Gli Stati Uniti contro Billie Holiday (2021)
- michemar

- 8 nov 2022
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 18 nov 2023

Gli Stati Uniti contro Billie Holiday
(The United States vs. Billie Holiday) USA 2021 biografico 2h6’
Regia: Lee Daniels
Soggetto: Johann Hari(Chasing the Scream)
Sceneggiatura: Suzan-Lori Parks
Fotografia: Andrew Dunn
Montaggio: Jay Rabinowitz
Musiche: Kris Bowers
Scenografia: Daniel T. Dorrance
Costumi: Paolo Nieddu
Andra Day: Billie Holiday
Trevante Rhodes: Jimmy Fletcher
Garrett Hedlund: Harry Anslinger
Natasha Lyonne: Tallulah Bankhead
Da'Vine Joy Randolph: Roslyn
Tyler James Williams: Lester "Prez" Young
Rob Morgan: McKay
Dana Gourrier: Sadie
Evan Ross: agente Sam Williams
TRAMA: La vita della mitica Billie Holiday, una delle più grandi cantanti jazz di tutti i tempi, e la sua tormentata relazione con il successo, la dipendenza e l'amore.
Voto 6,5

Sugli alberi al sud crescono strani frutti
Sangue sulle foglie e sangue sulle radici
Corpi neri che oscillano alla brezza del Sud
Strani frutti che penzolano dai pioppi
Scena bucolica del valoroso sud
Gli occhi strabuzzati, la bocca storta
Profumo di magnolia dolce e fresco
Poi l'odore improvviso di carne bruciata
Ecco un frutto che i corvi possono beccare,
che la pioggia può raccogliere,
che il vento può portare,
che il sole può marcire,
che gli alberi possono lasciar cadere.
Ecco uno strano e amaro raccolto.

È il testo di Strange Fruit, incriminato per essere una canzone di protesta contro il linciaggio e l'uccisione di persone, in particolare uomini, rei soltanto di avere la pelle nera. Il brano fu scritto e composto da Abel Meeropol, un insegnante ebreo-russo del Bronx, membro del Partito Comunista degli Stati Uniti d'America, che quando vide la foto scattata da Lawrence Beitler del linciaggio di Thomas Shipp e Abram Smith a Marion (Indiana), ne ricavò un'impressione talmente forte che non riuscì a dormire per giorni; scrisse quindi la poesia Bitter Fruit che musicò egli stesso in seguito, dopo che nessuno se ne era voluto occupare. È il brano che, una volta inserito nel suo meraviglioso repertorio, Billie Holiday portò al successo. Il film non è la storia della canzone, ma fu così importante nella vita anche artistica della cantante che nella trama assurge al ruolo di personaggio importante. Diretto da Lee Daniels (autore del bellissimo e straziante Precious) e sceneggiato dal Premio Pulitzer Suzan-Lori Parks, il film infatti racconta una storia impensabile agli occhi di oggi ma realmente accaduta negli Stati Uniti, nazione in grado di tormentare qualcuno solo per aver cantato una canzone. Quella canzone. Non tollerata dal razzismo ancora imperante in quegli anni, per cui il potere bianco, tramite l’azione della FBI e del suo dipartimento della narcotici, cercò con ogni mezzo di vietarle l’esecuzione in pubblico e il pretesto per arrestarla più volte fu il possesso e l’uso di eroina, a volte fattale trovare addosso anche con la collaborazione del marito. Il film, più esattamente, segue la mitica cantante durante la sua carriera mentre viene presa di mira con un'operazione sotto copertura condotta dall'agente federale nero Jimmy Fletcher, con cui ebbe una relazione tumultuosa. Non viene trattata l’intera vita di Billie Holiday, vero nome Eleanora Fagan, ma solo le vicende che l'hanno vista protagonista negli anni Quaranta/Cinquanta. L'artista, famosa in tutto il mondo, divenne infatti il capro espiatorio del governo americano nella battaglia contro la droga, da cui la cantante era dipendente.

La scelta di Lee Daniels è quella di seguire due binari non paralleli ma spesso intersecanti, dal momento che da una parte illustra la vita artistica della grande cantante, caratterizzata dal successo e dai tanti affezionati (bianchi e neri) che la seguivano in ogni teatro d’America, mai frenata però dalla sua tossicodipendenza dall’eroina, piuttosto invece dalle sofferenze private di una vita sentimentale alquanto agitata con un marito che la picchiava per imporre le proprie scelte e dall’attrazione incostante con uno dei personaggi del film, appunto Jimmy Fletcher. Dall’altra, la pressante, soffocante e continua presenza dell’FBI che cercava la minima giustificazione per poter mettere le manette ai polsi della donna. Queste operazioni erano coordinate dal cagnesco e impassibile Harry Anslinger che non mollava mai la presa sulla sua preda prediletta e mediante la collaborazione di quell’agente, tra l’altro nero, che, travestito da soldato, la avvicinò come fan innamorato e riuscì ad avvicinarsi fino al punto di diventarne amante, perlomeno saltuario. Il compito affidato a questi non fu svolto nei migliori dei modi perché l’agente era dibattuto tra il dovere e il sentimento che provava verso la donna e per questo fu prima redarguito e poi accantonato dal suo capo. Il quale, alla fine, riuscì ad ottenere l’impensabile collaborazione del marito della donna, uomo che spariva e ricompariva a seconda dei propri interessi. Tra queste due tracce, quasi sempre coincidenti, il film si dipana tra scene di litigi, abbandoni alla dea liquida che si iniettava nelle vene, sesso subito ma scoperto come atto d’amore solo con Jimmy, e qualche sprazzo di ricordi dell’infelice infanzia, quando la madre, prostituta, la obbligò al mestiere a soli 10 anni.

