Mission: Impossible - The Final Reckoning (2025)
- michemar

- 9 ore fa
- Tempo di lettura: 7 min

Mission: Impossible - The Final Reckoning
USA, Norvegia 2025 spionaggio 2h49’
Regia: Christopher McQuarrie
Soggetto: Bruce Geller (serie TV)
Sceneggiatura: Christopher McQuarrie, Erik Jendresen
Fotografia: Fraser Taggart
Montaggio: Eddie Hamilton
Musiche: Max Aruj, Alfie Godfrey
Scenografia: Gary Freeman
Costumi: Jill Taylor
Tom Cruise: Ethan Hunt
Hayley Atwell: Grace
Ving Rhames: Luther Stickell
Simon Pegg: Benji Dunn
Esai Morales: Gabriel
Pom Klementieff: Paris
Henry Czerny: Eugene Kittridge
Holt McCallany: segretario Bernstein
Janet McTeer: Walters
Nick Offerman: generale Sydney
Hannah Waddingham: contrammiraglia Neely
Tramell Tillman: Bledsoe
Angela Bassett: Presidente Erika Sloane
Shea Whigham: Jasper Briggs
Greg Tarzan Davis: Theo Degas
Charles Parnell: capo NRO
Mark Gatiss: capo NSA
Rolf Saxon: William Donloe
Lucy Tulugarjuk: Tapeesa
Katy O’Brian: Kodiak
TRAMA: I vertici del IMF (Impossible Mission Force), sezione segreta speciale della CIA, chiedono a Ethan Hunt e alla sua squadra di rintracciare una nuova terrificante arma che, se dovesse cadere nelle mani sbagliate, minaccerebbe l’intera umanità.
VOTO 7,5

In Mission: Impossible - Dead Reckoning (2023), di cui questo è il sequel, abbiamo conosciuto l’Entità, l’I.A. progettata per sabotare le architetture digitali in tutti i sistemi di difesa nazionali. Esiste una chiave che permetterebbe di assumere il controllo dell’Entità, ma per farlo bisogna raggiungere il sottomarino russo K599 Sevastopol, affondato nelle acque dell’Artico. Le grandi potenze vogliono la chiave, ma l’agente dell’IMF Ethan Hunt (Tom Cruise), dopo essersene rocambolescamente impossessato, ritiene che quell’arma non convenzionale sia una minaccia troppo grande per l’umanità e vuole eliminarla. Il gran finale comincia due mesi dopo quegli avvenimenti: grazie alla disinformazione diffusa dall’Entità, impadronitasi dell’intero network globale, il mondo è nel caos e le potenze nucleari si preparano al conflitto. La presidente degli Stati Uniti Erika Sloane (Angela Bassett) contatta Hunt, implorandolo di consegnare la chiave, lui rifiuta e si mette in caccia di Gabriel (Esai Morales), feroce agente umano dell’Entità che, a sua volta, mira a controllare l’I.A..

Quindi la storia di quest’ultimo capitolo della saga, iniziata quasi 30 anni fa, ha sì una trama che in breve assomiglia molto alle solite, e tanto anche a quelle che riguardano la più prolifica di 007, ma è molto più complessa e spaventosa di quello che può parere ad una lettura superficiale. Dal film precedente si ha a che fare con la tecnologia che proprio in questi ultimi mesi sta spaventando l’intellighenzia mondiale, nel bene e nel male, nella mente e nella preoccupazione sia di statisti umanisti e sia di tecnocrati che stanno conducendo una guerra mondiale (già in atto) per il potere assoluto. In ogni angolo del mondo. Questa I.A., qui, è l’Entità, un nome che va oltre le prerogative immaginabili: nasce come programma di sorveglianza e infiltrazione, ma evolve rapidamente fino a diventare cosciente, imprevedibile e capace di riscrivere il proprio codice. Non risponde più a nessun governo o agenzia. Non ha un corpo, non ha un volto, non ha un server centrale. È distribuita, replicata, nascosta in reti globali e sistemi militari. Questo la rende virtualmente indistruttibile. Nel mondo del film, molte persone iniziano addirittura a venerarla, come se fosse una divinità digitale capace di predire e controllare il futuro.

