Gli spiriti dell'isola (2022)
- michemar

- 27 mar 2023
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 8 apr

Gli spiriti dell'isola
(The Banshees of Inisherin) UK/USA/Irlanda 2022 1h54’
Regia: Martin McDonagh
Sceneggiatura: Martin McDonagh
Fotografia: Ben Davis
Montaggio: Mikkel E.G. Nielsen
Musiche: Carter Burwell
Scenografia: Mark Tildesley
Costumi: Eimer Ni Mhaoldomhnaigh
Colin Farrell: Pádraic Súilleabháin
Brendan Gleeson: Colm Doherty
Kerry Condon: Siobhán Súilleabháin
Barry Keoghan: Dominic Kearney
Gary Lydon: Peadar Kearney
David Pearse: sacerdote
Sheila Flitton: Mrs. McCormick
Pat Shortt: Jonjo Devine
Bríd Ní Neachtain: Mrs. O'Riordan
TRAMA: Tra due uomini, la loro stretta e consolidata amicizia fraterna si interrompe improvvisamente perché uno decide che l’altro non gli va più a genio, che non ha più tempo da sprecare in inutili discorsi.
Voto 7,5

È una fiaba? Oppure è un breve racconto di uno scrittore fantasioso? Forse, potrebbero essere una potente metafora gli insignificanti litigi narrati che aumentano fino a diventare un dissidio insanabile che porta fino alla violenza estrema. Invece è solo - per modo di dire – il frutto della fervida immaginazione di un cineasta capace di creare soltanto storie ispide, molto particolari, abitate da personaggi ruvidi e irritabili, magari che vivono in località dimenticate da Dio. Martin McDonagh, infatti, è stato capace, nel suo percorso, di far viaggiare due killer irlandesi per portare a termine un omicidio nella tranquilla Bruges, ma anche di andare a scavare in comunità quasi isolate per cogliere sfumature di caratteri e comportamenti in zone della terra dove normalmente non succede nulla ma che ad un tratto diventano teatro di eventi movimentati. Londinese figlio di irlandesi, non abbandona mai le sue origini per caratterizzare i suoi atipici protagonisti. Non è successo sempre ma, dato che con questo è solo al suo quarto film, lo ha già fatto più volte, possibilmente con il suo attore feticcio, Colin Farrell, che, con Brendan Gleeson, forma un trio total irish. La peculiarità è che con un numero ancora esiguo di film ha già riscosso più riconoscimenti e premi che regie (un Premio Oscar, due Golden Globe e quattro British Academy Film Awards), tenendo sempre presente che finora ha lavorato più a teatro che sul set cinematografico. E comunque, anche con questo film siamo in territorio irlandese, di fantasia, ma molto attendibile e vicino alla realtà.

Ci troviamo ad assistere ad una storia ambientata nel secondo decennio del 1900 in un’isola immaginaria chiamata in maniera molto simile ad altri titoli del suo teatro, Inisherin, posta sul lato occidentale dell’Irlanda, in un momento non facile della brutta guerra civile che per tanti anni ha afflitto la nazione per via del conflitto tra cattolici e protestanti, tra indipendentisti e fedeli alla Corona inglese. Ma i pochi abitanti del luogo della guerra conoscono solo vaghe notizie e poco ne parlano, se non per le esplosioni che giungono dalle terre distanti solo poche miglia, addirittura prima dell’orizzonte, tanto da vederne le fiamme. Ad ogni raro scoppio si rivolgono interrompendo solo per qualche secondo le loro chiacchiere, come un fatto che li riguardi solo marginalmente. Sono pochi e ovviamente tutti conoscenti se non parenti, che sanno tutto di ognuno di loro, ogni minimo accadimento. Che poi, cosa può mai succedere in quel minuscolo territorio? Al massimo, ogni tanto, fanno riferimento allo spirito delle figure mitologiche dell’antichità che avevano influenze sul destino delle persone: sono le banshees (ecco il titolo originale), una specie di streghe benefiche o malevoli, spiriti femminili descritti generalmente come belle donne dai capelli fluttuanti, con indosso un vestito verde ed una mantella grigia. È leggenda, è mitologia, ma intanto una vecchiaccia, Mrs. McCormick, si aggira di nero mantello vestita con una pipa puzzolente in bocca a curiosare continuamente, tanto da essere considerata da alcuni fastidiosa e portasfortuna.

