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Gorky Park (1983)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 22 mar 2023
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 16 mag 2023


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Gorky Park

USA 1983 poliziesco 2h8’


Regia: Michael Apted

Soggetto: Martin Cruz Smith (romanzo)

Sceneggiatura: Dennis Potter

Fotografia: Ralf D. Bode

Montaggio: Dennis Virkler

Musiche: James Horner

Scenografia: Paul Sylbert

Costumi: Richard Bruno


William Hurt: Arkady Renko

Lee Marvin: Jack Osborne

Brian Dennehy: William Kyrwill

Joanna Pacuła: Irina Asanova

Ian Bannen: procuratore capo Jamskoj

Michael Elphick: Pasha

Rikki Fulton: maggiore Pribluda

Ian McDiarmid: professor Andreev

Alexey Sayle: Theodor Golodkin


TRAMA: Nel parco Gorky, a Mosca, vengono scoperti tre cadaveri irriconoscibili. L'ispettore della polizia criminale Arkady Renko conduce l'inchiesta e finisce per convincersi che nell'omicidio sia implicato il KGB. Ritrovato un paio di pattini per ghiaccio che lo conducono a Irina, siberiana ed ex dissidente, Renko sospetta che il legame tra questa e i tre cadaveri sia l'uomo d'affari Jack Osborne. Ma dietro a tutto si profila un traffico illecito di zibellini.


Voto 8

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Il film inizia in modo avvincente e molto misterioso: tre giovani si allontanano dalla folla durante un festival invernale al Gorky Park di Mosca e poco dopo vengono trovati uccisi. Chissà perché e da chi. Il detective della polizia Arkady Renko (William Hurt) è il primo a giungere sulla scena e scopre che i corpi coperti di neve sono stati orribilmente mutilati con le dita tagliate e i volti spellati in modo che non possano essere riconosciuti dalle vittime. Questo lo porta ad interessare un suo caro amico, un patologo che riesce abilmente a ricreare i loro lineamenti facciali usando la pelle sintetica. In un paese e in un sistema politico in cui tutti sono giustamente paranoici, Renko inizia a sospettare che addirittura il KGB possa essere dietro gli omicidi e lui, che non ha mai avuto un buon rapporto con i servizi segreti, cerca di incastrarli come una specie di capro espiatorio. Pian piano si affaccia un gruppo variegato di personaggi, più o meno interessati e anzi implicati nella complicata faccenda.

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Una è Irina Asanova (la bellissima Joanna Pacula al suo debutto sullo schermo), un'affascinante amica delle vittime. Renko fa fatica a convincerla che i suoi compagni sono morti, poiché le era stato assicurato da Jack Osborne (Lee Marvin) che erano fuggiti in esilio con il suo aiuto. Ecco un altro misterioso e complesso personaggio, un ricco uomo d'affari americano ben collegato con le persone che contano nell’ambiente politico, uomo che si occupa di un lucroso commercio di pellicce di zibellino, animale rarissimo che questi esporta illegalmente negli USA. Renko sospetta immediatamente che Osborne - con i suoi alleati nelle forze dell'ordine sovietiche da lui ben remunerati - sia in qualche modo legato agli omicidi. La curata sceneggiatura di Dennis Potter qui compie un ottimo lavoro di dialoghi ogni volta che i due si incontrano, facendo diventare ogni loro colloquio un duello ingegnoso di frasi pungenti, eufemismi dialettici, ponendoli nella posizione che l’uno ha capito molto dell’altro senza mai rivelarsi completamente. Però, più Renko si dedica a risolvere il crimine, più si rende conto che sta mettendo in pericolo la propria vita. Trova un imprevisto alleato in un agente americano giunto sul posto, William Kirwill (Brian Dennehy), un detective che si trova a Mosca per cercare di risolvere l'omicidio di suo fratello, che era una delle tre vittime. Insieme iniziano a sbrogliare una rete intricata di corruzione, inganno, tradimento e altri omicidi: la verità che viene a galla mostra una macchia criminosa che si va allargando oltre ogni previsione.

