Figli del sole (2020
- michemar

- 29 ott 2021
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 12 mag

Figli del sole
(Khorshid) Iran 2020 dramma 1h39’
Regia: Majid Majidi
Sceneggiatura: Majid Majidi, Nima Javidi
Fotografia: Hooman Behmanesh
Montaggio: Hassan Hassandoost
Musiche: Ramin Kousha
Scenografia: Keyvan Moqaddam
Costumi: Amir Malekpour
Rouhollah Zamani: Ali
Shamila Shirzad: Zahra
Abolfazl Shirzad: Abolfazl
Seyed Mohammad Mehdi Mousavi Fard: Mamad
Mani Ghafouri: Reza
Ali Nassirian: Hashem
Javad Ezzati: vicepreside Rafie
Safar Mohammadi: bidello
Ali Ghabeshi: preside Amani
Tannaz Tabatabaei: madre di Ali
TRAMA: Il dodicenne Ali e i suoi tre amici si impegnano duramente per sopravvivere e aiutare le loro famiglie, svolgendo lavoretti in un garage e commettendo piccoli crimini per racimolare qualche soldo velocemente. Con una serie di eventi all'apparenza miracolosi, Alì è incaricato di trovare un tesoro nascosto sottoterra. Mette insieme la sua banda ma prima, per avere accesso al tunnel, è costretto a iscriversi alla Sun School, un ente di beneficenza che si occupa di educazione dei bambini più sfortunati e che sorge nei pressi nel tesoro.
Voto 7,5

Ali corre, corre sempre. È sempre di corsa per rincorre qualcuno, spesso la sua cara Zahra, per sfuggire a chi lo insegue, che può essere un controllore di metro o un poliziotto, corre per arrivare in tempo dove lo attendono, corre per non perdere tempo. Corre sempre, non ha pause nella sua ancora breve vita. Ha una piccola banda di altri tre ragazzini di varia età ed etnia: Mamad, Reza e Abolfazl il più giovane, che è un afghano immigrato con la famiglia. Con loro cerca di sbarcare il lunario con piccoli furti specialmente su commissione di un boss che ricicla tutto, Hashem, specializzato in pneumatici di auto di lusso, operazione che stanno svolgendo nel parcheggio di un grande supermercato dove li conosciamo all’opera all’inizio del film. La mamma è ricoverata in ospedale dopo la disgrazia dell’incendio in cui è morta la sorellina, mentre il padre è perso nella nebbia della intossicazione da stupefacenti, motivi per i quali egli deve badare a se stesso come un adulto ormai fatto. Non ha più casa e per questo non riesce a far dimettere la madre. I piccoli affari sporchi ovviamente non lo soddisfano e sogna il colpo per ridare pace alla famiglia disastrata, mentre simpatizza per la sorellina di Abolfazl, Zahra, che oltre che andare a scuola, sopravvive vendendo oggettini nel metro di Teheran: lui la osserva, le sorride, le fa piccoli regali, la protegge quando la vede in pericolo. È il vecchio Hashem che gli offre l’occasione che cerca, quando gli confida che è certo che sotto l’istituto benefico “Scuola del Sole” - che accoglie e dà istruzione a qualche centinaio di bambini con situazioni sociali problematiche per non lasciarli abbandonati per le strade della capitale iraniana – c’è un tunnel in cui è nascosto un “tesoro”. Gli promette la metà del bottino, che per Ali rappresenterebbe la agognata soluzione ai suoi crucci e la fine della vita da furfantello.


L’adolescente è eccitato dall’idea e soprattutto sorpreso di tanta fiducia da parte dell’uomo, non vede l’ora di darsi da fare ma c’è un problema, una vera novità per la sua vita: per non destare sospetti e poter studiare l’allocazione e il modo di operare deve per forza entrare nell’edificio, senza destare sospetti al preside e agli insegnanti. Come fare? Semplice: iscriversi a scuola! Una vera sterzata di vita, non solo per lui ma anche per i suoi tre amici. La scuola, tra l’altro, offre buone occasioni per il futuro dei ragazzi, perché sa instradarli verso i lavori in cui sono dotati, come anche verso studi specialistici e lo sport. Un ambiente sano, utile, che si regge a fatica con le donazioni benefiche dei cittadini ma con qualche arretrato nel pagamento dell’affitto. Il vicepreside Rafie è un insegnante dedito alla protezione dei ragazzi, li aiuta in ogni modo, li protegge, insegna loro ciò che può servire e mostra molta comprensione nei loro riguardi, perdonandoli sempre. Un educatore ideale per quell’ambiente non facile e povero, pieno di immigrati e di famiglie indigenti. L’importante è togliere dalla strada quella marea di fanciulli a cui non è stata data mai un’opportunità. Quando però Ali scoprirà che l’obiettivo del suo lavoro non è un tesoro abbandonato ma piuttosto un tesoro nascosto la delusione sarà fortissima e dopo il pianto emotivo aggiusterà il guasto elettrico che non faceva funzionare la campanella della scuola. È un gesto che rappresenta il ringraziamento di ciò che aveva intanto ricevuto, il compenso al suo insegnante che intanto si è cacciato nei guai per loro, e anche un ritorno con i piedi per terra nella vita quotidiana che lo attende. I miracoli non esistono nei sobborghi di Teheran.