Non succede granché sull’isola, se non l’arrivo periodico del battello che trasporta merce e la gente che si era dovuta spostare. Prodotti utili, oltre che a nutrirsi, alle poche attività dedite alla pastorizia e alla agricoltura, tanto che la proprietaria di quell’unico emporio, Mrs. O'Riordan, chiede sia ai marinai che ai suoi avventori che notizie portano, con un interesse spasmodico. In questo ambiente, la minima discussione è già clamore, al massimo sedata dal dispotico, prepotente ed unico poliziotto Peadar Kearney. Figuriamoci quale clamore può seguire al litigio che scoppia tra due fraterni amici di sempre, quasi una istituzione nell’isola. Pádraic e Colm, che nonostante la differenza d’età sono molto legati e si recano tutti i giorni alle 14 nell’unico pub a bere birra, sono amici da una vita e quando il secondo smette all’improvviso e senza apparente motivo di rispondere alle domande dell’altro e solo dietro le insistenze afferma in maniera categorica che vuole porre fine all’amicizia, diventa il caso più eclatante da chissà quanti anni. Nonostante le pressanti richieste di Pádraic di avere soddisfazione e una spiegazione plausibile e i conseguenti rifiuti, i due si ritrovano come in un vicolo cieco da cui, almeno il più giovane, molto dispiaciuto, non riesce a venir fuori.
Grande è la meraviglia della sorella di quest’ultimo, la ormai matura Siobhán, sbalordita da questo atteggiamento e dispiaciuta per la sofferenza del fratello, mentre il più squilibrato della comunità, il giovane Dominic cerca di approfittare del vuoto per diventare più amico di Pádraic e avvicinarsi così, anche se pur così immaturo, alla ancora piacente sorella. Purtroppo, più si moltiplicano gli sforzi per tornare in armonia, più Colm minaccia conseguenze impensabili: lui, finalmente rivela, è stufo delle noiose chiacchiere che ha scambiato per anni e anni con quello che non sente più come un amico necessario. Chiuso, stop, e che non se ne parli più, altrimenti, lui che è il musicista dell’isola – fa il violinista componendo i brani che esegue nel bar – ad ogni parola che d’ora in poi Pádraic gli rivolgerà si taglierà con le cesoie un dito della mano sinistra, e poi addirittura tutte! È praticamente un ultimatum, a cui però l’altro non vuol credere e spera sempre di ricucire lo strappo, quel legame così inopinatamente rovinato.
Nell’assurdità della situazione, ampliata della esiguità della scarsa popolazione del borgo, e nonostante la semplicità della storia, il regista crea una storia allarmante che spariglia la monotona vita degli isolani, fino a farla diventare un dramma esistenziale, con conseguenze inimmaginabili ma intuibili: avrebbe mai potuto starsene tranquillo Pádraic, rinunciando all’unico vero amico di sempre? E come spesso succede tra due persone intime, quando il meccanismo d’affetto (o d’amore, come nelle coppie) viene meno e il legame si inaridisce, le conseguenze possono essere accettate con pacatezza o possono dare adito ad una vera guerra. E difatti, al primo accidente che accade, la fiamma divampa come un incendio, anzi, dopo qualche ripetuta ripicca, assume la forma di una iniziativa devastante nel finale che mai ci si sarebbe aspettato.

L’enorme bravura di Martin McDonagh è quella, ancora una volta e come nelle altre occasioni, di scrivere una sceneggiatura deliziosa e dialoghi dal meccanismo perfetto, dove ogni personaggio, ma proprio tutti, hanno battute, osservazioni e riflessioni (sulla vita, su ciò che osservano o di cui vengono a conoscenza) felicissime, che fanno ridere, a volte spietate ma sempre spontanee, rivelatrici della mentalità e del modo di concepire l’esistenza in quella isola remota lontana dalla modernità. Un’isola cruda, verde del verde irlandese e che appare quasi inospitale se non per i suoi abitanti e per i pochi animali che vagano tra i prati, i cortili e le case stesse, trattati come parenti. Fino al punto che Pádraic non disdegna, nonostante l’ira della sorella, di far entrare in casa il suo affezionato somarello Jenny, che lo segue dappertutto, anche quando si reca dall’amico che non vuole più ascoltarlo. Perfino di far accomodare, disperatamente solo, anche una delle sue tre mucche, allorquando Siobhán – che è l’unica che avverte lo squallore di quella vita isolata – lo abbandona avendo finalmente trovato lavoro altrove. Dialoghi - scritti con la maestria di un regista la cui cultura ha una evidente provenienza teatrale - efficacemente pungenti e dall’umorismo acido che divertono amaramente. La metafora, di cui il mio incipit, deriva da questa scrittura che è nello stesso tempo dramma e riflessione sui fallimenti dell’umanità. Pádraic sarà pure noioso, come accusa Colm, ma può bastare per chiudere un rapporto consolidato fatto di chiacchiere da bar per trascorrere pomeriggi e serate tra pinte di birra e canzoni del folklore celtico suonate al violino? Evidentemente no, ma in quel pezzo di terra in mezzo al mare succede e stimola una serie di azioni, tra autolesionismo e ripicche, che diventa una guerra senza fine. Perché se l’atto finale non raggiunge lo scopo completo vuol dire che il film finisce ma la vendetta no.

