedenti proprio tra la DC e il PCI (Partito Comunista Italiano). Moro viene rapito dalle Brigate Rosse sulla strada per il Parlamento e da quel momento comincia una prigionia che terminerà cinquantacinque giorni dopo con il ritrovamento del suo cadavere in un'auto, a Roma, a metà strada tra le sedi dei due partiti.


Voto 8

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Non era facile (forse persino non immaginabile) che un film doloroso ma doveroso e soprattutto magnifico come Buongiorno, notte potesse trovare un approfondimento altrettanto magnifico, e ciò è successo mediante una ideazione e una realizzazione di una miniserie divisa in sei capitoli, ad opera del grande Marco Bellocchio – certamente uno dei pochi o forse l’unico che poteva pensare ad un’operazione del genere – che ha avuto modo di concretizzare le idee che aveva in mente. È un progetto che ha avuto lo scopo evidente di mettere in controluce la radiografia di quei maledetti giorni per trattare l’argomento in maniera totalmente esaustiva, come mai avrebbe potuto fare un film, anche lungo.

La prima sostanziale differenza tra le due opere sta nei due aspetti che qui vengono affrontati e che sono antitetici a quello che caratterizzava quella filmica. Se lì l’occhio della cinepresa indagava i volti e le espressioni, ora spavalde ora titubanti ma mascherati, dei brigatisti rossi che tenevano il prigioniero eccellente nel covo e ne studiava i passi e gli accorgimenti, qui siamo, appunto, all’esterno, tra la gente, i familiari e i politici (amici o poco) che soffrivano, tergiversavano, litigavano. Mentre la famiglia Moro viveva giorni terribili tra gli alti e i bassi condizionati dalle notizie e dalle confidenze della polizia e dei colleghi dell’onorevole, nelle aule del Parlamento e delle sedi dei partiti succedeva di tutto. Alternando le sequenze nella casa della signora Eleonora a quelle delle stanze del potere, si sviluppa una sorta di thriller straniante contaminato dagli intrighi politici condizionati da coloro i quali volevano trattare ad ogni costo e a qualsiasi prezzo e da coloro che invece volevano assumere un approccio severo e senza condizioni con i criminali. Come un film poliziesco coinvolgente e ansiogeno di cui però, purtroppo, conosciamo tutti il finale nefasto. E ciononostante l’opera mantiene, in tutta la durata, una atmosfera angosciante, come se fosse dall’esito incerto. Un po’ perché è tutto assurdo, un po’ perché il lavoro di Marco Bellocchio è insuperabile.

Alla drammatica e disperata situazione materiale, di cui si avverte ben presto che non ci sarò mai una via d’uscita, si contrappone un’aria assurda, extraterrestre, quasi psichedelica, dei dibattiti nella sede della Democrazia Cristiana e in quella degli ambienti ministeriali. Il regista non risparmia frecce acuminate contro taluni personaggi e, per lunghi tratti, si concentra più che sulla figura dello statista – che pur si apprezza prima e durante la prigionia -, su quella dei politici di quegli angosciosi anni di piombo, in particolare sul comportamento di Francesco Cossiga che, al momento dei fatti, era il Ministro degli Interni, figura rappresentata con spietatezza per raccontarne la debolezza e la scarsa personalità caratteriale. È impressionante come lo raffigura. E questo si ripete con la figura di Giulio Andreotti e gli altri componenti della DC. Se nella prima metà l’attenzione del regista era concentrata sulle insicurezze del Ministro, sui suoi patemi d’animo agitati dai problemi personali e familiari, nella seconda si processa il comportamento degli amici di partito e dei responsabili della difficile, se non impossibile, trattativa con i terroristi, bloccati da ragioni di stato e tentennamenti personali se non profondamente politici, specialmente a proposito del compromesso storico che lo statista stava ideando.

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Personalmente credo che fu l’occasione per un esame di coscienza di ogni cittadino, che praticasse politica o no non importa. Fu un esame di coscienza perché ognuno si era fatto un’idea di come bisognava comportarsi e la cosa più difficile era, ed è, dover scegliere da che parte stare, perché la vita di un uomo, ancor di più se importante per il Paese, va sempre salvaguardata, ma è anche vero che non ci si può mettere a trattare con il primo terrorista di stato che minaccia azioni rivoluzionarie. Non invidio chi si è trovato a prendere una decisione ma nello stesso tempo è giustificabile il comportamento di ognuno di loro. È questo, indubbiamente, il grande dilemma dilaniante che ci lascia quel dramma e questo film girato due volte. E se il primo era pieno di allegorie e di profonda umanità del personaggio, che usciva per strada durante un sogno musicato, nel secondo sprofondiamo nella tragedia umana degli altri, alcuni dei quali (i familiari) non sono mai veramente sopravvissuti.

Non è un vero film, è più chiaramente un lavoro televisivo, ma molto importante dal punto di vista artistico e di quello di uno dei più grandi registi italiani di sempre rivolto all’avvenimento tra i più insopportabili avvenuti nella Storia d’Italia.


Fabrizio Gifuni, che nel periodo del set era già a teatro con un’opera parallela, è dentro al personaggio, proprio dentro. A volte sembra di rivedere il povero Aldo Moro: è, a dir poco, impressionante, gigantesco. Mentre l’opera è bellissima e palpitante, con grande senso del ritmo, ma anche una tragedia dell’immobilismo, dello stallo politico causato da gente che difendeva se stessa. Soprattutto, oggi come allora, una pugnalata continua nel cuore dei cittadini, una ferita sempre aperta.

Riconoscimenti

David di Donatello 2023

Miglior regista

Miglior attore protagonista a Fabrizio Gifuni

Miglior trucco

Miglior montaggio

Candidatura miglior film

Candidatura per la Miglior attrice protagonista a Margherita Buy

Candidatura miglior attrice non protagonista a Daniela Marra

Candidatura miglior attore non protagonista a Fausto Russo Alesi

Candidatura miglior attore non protagonista a Toni Servillo

Candidatura per la Migliore sceneggiatura originale

Candidatura miglior produttore

Candidatura migliore fotografia

Candidatura miglior musicista

Candidatura miglior scenografia

Candidatura migliori costumi

Candidatura migliori acconciature

Candidatura miglior sonoro

Candidatura migliori effetti speciali visivi

European Film Awards 2022

Miglior film internazionale


 
 
 

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