Ovviamente, il pezzo forte del film sono i concerti, nei club e nei grandi teatri, a cominciare da quel Cafè Society, al Greenwich Village, uno dei pochi locali in cui i neri potevano sedere al fianco dei bianchi, in cui Billie una sera decise di cantare la canzone di Abel Meeropol. Poi, per sfuggire alle grinfie malevoli dei federali, cominciò a girare tutta l’America, specialmente quella degli stati del sud dove il dolore del razzismo e del linciaggio era ancora vivo e dove era attesa da migliaia di fans. Canzoni stupende, strumentisti di qualità, a cominciare dal giovane e stimatissimo Lester Young - il cui soprannome Prez fu dato proprio da Billie – che in seguito diventerà uno dei più grandi solisti di sassofono e dette l’avvio prima al celebre bepop e poi al cool jazz. Ogni volta, però, in mezzo al numerosissimo pubblico, una presenza costante, quella dei poliziotti o di qualche agente che controllava se nella scaletta veniva inserito il brano vietato e se l’emissario Jimmy assolveva al compito assegnato o tradiva il Bureau per amore. In effetti erano entrambi nei guai.

Il genere drammatico del biopic ha una lista lunga nella storia del cinema, in special modo per i musicisti, e la maggior parte non sono memorabili e ciò accade per svariati motivi: o perché si eccede nella glorificazione con un’opera dichiaratamente agiografica o perché l’autore punta su qualche aspetto della vita dell’artista trascurandone altri importanti, o per scarso rigore narrativo. Cosa che a Lee Daniels succede spesso: qui aveva a disposizione una figura immensa, quella di una cantante dalla voce unica e irripetibile, ma come spesso gli succede è farraginoso, caotico, poco ordinato, pur avendo allungato il film a più di due ore (fenomeno frequente nei biografici). I personaggi, per sua sfortuna, sono tanti e non è semplice stare dietro a tutti e forse non sono neanche tanti (di)spiegati e presentati bene. Per sua fortuna, invece, ha trovato una interprete coi fiocchi: Andra Day è bravissima sia come attrice che come vocalista. Prima di tutto perché lei è in realtà una cantante prestata al cinema e poi perché è davvero talentuosa anche nel recitare. Per forza di cose ha dovuto lavorare sulla sua voce per adeguarsi ad un personaggio ingombrante e impegnativo come Billie Holiday e quindi, gioco forza, l’ha dovuta imitare. Il che non è stato del tutto antipatico o insopportabile (la grande jazzista non è replicabile, ovviamente) perché le si è avvicinata parecchio e se si prova a sentire di seguito l’una e l’originale – con tutto il rispetto e le distanze artistiche esistenti – si può notare come raramente capiti una tale somiglianza. Certo, di più non si poteva attendere e quindi va doverosamente accettata l’eccellente prova dell’attrice come cantante. Perché è davvero brava. I risultati per lei non si sono fatti attendere e sono arrivate la vittoria ai Golden Globe come miglior attrice drammatica e la candidatura agli Oscar del 2021.
Nel complesso, nessun appassionato di cinema si aspetta mai molto da Lee Daniels, che non ha mai ripetuto la consistenza di quel Precious su citato.

Tornando al film, il finale è molto drammatico e, oltre a mostrarci la fine della breve vita di questa donna toccata dal talento unico ma sfortunata nel percorso umano, risultano efficaci i filmati d’epoca dei suoi funerali, seguiti da quella della premiazione del tenace dirigente federale da parte di John Kennedy e dalla foto del passionale Jimmy Fletcher (un buon Trevante Rhodes, rivelatosi con Moonlight di Barry Jenkins).
Billie Holiday è morta il 17 luglio 1959: aveva 44 anni. Gli agenti della narcotici dichiararono di averle trovato addosso dell'eroina (infilata infatti nella tasca della vestaglia dal marito in ospedale!) e la arrestarono mentre stava morendo.
Harry Anslinger rimase commissario dell'agenzia federale per i narcotici fino al suo pensionamento, all'età di settant'anni. Jimmy Fletcher provò rimorso per le azioni compiute lavorando per il suo superiore e per il governo degli Stati Uniti fino al giorno della sua morte nel 1978.
La canzone Strange Fruit di Billie Holiday entrò nella Grammy Hall of Fame. La rivista Time l'ha dichiarata canzone del secolo.
Per grazia di Dio, nel febbraio del 2020 la proposta di legge contro il linciaggio è stata presentata al Senato americano e solo il 22 marzo del 2022 il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, con la vicepresidente Kamala Harris, ha firmato la legge che lo ha reso finalmente un reato federale. Era ora!

Riconoscimenti
Premio Oscar 2021
Candidatura miglior attrice a Andra Day
Golden Globe 2021
Migliore attrice in un film drammatico a Andra Day
Candidatura migliore canzone originale






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