Fury (2014)
- michemar

- 21 nov
- Tempo di lettura: 3 min

Fury
USA, Cina 2014 guerra 2h14’
Regia: David Ayer
Sceneggiatura: David Ayer
Fotografia: Roman Vasyanov
Montaggio: Jay Cassidy, Dody Dorn
Musiche: Steven Price
Scenografia: Andrew Menzies
Costumi: Anna B. Sheppard, Maja Meschede, Owen Thornton
Brad Pitt: sergente Don “Wardaddy” Collier
Shia LaBeouf: Boyd “Bibbia” Swan
Logan Lerman: Norman “Macchina” Ellison
Michael Peña: caporale Trini “Gordo” Garcia
Jon Bernthal: soldato Grady “Coon-Ass” Travis
Jim Parrack: sergente Binkowski
Jason Isaacs: capitano “Old Man” Waggoner
Xavier Samuel: sottotenente Parker
Brad William Henke: sergente Davis
Kevin Vance: sergente Peterson
Scott Eastwood: sergente Miles
Alicia von Rittberg: Emma
Anamaria Marinca: Irma
Stella Stocker: Edith
TRAMA: Verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, nell’aprile del 1945, mentre gli Alleati completano l’avanzata nel territorio europeo, l’agguerrito sergente dell’esercito Don Collier, detto Wardaddy, è al comando di un carro armato Sherman e di un gruppo di uomini per una pericolosa missione dietro le linee nemiche. In evidente inferiorità numerica e mal equipaggiati, il sottufficiale e i suoi devono affrontare ogni avversità nel tentativo di colpire al cuore della Germania nazista.
VOTO 6

David Ayer porta sullo schermo uno dei ritratti più crudi e realistici della Seconda Guerra Mondiale. Non è il sangue a dominare la scena, ma il fango: onnipresente, incrostato su vestiti, strade, corpi e persino nelle menti dei protagonisti. È questo l’elemento visivo che definisce il film, rendendolo un viaggio sporco e soffocante attraverso la Germania del 1945.


Al centro della storia c’è l’equipaggio di un carro armato Sherman M4 guidato dal sergente Don “Wardaddy” Collier, interpretato da Brad Pitt. Prima dei Bastardi di Tarantino, Pitt indossa già la divisa, ma qui è molto più fangosa e meno caricaturale: un personaggio duro, determinato e intransigente, spinto da due comandamenti fondamentali: mantenere in vita i suoi uomini e seguire la direttiva di Patton sull’eliminazione dei nazisti, che odia visceralmente. È una versione attenuata rispetto al carismatico Aldo Raine, ma più militare nel senso classico, meno entusiasta e più segnato dalla brutalità della guerra.


Accanto a lui c’è Norman (Logan Lerman), un giovane dattilografo catapultato controvoglia nel ruolo di cannonista. Timido, inesperto e fragile, rappresenta lo sguardo del civile improvvisamente immerso nell’orrore del fronte. Ayer gli dedica particolare attenzione, costruendo un arco narrativo che lo trasforma da impiegato impaurito a guerriero riluttante. Norman diventa quasi lo scrittore in guerra per caso, colui che potrà raccontare cosa è davvero successo dentro quel carro armato.


Il resto dell’equipaggio è altrettanto memorabile: Shia LaBeouf, intenso e sorprendente quando si impegna davvero; Jon Bernthal, ruvido e combattivo; Michael Peña, che porta umanità e ironia. Ognuno ha un carattere definito, e il film trova il tempo per mostrarne sfumature e contraddizioni, rendendo la squadra compatta e credibile.


Le sequenze di battaglia sono tra le più verosimili mai viste in un film di guerra: scontri tesi, claustrofobici, con momenti di suspense che non si risolvono mai in maniera prevedibile. Memorabile lo scontro tra tre Sherman e un Tiger tedesco, che restituisce tutta la sproporzione di forze e la disperata resistenza degli americani. Ma i momenti migliori arrivano nei silenzi, come l’interludio in una città conquistata, dove la tensione emotiva supera quella bellica e rivela la spietatezza che la guerra ha instillato anche nei più eroici.


Ayer, già sceneggiatore di Training Day, cattura il lato grottesco della guerra senza rinunciare del tutto all’elemento eroico. Non è un film che indulge nella depravazione, ma nemmeno uno che edulcora la realtà: mostra la sopravvivenza come unico obiettivo, lasciando agli strateghi e ai politici il lusso di pensare a qualcosa di più elevato.

Intenso e realistico film di guerra che unisce spettacolo e introspezione. Pitt offre una prova credibile e meno istrionica del solito, Lerman incarna il percorso di crescita più significativo, e il resto del cast contribuisce a rendere l’equipaggio indimenticabile. È un’opera che non si limita a raccontare la guerra, ma la fa vivere nel fango, nella paura e nella determinazione di uomini costretti a diventare macchine da combattimento.






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