Majid Majidi si era fatto conoscere in tutto il mondo con la candidatura agli Oscar 1998 del suo bellissimo I bambini del cielo (I ragazzi del paradiso), che vede come protagonisti ancora i bambini di Teheran, con un altro Ali – stavolta più piccolo – che cerca disperatamente la scarpina persa della sorellina, costata tanta fatica al povero papà. Il suo cinema pensa spesso a quelle migliaia di orfani, abbandonati, figli di famiglie poverissime che animano le periferie della sua città natale e colpisce sempre nel segno, commuove ogni volta, aprendoci ad un mondo che conosciamo poco, al massimo riusciamo ad immaginarlo, ma mai come nella realtà, così bene raccontata. Ancora, quindi, un dolente spaccato dell’infanzia infelice iraniana a cui il regista non si sottrae e lo dichiara apertamente con la didascalia nei titoli iniziali: Questo film è dedicato ai 52 milioni di bambini vittime di sfruttamento minorile e a tutti coloro che lottano per i loro diritti. Un film quindi dedicato anche a quei maestri-eroi delle periferie di tutto il mondo, ma principalmente allo sfruttamento che i bimbi subiscono ogni giorno. Perché Ali, Mamad, Reza e Abolfazl non sono solo giovanissimi malandrini ma anche e specialmente degli adolescenti sfruttati per la loro indigenza, ignoranza, necessità, situazione sociale e familiare. Il boss li “utilizza” ai suoi scopi illeciti per sfruttare in primis la capacità e l’intelligenza attiva di un ragazzo dotato, che ha ascendente sui suoi amici, capaci, tutti assieme, di portare a termine una missione illegale.

Dato per scontato che, ancora una volta, la sensibilità autoriale di Majid Majidi è capace di provocare sensazioni emotive nello spettatore e filmare efficacemente le disavventure di ragazzi bisognosi di aiuto (morale ed educativo), l’aspetto stupefacente che si può riscontrare in questo bellissimo film è la bravura di alcuni attori tra i principali protagonisti, ad iniziare prima di tutto da Rouhollah Zamani (Ali), giovanottino capace di espressività istantanea e comunicativa: il suo viso pieno di lentiggini dotato di occhi vispi e saettanti è, più che un attore, un tramite del film che ci racconta la trama anche con le sue espressioni, come se ne leggessimo di filato lo svolgimento, realizzando all’istante il suo stato d’animo, le speranze e le disperazioni imminenti. Bravo, molto bravo, E che dire del viso già di signorinella di Shamila Shirzad? Il ruolo di Zahra le calza con una naturalità disarmante e quando, come una donna già troppo matura per i suoi pochi e teneri anni, rimprovera il fratellino con il dito dritto come una novella Malala e gli occhi che sgorgano lacrime vere, viene spontaneo chiedersi come fa a recitare così bene questa bimba, che talento naturale sia. È un miracolo! Eh sì che, come scrivo sempre e in ogni occasione, i bambini che recitano fanno fare solo brutte figure ai grandi, ma questa esagera! Che brava! E quanta tenerezza che suscita, quanti bisogni sa esprimere per i bimbi della sua età in quei posti, quanto bisogno hanno di aiuti! Ma la verità è che son tutti bravi gli attori, iniziando dai tantissimi ragazzini del cast e per finire ai grandi, su cui spicca la bontà del personaggio del maestro e vicepreside Rafie, l’ottimo Javad Ezzati, che rappresenta il mondo civile che spende la vita per i meno fortunati.

Se proprio c’è da fare una critica al film è che, contrariamente al ben noto film su citato, questa volta Majid Majidi si concede un grammo di retorica, forse inevitabile, unito a qualche parvenza di commedia, facendo addolcire appena appena la drammaticità di fondo. Ma è tutto secondario rispetto alla bellezza del film, in cui il giovane Rouhollah Zamani si ricava un posto di eccellenza, dimostrato ampiamente dal Premio Marcello Mastroianni, il premio assegnato nell'ambito della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, vinto appunto nel 2020. Questo ragazzo forse ha un futuro.
Gran bel film.
Riconoscimenti
Tanti i premi ricevuti nell’intero mondo, dall’Estremo Oriente fino agli USA, con 9 vittorie e 22 candidature:
Festival di Venezia 2020
Premio Marcello Mastroianni a Ruohollah Zamani
Premio Lanterna Magica
In concorso per il Leone d’oro






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