Il lavoro del direttore della bella e malinconica fotografia Ben Davis, unita alla meraviglia delle musiche di Carter Burwell, cattura la bellezza selvaggia del luogo mentre il regista si prende cura dei dettagli del periodo storico: un mondo quasi primitivo in cui l'elettricità non è ancora arrivata e la comunicazione avviene tramite lettere che possono richiedere settimane per raggiungere la loro destinazione. Che la negoziante apra abusivamente le lettere per restare sempre aggiornata sulle novità non fa altro che colorire ancora di più il quadro curioso (in tutti i sensi) ed esilarante della vita isolana. Quella vita in cui è fondamentale, nel piccolo villaggio, che tutti conoscano non solo il nome di tutti gli altri ma anche i loro affari, almeno per distrarsi dalla ripetitiva giornata di lavoro che prevede solo di prendersi cura delle fattorie e degli animali. Il tempo libero comprende soltanto suonare musica, leggere libri (ma lo fa solo Siobhán) e sedersi nell'unico pub, chiacchierando pigramente ai tavoli dove si commenta il nulla: l’unica vera notizia è, ora, l’inimmaginabile litigio scoppiato tra i due protagonisti. Martin McDonagh dà vita al film e all’isola con tale tanta forza che quel luogo travolge noi che guardiamo e coloro che ci vivono, che stanno attenti solo ad evitare di incrociare la nera Mrs. McCormick, la banshee che si aggira emanando sentenze e predizioni.

Film nichilista e annichilente (Siobhán al fratello: “Dice che sei noioso? Ma qui siete tutti noiosi!”) girato e scritto in continuità con lo stesso stile e stesso sguardo di In Bruges - La coscienza dell'assassino e Tre manifesti a Ebbing, Missouri, con un’ulteriore dimostrazione che oltre ad essere un ottimo sceneggiatore dimostra quanto sia abile a dirigere gli attori, sapendo metterli in risalto con ruoli di personaggi inconsueti e fuori norma, cattivi ma buoni nel cuore, sempre in crisi di identità, e facendoli esaltare nella recitazione. Ed infatti il regista contrappone due protagonisti con differenze ben chiare: Pádraic è un uomo scarsamente istruito, modesto, senza grandi pretese, che si accontenta della vita semplice che conduce vicino ai suoi affezionati animali, che aspetta solo le due del pomeriggio per bussare alla finestra dell’amico per andare al pub, che quando resta sconvolto dall’essere respinto, acuisce le rette convergenti delle sue scure e folte sopracciglia: chi non aveva intuito le grandi potenzialità di Colin Farrell aveva evidentemente sbagliato di grosso, perché lo si poteva capire già da diverso tempo, almeno almeno dai tempi del suo primo incontro con Yorgos Lanthimos. E difatti i riconoscimenti adesso cominciano ad arrivare. Di contro, Colm è un tipo più taciturno (ecco la contrapposizione di chi chiacchiera e chi no, forse in maniera noiosa?), ama e scrive musica, se si mette in testa di non rivolgere più attenzione all’amico lo fa davvero, fino alla fine, fino a compiere gesti impensabili: e qui Brendan Gleeson è maestro di espressività, un irlandese purosangue, capace di travestirsi da criminale o da uomo comune a seconda dei casi. A questi due va aggiunto di diritto un altro personaggio, il più fuori di testa di tutti (non succede anche negli altri film?) che il regista ama sempre inserire, tra il malato di mente e il depresso, per giunta nell’occasione tristemente trastullo del padre (poverino!) e un ruolo così non poteva che andare a Barry Keoghan, il giovin attore che spariglia ogni set ed ogni cast, con il suo innovativo modo di esprimersi, più col movimento del corpo che con la parola, e per giunta in maniera che non si capisce un accidenti a cosa miri: il suo Dominic è spiazzante, coerentemente sino alla sua fine. A parte la simpatica/odiosa figura dell’agente di polizia che abusa del potere ma si becca la meritata lezione al momento giusto (il Peadar Kearney di Gary Lydon), confesso che chi mi ha lasciato a bocca aperta è la superlativa Kerry Condon, la sfiduciata Siobhán Súilleabháin (che belli i nomi irlandesi e come si scrivono!): una interpretazione sbalorditiva, piena di forza attoriale, che riempie di energia ogni frase ed ogni sguardo, senza paura, e che agisce senza curarsi di essere una donna in un mondo così maschilista e retrogrado. È troppo avanti rispetto a quella marmaglia di ignoranti e lei sa come rappresentarla. Possibile che con la sua bravura sia rimasta sempre nei rincalzi di tanti film? Per me è in grado di reggere qualsiasi ruolo di primo piano. Applausi per Kerry Condon!
Sia chiaro, però: se il film è tutto questo, il merito è solo di uno e si chiama Martin McDonagh!

Riconoscimenti
Premio Oscar 2023:
Candidatura miglior film
Candidatura miglior regista a Martin McDonagh
Candidatura miglior attore a Colin Farrell
Candidatura miglior attore non protagonista a Brendan Gleeson
Candidatura miglior attore non protagonista a Barry Keoghan
Candidatura migliore attrice non protagonista a Kerry Condon
Candidatura migliore colonna sonora
Candidatura migliore sceneggiatura originale
Candidatura il miglior montaggio
Golden Globe 2023:
Miglior film commedia o musicale
Miglior attore in un film commedia o musicale a Colin Farrell
Migliore sceneggiatura
Candidatura migliore attrice non protagonista a Kerry Condon
Candidatura miglior attore non protagonista a Brendan Gleeson
Candidatura miglior attore non protagonista a Barry Keoghan
Candidatura miglior regista
Candidatura migliore colonna sonora originale












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