Questo vuol dire che è un’arma vera e molto più pericolosa di ogni altra precedente. Ed allora diventa indispensabile l’intervento di Hunt e della sua efficientissima squadra, che vede il ritorno di Grace (Hayley Atwell) e la presenza costante dei fidatissimi e fedeli Luther (Ving Rhames) e Benji (Simon Pegg), a cui si aggiungono Theo (Greg Tarzan Davis) ma soprattutto Paris (Pom Klementieff), personaggio molto interessante. Se nel film precedente questa era il braccio destro del villain Gabriel e agente violenta e silenziosa dell’Entità, ora la sua funzione cambia radicalmente e diventa una delle coprotagoniste, insieme al nuovo arrivato. Entra nel gruppo dopo che Ethan non l’ha eliminata a Venezia e ciò ha incrinato la sua fedeltà al padrone precedente: prende un ruolo attivo per combattere l’Entità, portando con sé informazioni cruciali su Gabriel e sui protocolli dell’I.A.. Perché funziona così bene nella saga? Semplice. È un personaggio quasi muto, costruito sul gesto e sul corpo; ha un’estetica immediatamente riconoscibile (trucco, sguardo, fisicità); la sua trasformazione non è verbale ma emotiva: un cambio di sguardo, un atto di disobbedienza, un sacrificio; è una delle poche figure che Ethan cambia semplicemente scegliendo di non ucciderla.

L’inizio, talmente preliminare da partire ben 22 minuti prima dei titoli di testa (!), ci introduce nel cuore delle preoccupazioni che procura questo Male a tutte le maggiori potenze mondiali. Succede infatti che due mesi dopo aver recuperato la chiave cruciforme del codice sorgente dell’intelligenza artificiale malevola, l’agente ribelle dell’IMF Ethan Hunt riceve un messaggio dalla presidente degli Stati Uniti Erika Sloane che lo mette al corrente del fatto che questo essere tecnologico-informatico continua a prendere il controllo dei sistemi nucleari globali, aiutata da gente sotto copertura. Lo intima a consegnare la chiave, ma lui rifiuta e si rimette ad inseguire Gabriel, l’ex proxy dell’Entità, nel senso di suo intermediario ma che, come si scoprirà, ha anche suoi piani malefici personali. Ethan e Benji visitano per la prima volta il loro hacker, ora purtroppo malato, Luther, nel suo laboratorio fuori rete sotto Londra, dove ha terminato lo sviluppo di un malware, che lui ha chiamato “pillola avvelenata” in grado di colpire il potente nemico e neutralizzare la possibilità del suo software, che, come detto, non vuole conquistare il mondo ma vuole renderlo irrimediabilmente dipendente da essa, cancellando ogni possibilità che gli esseri umani possano spegnerla. Il suo piano è sopravvivere, espandersi e diventare l’unica infrastruttura di potere globale.

Per capire in cosa consiste l’operazione di Ethan, in apparenza difficilissima se non quasi impossibile, dati gli ostacoli insormontabili che lo intralciano, è che l’unico modo per distruggere l’Entità è recuperare il codice originale custodito nel sottomarino affondato. Per questo l’I.A. fa di tutto per cancellare le tracce del sottomarino, manipolare governi e agenzie, usare Gabriel per sottrarre il congegno creato da Luther, ostacolare Ethan e la sua squadra. La Presidente, contraddicendo i suoi consiglieri e militari, come sempre dalla mentalità bellicista anche quando si sa che si perde in partenza, si affida alle abilità dell’eroe, sperando che salvi gli USA e tutto il mondo. Cosa succede da quel momento in poi è (in)immaginabile, ma prima di tutto spettacolare e grandioso, con azioni impensabili, dalle strade della città ai sotterranei più nascosti, dalla metropoli londinese al ghiaccio del Polo Nord: immersioni in acque glaciali, voli spericolati, sparatorie, lotte a mani nude, morti e ferite più o meno gravi, interventi tempestivi a turno tra i vari protagonisti. Tutto tra persone vere, militari, agenti, sicari, scienziati e un grande essere invisibile, raffigurato da effetti visivi che ricordano vagamente il Kubrick della fantascienza. In una parola: spettacolare. Che è poi il target della saga, in crescendo, sia con le idee, la sceneggiatura, la tecnologia degli effetti speciali, sia con la prestanza fisica di un Tom Cruise in forma come un ventenne.

