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Gli indifferenti (1964)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 12 nov 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 11 giu 2023


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Gli indifferenti

Italia/Francia 1964 dramma 1h29’


Regia: Francesco Maselli

Soggetto: Alberto Moravia (romanzo)

Sceneggiatura: Suso Cecchi D'Amico, Francesco Maselli

Fotografia: Gianni Di Venanzo

Montaggio: Ruggero Mastroianni

Musiche: Giovanni Fusco

Scenografia: Luigi Scaccianoce

Costumi: Marcel Escoffier


Tomas Milian: Michele Ardengo

Claudia Cardinale: Carla Ardengo

Shelley Winters: Lisa

Rod Steiger: Leo Merumeci

Paulette Goddard: Maria Grazia Ardengo

Adriana Facchetti: Anna


TRAMA: Carla e Michele appartengono alla buona borghesia romana. Nonostante le loro velleità, sono incapaci di riprendere in mano la disastrata situazione familiare. Carla si mette con Merumeci, già amante di sua madre; Michele, dopo aver goffamente tentato di uccidere l'uomo, accetta di vivere nella sua ombra.


Voto 6,5

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Non a tutti i registi italiani è riuscito di portare lo spirito essenziale dei romanzi di Alberto Moravia, che pure ha visto molti suoi romanzi adattati al grande schermo. Non sempre l’operazione ha riportato esiti felici ma come potevano i nostri grandi autori ignorare la bellezza e la densità di quelle pagine, di quei racconti di uno dei più grandi scrittori che abbiamo mai avuto? Inoltre, non era neanche semplice ricostruire l’atmosfera delle epoche illustrate dai romanzi, tanto che nell’adattamento de Gli indifferenti realizzato da Francesco Maselli nacque una notevole discussione in merito, perché il regista aveva scelto di attualizzare il racconto e di conseguenza allontanarsi dal momento storico in cui era originariamente ambientato. Quello fascista era certamente un periodo politico e sociale molto particolare, caratterizzato da una certa inerzia e una incapacità propositiva della borghesia italiana tipiche di quegli anni, di fronte al crollo degli antichi valori che invece lo scrittore aveva puntualizzato con grande autorialità.

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Dalla critica degli anni Sessanta, il film fu attaccato per aver presentato personaggi ormai stantii, superati dalla Storia, invecchiati, insomma, ma Maselli cercò un equilibrio tra ciò che era scritto e ciò che voleva portare in scena. Chi ha letto il libro e chi ha visto il film può testimoniare che indubbiamente l’essenza del romanzo resta intatta, tenuto conto ovviamente della eterna difficoltà di trasportare un romanzo al cinema, cosa che non è mai facile e che porta inevitabilmente alla perdita di qualcosa, di essenziale. La parola, in moltissimi casi, è insostituibile: la descrizione dell’ambiente, del carattere, delle intenzioni, viene sempre meglio se rappresentata sulla carta.

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Comunque, il film va visto con attenzione, non solo per il racconto in sé e per caratterizzazione dei personaggi, ma anche per poter ammirare un cast artistico di grande livello, con attori importanti, come Tomas Milian, Claudia Cardinale, Shelley Winters, Paulette Goddard ma soprattutto il gigantesco Rod Steiger, che, seppur visto doppiato, dimostrò ancora una volta tutto il suo valore. D’altronde l’attore americano era di casa nel cinema italiano, avendo girato l’anno precedente un film di Francesco Rosi (Le mani sulla città) e come fece ancora nel 1973 con Lucky Luciano.

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Al centro della scena è una famiglia in decadenza finanziaria della borghesia romana negli anni ’20, gli Ardengo, su cui volteggia l’avvoltoio chiamato Leo Merumeci, lucido e determinato uomo d'affari, tra difficoltà economiche, vuoti riti sociali, ipocrisie, noia e solitudine, ma soprattutto amante della appassita Maria Grazia, la madre rimasta vedova. Uomo che cerca di utilizzare il suo ascendente nella famiglia per approfittare della situazione: in possesso delle ipoteche poste sulla proprietà, cerca di ottenere il sì della giovane e bellissima figlia Carla che lui, in verità, non ama ma gli serve come trofeo e come immagine di uomo di successo.

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Il quadro è desolante ma l’atteggiamento ipocrita e di convenienza di tutti i personaggi lo rendono ancora peggiore e per rendere meglio l’idea, il regista si serve dell’apporto tecnico di un grande nome della fotografia cinematografica di allora: Gianni Di Venanzo. Che in funzione di una necessaria e cercata immagine “tragica, cadaverica, degenerata” – come scrissero a suo tempo - cercò di lavorare con pochissima luce, “rischiando continuamente di andare in sottoesposizione, tanto che, ad un certo punto della lavorazione, Paulette Goddard ebbe ad esclamare: ‘Accendete la luce non ci si vede qui!’” Sbalorditivo ma vero. La sceneggiatura, oltre che da Maselli, è firmata anche da Suso Cecchi D'Amico.

Nel 2020 Leonardo Guerra Seràgnoli ne ha girato una versione completamente moderna ambientata a nostri giorni, che trovate qui, ma di qualità certamente inferiore.



 
 
 

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