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Gone Baby Gone (2007)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 29 mar 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 14 giu 2023


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Gone Baby Gone

USA 2007 thriller poliziesco 1h54’


Regia: Ben Affleck

Soggetto: Dennis Lehane (romanzo)

Sceneggiatura: Ben Affleck, Aaron Stockard

Fotografia: John Toll

Montaggio: William Goldenberg

Musiche: Harry Gregson-Williams

Scenografia: Sharon Seymour, Chris Cornwell

Costumi: Alix Friedberg


Casey Affleck: Patrick Kenzie

Michelle Monaghan: Angie Gennaro

Morgan Freeman: Jack Doyle

Ed Harris: Remy Broussard

Robert Wahlberg: det. O'Malley

Amy Ryan: Helene McCready

John Ashton: Nick Raftopoulos (Poole)

Amy Madigan: Beatrice McCready

Titus Welliver: Lionel McCready


TRAMA: Una bambina di quattro anni è stata rapita nel quartiere di Dorchester, uno dei più rinomati per tasso di criminalità di Boston. I detective privati Patrick Kenzie e Angie Gennaro inizialmente rifiutano di occuparsi del caso, ma l'insistenza della zia della bimba fa loro cambiare idea. Le ricerche li condurranno a rischiare tutto, compresa la vita e il loro rapporto affettivo.


Voto 8

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La carriera di Ben Affleck come regista inizia con il botto, con un film lontano da ciò che ci si poteva attendere dalla sua bella prestanza fisica e quindi dopo i premi, gli elogi e l’Oscar (con Matt Damon) per lo script di Will Hunting eccoci davanti alla sua fiammeggiante opera prima. Opera prima sì, ma ad oggi, dopo le sue prime quattro regie ed una annunciata e dopo l’Oscar per Argo (vedi recensione), a volte penso che questo primo film sia e rimanga per adesso la sua opera migliore. Perché sorprendente da un giovane (allora) attore bello e prestante, da chi aveva vinto premi però da sceneggiatore con il suo amico di sempre, perché rimane un film ad alto tasso drammatico nell’ambito di un thriller poliziesco che fa tremare i polsi per intensità ed emozione.

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Sarà stato anche merito del romanzo di partenza di Dennis Lehane, già autore di successo per i libri portato sullo schermo come capitato con Mystic River e Shutter Island, (lui è nato a Dorchester, che è un quartiere di Boston, proprio di svolgono i fattacci di questo film ed ha preso il suo toponimo dalla cittadina inglese di Dorchester nella contea del Dorset, da dove gran parte dei coloni puritani che fondarono la città partirono nel XVIII secolo), sarà che la tragica storia narra di uno dei tantissimi bambini spariti nel nulla, sarà tutto quello che vogliamo, ma un fatto è certo: che Ben Affleck scrive (sia pure a quattro mani con Aaron Stockard) una buonissima sceneggiatura e poi dirige alla grande, come un esperto cineasta, un bellissimo film che si guarda col fiato sospeso.

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Che la vicenda si svolga a Boston, città d’adozione di Affleck è un vantaggio per lui: conosce bene l’ambiente e lo descrive benissimo come un regista consumato e ci catapulta presto nel buio della storia in quel quartiere di Dorchester appunto. Sin da questa sua prima esperienza, lui, accusato sempre dalla critica feroce di essere un attore inespressivo, sbalordisce con la saggezza con cui sa scegliere gli attori per questa storia di degrado, confezionando un sorprendente lavoro di casting con facce segnate profondamente da una periferia abbandonata a se stessa, “dove la vita di un bambino vale meno di una lattina di birra”.

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Una bimba di quattro anni rapita, quindi, rapita ma per cosa è un mistero e non si sa da chi e per quale scopo visto che la madre è una cocainomane alcolizzata e il padre una persona inconsistente. La polizia, aggiungiamo, non vuole intralci nelle indagini ma deve chinare il capo di fronte alle decisioni della famiglia della bimba, specialmente della zia, decisa a ingaggiare una coppia di detective, affiatata nel lavoro così come nella vita privata, Patrick e Angie. È qui che si affaccia alla ribalta come attore di riguardo il fratellino di Ben, sì, quel Casey Affleck che così inizia ad affermarsi da protagonista sofferto come gli viene bene e abituale, che si era già distinto nel formidabile L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford uscito lo stesso anno.

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Una tragedia cupa, dai ritmi lenti, dalla sofferenza che traspare dai visi sia degli individui loschi sia da chi indaga, davanti a scelte difficili da affrontare, in una Boston nera per colore e per l’anima di chi abita nella periferia paludata dalla cattiveria. Sembra un normale film poliziesco e invece è un baratro scuro abitato da un’umanità senza scrupoli, che non trova e non cerca la luce. La tensione è crescente e se non tende mai a calare è perché il giovane detective Patrick non molla mai la presa, fino a sacrificare il suo futuro e i suoi affetti. Perché quando ci si trova davanti alle scelte morali e definitive ognuno di noi deve prendere la strada giusta, quella che non può evitare. “Ho sempre pensato che sono proprio le cose in cui non abbiamo scelta a farci diventare quello che siamo: l’ambiente, la famiglia, la città”.

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Un colpo allo stomaco, durante e nel finale. Casey Affleck? Beh, solo chi lo ha conosciuto qui non si è meravigliato dell’Oscar guadagnato nel 2017.


Riconoscimenti

2008 - Premio Oscar

Candidatura alla miglior attrice non protagonista ad Amy Ryan

2008 - Golden Globe

Candidatura alla miglior attrice non protagonista ad Amy Ryan



 
 
 

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