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Gomorra (2008)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 9 giu 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 16 mag 2023


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Gomorra

Italia/Belgio 2008 gangster 2h17’


Regia: Matteo Garrone

Soggetto: Roberto Saviano (romanzo)

Sceneggiatura: Maurizio Braucci, Ugo Chiti, Gianni Di Gregorio, Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Roberto Saviano

Fotografia: Marco Onorato

Montaggio: Marco Spoletini

Musiche: Massive Attack

Scenografia: Paolo Bonfini

Costumi: Alessandra Cardini


Toni Servillo: Franco

Gianfelice Imparato: don Ciro

Maria Nazionale: Maria

Salvatore Cantalupo: Pasquale

Gigio Morra: Iavarone

Salvatore Abruzzese: Totò

Marco Macor: Marco

Ciro Petrone: Ciro (detto Pisellino)

Salvatore Ruocco: Boxer

Carmine Paternoster: Roberto

Gaetano Altamura: Gaetano

Italo Renda: Italo

Simone Sacchettino: Simone

Vincenzo Fabricino: Pitbull

Salvatore Striano: scissionista

Vincenzo Bombolo: Bombolone

Alfonso Santagata: Dante Serini


TRAMA: Tra Scampia, Aversa e Casal di Principe, cinque storie di quotidiano orrore. Un ragazzino entra a far parte della manovalanza criminale; un "ragioniere" della camorra tocca con mano la violenza vera; un sarto provetto "sgarra" collaborando con i cinesi; i traffici di un manager dello smaltimento dei rifiuti tossici; due "irregolari" sognano di emulare Tony Montana, ma le combinano troppo grosse.


Voto 8

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Un film bellissimo che non ha eroi, solo vittime. La narrazione segue cinque filoni che sono nello stesso calderone ma seguono storie differenti: il gigantesco traffico dei rifiuti tossici, l’industria della moda con la produzione sotterranea, gli adolescenti che pensano di essere duri e sognano di prendere un giorno il posto dei camorristi a livello locale, i bambini che vogliono essere gangster da grandi e l’immancabile business della droga.

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Più che avere riferimenti a Il Padrino di Coppola, i tanti personaggi sembrano emuli di Scarface di De Palma. Gira molto denaro ma non c’è una sola scena in cui si possa vedere persone che vivono una vita agiata: il lusso è quello che cercano, anche a costo della vita. Anzi, la morte è dietro ad ogni angolo che li aspetta. Matteo Garrone utilizza uno stile quasi documentaristico e disadorno, snello, efficiente, senza inquadrature ad effetto: è la sostanza quella che conta. Egli costruisce i tanti personaggi, ci illustra i loro piani e problemi quotidiani, mostra perché devono uccidere o essere uccisi, mentre li ascoltiamo parlare molto di fiducia e rispetto, ma nella sostanza si vede poco di entrambe.

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L’inizio dà l’impressione di un film di fantascienza, con camorristi sotto la lampada solare che pare una capsula spaziale, le tute degli operatori dei rifiuti tossici che paiono quelle degli astronauti, paesaggi deserti e lunari di fabbriche dismesse, fosse gigantesche che servono per seppellire i rifiuti tossici delle fabbriche del nord Italia che paiono crateri giganteschi di lontani pianeti. La Napoli panoramica che conosce il mondo turistico sembra di un altro mondo. I personaggi si aggirano tra gli enormi palazzoni delle “vele” di Scampia, con tanti corridoi, appartamenti, ragazzi che sorvegliano, che si fronteggiano, che fanno viaggiare le dosi di droga. Personaggi importanti e secondari, manovali e contabili, rotoli di banconote che cambiano mano. La camorra sembra una forma di schiavitù, con i signori che ereditano i loro lavoratori, che il codice dell'omicidio e la sua applicazione tengono in riga.

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Ma ciò che colpisce duramente è l’assenza dell’idea del futuro, la mancanza della speranza se non quella di godere il momento, l’affare che si può concludere e in alcuni casi, come il sarto che ha una buona occasione con i cinesi che lavorano di notte nei sotterranei, pensando di farla franca. In un posto dove a farla franca è impossibile. O come don Ciro (uno straordinario Gianfelice Imparato), un uomo che vorrebbe essere invisibile per poter compiere tranquillamente le sue funzioni di contabile e pagatore della manovalanza dall’aria vagamente eduardiana, che si illude di essere immune dalla violenza altrui. O come Ciro che si sente impunito e potente con un’arma automatica tra le mani, ma che finisce miseramente come tanti altri.

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Il film ha molte sequenze con cui si può rappresentare nella memoria collettiva, ma quella in cui i due ragazzotti sparano a volontà sulla spiaggia seminudi è forse la più rappresentativa: il nulla davanti e la miseria umana sulle spalle, per finire poi miseramente sotto la sabbia.

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Riconoscimenti

Golden Globe 2009:

Candidatura miglior film straniero

David di Donatello 2009:

Miglior film

Miglior regia

Migliore sceneggiatura

Miglior produttore

Miglior canzone

Miglior montaggio

Miglior montaggio

Festival di Cannes 2008:

Gran Premio della Giuria

Premio Arcobaleno Latino


 
 
 

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