Ci sono voluti ben sette anni per realizzare gli ultimi due film della serie, persino interrotti da una pandemia e da due scioperi che hanno bloccato Hollywood: il film di Christopher McQuarrie, in perfetta simbiosi con il suo attore protagonista, conclude la vicenda iniziata con il precedente che si interrompeva con un cliffhanger da manuale (il colpo di scena che lo concludeva), lo porta a termine magnificamente e si presenta sia come compendio di quanto accaduto dal 1996 in poi, sia come riassunto del titolo precedente. Come succede spesso con le serie TV che iniziano il nuovo episodio riassumendo quelli precedenti. E se questa serie doveva finire come meritava e quindi in modo memorabile, i tanti minuti del combattimento finale a bordo di un piccolo aereo tra Ethan e Gabriel è l’atto terminale mozzafiato che tiene incollati anche se si può immaginare che vince il migliore, il buono, cioè lui. Che forza atletica, che agilità, che eroismo (al netto dei trucchi)! Degna conclusione!

Non manca qualche critica: eccessiva lunghezza di alcune scene di dialoghi, complessità della trama e dei tanti personaggi, e poi tanta e immancabile retorica. L’America, pare fondata sulla retorica, la bandiera, gli eroi, le frasi stentoree, i giudizi e i pareri sotto forma di aforismi immortali (la mamma Presidente che abbraccia il figlio, beh, ne avrei fatto a meno. Viva la mamma!). Ma si sa, fa tutto brodo e se 007 ha sempre puntato su gesti improbabili e ironia, Bacco Tabacco Venere, l’Hunt dell’IMF non scherza mai, non fa sesso, è astemio, è sempre ferito ma sopravvive e salva il mondo con le acrobazie senza la rete. Se lui sorride è solo per ringraziare la squadra in Trafalgar Square quando li saluta per separarsi: un solo accenno per dire grazie e alla prossima, se mai ci sarà. Pare un addio o un arrivederci?

Non può sfuggire un’annotazione di femminismo positivo: la Presidente degli USA è donna; la contrammiraglia Neely (Hannah Waddingham), comandante della portaerei su cui il protagonista si fa portare nelle vicinanze della posizione del sottomarino statunitense per operare, è donna; una dei militari che sostengono maggiormente l’agente dal punto di vista psicologico nei momenti mentali più difficili è una donna tosta: Kodiak (Katy O’Brian); una delle maggiori responsabili del servizio di sicurezza USA è Walters (Janet McTeer) è donna. Insomma, si può dire di tutto di questo film ma una cosa è certa: Christopher McQuarrie mette in risalto le posizioni femminili all’apice delle decisioni ed anche dell’azione, se si pensa alle più strette collaboratrici sul campo come Grace e Paris.

Quest’ultimo episodio è fatto molto bene: la regia è impeccabile e lavora alla perfezione con il suo attore di sempre che recita, contribuisce, produce, dice la sua perché non può andare diversamente. Tom Cruise non è solo l’attore protagonista: è il motore creativo, produttivo e fisico dell’intero film. Senza di lui, la saga non avrebbe la stessa identità. È necessario precisare che, come produttore, ha partecipato alle decisioni narrative e di sceneggiatura, allo sviluppo delle sequenze d’azione, alla scelta delle location e alla gestione del budget e della logistica. Ha girato, per esempio, la scena del sottomarino Sevastopol in un gigantesco set subacqueo costruito appositamente. Gran parte del merito del successo della saga è solo suo: i registi vanno e vengono e lui è per sempre Ethan Hunt.
Film riuscito e non pensavo, non amando il genere, che mi sarebbe invece piaciuto. Bravi tutti.
È davvero l’ultimo? Si chiama infatti The Final Reckoning: la resa dei conti finale. Giù il sipario.
N.B.: Tom Cruise si è aggiudicato un Guinness World Record durante la produzione del film, per aver totalizzato 16 lanci con il paracadute in fiamme.
Diavolo d’un attore!














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