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Sotto l'occhio vigile di Lenin, il detective Renko guida la sua piccola Lada attraverso una Mosca innevata. È il 1983 e la cortina di ferro è ancora in piedi. In un momento in cui il silenzio e il consenso possono salvare vite umane, lui fa l'esatto contrario. Parla, indaga e non si ferma neanche davanti ai nomi eccellenti dell’apparato intoccabile. La bravura di Michael Apted è quella di saper catturare questa atmosfera fredda e sommessa in un mondo meraviglioso ma tanto diverso dall’occidente. Cappelli di pelliccia, auto di fabbricazione esclusivamente sovietica e tanta neve contribuiscono a mostrare una gelida Mosca, bianca per la neve ma grigia e plumbea per l’atmosfera. Ma sono soprattutto i dialoghi sommessi che rendono la capitale dell'Unione Sovietica un luogo sgradevole. Nessuno si fida l'uno dell'altro. Dal punto di osservazione dello spettatore, le conversazioni tra agenti di polizia e uomini del KGB sono estremamente interessanti ma non viene detto altro che lo stretto necessario. In quell'atmosfera, Renko deve cercare il suo assassino ricevendo poco aiuto, è praticamente solo e abbandonato al suo pericoloso destino. Solo il suo capo diretto, il procuratore Jamskoj (Ian Bannen) è disposto a sostenerlo, ma con molta cautela, senza esporsi troppo. Con queste pochissime certezze, il detective inizia la sua indagine andando a cascare in un pozzo nero che sarebbe stato meglio lasciare coperto.

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La trama è ingegnosa e scritta benissimo sia nel libro che nella scrittura del film e, con intenzionalità lampante, fino alla fine non è chiaro chi sia responsabile di cosa e perché, e nessuno di noi, al termine della visione, è sicuro di aver inteso tutto, di aver chiarito ogni dubbio. Ma d’altronde, il bel cinema è anche questo, gli appassionati dei mistery sanno bene che un thriller d’inchiesta è quello che riguarda il lavoro di indagine pura, il passo dopo passo meticoloso, dall’apertura dei casi sino alla conclusione, ma non sempre i crimini vengono risolti. Ma è davvero la “soluzione” il punto? O sono le “procedure” il modo per studiare la natura umana sotto stress, per vedere come funziona una società dall'interno verso l'esterno o dal basso verso l'alto? Ciò che incanta dei racconti di Sherlock Holmes (che amo alla follia) non è il suo ineguagliabile metodo, basato sul principio: osservare, concatenare, dedurre?

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La straordinarietà del romanzo di Martin Cruz Smith proviene dal fatto che, al momento della pubblicazione, eravamo nel 1981, era incentrato sui sotterfugi all'interno del sistema delle forze dell'ordine sovietiche ed era ambientato principalmente a Mosca. Michael Apted aveva sperato di poter essere la prima grande produzione di uno studio di Hollywood a girare all'interno dell'Unione Sovietica, ma non sorprende che gli fu rifiutato a causa della storia che trattava di corruzione sistemica in ogni strato del governo. E allora il regista optò per una soluzione più comoda decidendo di girare in Finlandia e in Svezia, entrambe convincenti luoghi per sostituire l'URSS. Il vero ostacolo, invece, era trasformare il lungo e complesso romanzo in una sceneggiatura per un film di durata ragionevole, un compito non facile e, sebbene il film abbia una durata di 128 minuti, ci sono ancora alcune parti della storia che non sono sufficientemente approfondite per essere facilmente comprese. Ma la bellezza del film, della trama avvincente e la bravura degli attori fanno volare il tempo.

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Per William Hurt fu la definitiva consacrazione in questo personaggio testardo e volitivo, forse un po’ legnoso, ma è quella l’impronta che volle dargli. Dopo i buoni risultati ottenuti con i film precedenti (tra cui amo senza limiti il bellissimo Uno scomodo testimone), questo è certamente la conferma delle sue eccellenti qualità. Ma è anche uno degli ultimi film del grande Lee Marvin che per il ruolo del rude, spietato e duplice affarista americano afferma ancora una volta come sia predisposto per certi personaggi sporchi e cattivi. A parte la bellezza fulminante di Joanna Pacula, è Brian Dennehy colui che spesso ruba la scena, con la sua notevole presenza fisica. E che meraviglia il personaggio di Pasha? Lo interpreta magnificamente Michael Elphick.

Bellissime molte sequenze, ma il finale è memorabile, con i poveri e piccoli spaventati animali che riconquistano la libertà nello splendido paesaggio del bosco innevato, mentre più di un corpo rimarrà senza vita.

Bel film, bellissimo film!

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Riconoscimenti

Golden Globe 1984:

Candidatura migliore attrice non protagonista Joanna Pacula

BAFTA 1985:

Candidatura miglior attore non protagonista Michael Elphick


 
 
 

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