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Hope (2019)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 14 dic 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 2 giu 2023


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Hope

(Håp) Norvegia/Svezia/Danimarca 2019 dramma 2h5’


Regia: Maria Sødahl

Sceneggiatura: Maria Sødahl

Fotografia: Manuel Alberto Claro

Montaggio: Christian Siebenherz

Scenografia: Jørgen Stangebye Larsen

Costumi: Ellen Dæhli Ystehede


Andrea Bræin Hovig: Anja

Stellan Skarsgård: Tomas

Elli Rhiannon Müller Osbourne: Julie

Alfred Vatne: Erlend

Steinar Klouman Hallert: Simon

Daniel Storm Forthun Sandbye: Isak

Dina Enoksen Elvehaug: Ada

Gjertrud L. Jynge: Vera

Einar Økland: Martin

Eirik Hallert: Henrik

Johannes Joner: Frans


TRAMA: Cosa accade in amore a una donna di mezza età a cui vengono diagnosticati solo tre mesi di vita? La quarantatreenne Anja vive con Tomas in una grande famiglia fatta di figli e figliastri. Con il passare degli anni, la coppia è diventata molto indipendente ma quando Anja scopre il giorno prima di Natale di avere un cancro terminale al cervello tutto è destinato a cambiare per sempre.


Voto 7,5

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Anja (Andrea Bræin Hovig) e Tomas (Stellan Skarsgård), i protagonisti del commovente film di Maria Sødahl - regista norvegese con qualche film ben considerato soprattutto in patria – sono molto impegnati nelle loro carriere artistiche nella danza e nel teatro (l’una coreografa, l’altro regista) tanto da viaggiare spesso e lasciarsi per qualche settimana. La loro struttura familiare mista è complicata ma molto unita, come mai si potrebbe immaginare, con due figli piccoli e una figlia adolescente dalla loro stessa unione e altri tre figli adulti dal matrimonio precedente di Tomas. Siamo in prossimità delle festività di Natale e i preparativi, ovviamente, fervono. Lei è da un po’ di tempo che non si sente bene, con problemi alla vista che la inducono a rispondere al cellulare senza poter leggere il chiamante. Ha superato da non molto una brutta malattia, il tumore ai polmoni tipico dei fumatori. Ora è felice di aver superato quel grosso ostacolo e si sta dedicando con ardore alla sua attività. Qualcosa, però, non va al meglio. Infatti, il medico la chiama dopo un controllo e le dà una diagnosi terribile: ha un tumore incurabile al cervello, scaturito, forse per metastasi, da quello precedente curato con successo l'anno precedente. Donna forte che ha compensato in casa un marito spesso assente e maniaco del lavoro, Anja continua la sua vita rifiutandosi di dire ad alcuno, tranne che a Tomas, cosa stia succedendo. I giorni seguenti metteranno alla prova la forza della loro relazione più di ogni altra sfida che hanno affrontato.

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L’abbattimento mentale della donna è devastante, le ripercussioni sul compagno si manifestano con dolore e totale abbandono del suo lavoro, per dedicare tutte le sue forze fisiche e affettive alla donna che sa amministrare con sapienza una famiglia così numerosa, perfino allargata per la frequente presenza di altre coppie di varia coniugazione di genere. Quando sono insieme nessuno viene trascurato, l’armonia è regina, l’amore vaga fra tutti. Solo ora la mamma, che tratta come propri anche i figli del marito, è diventata nervosa, isterica e, con i farmaci prescritti, iperattiva, che non la fanno dormire e litiga continuamente con buon Tomas, che sopporta con pazienza, perfettamente consapevole del compito che gli spetta. Deve averla tradita quando era in giro per l’Europa, e forse anche lei, ma ora, a sorpresa e prima del necessario e pericoloso intervento chirurgico per l’asportazione dell’ospite del cranio (tipo “sbucciare una cipolla”) lui le fa una proposta sbalorditiva. Sono una gran bella famiglia ma il 1° gennaio, giorno del compleanno di Anja e Capodanno, lui la vuole finalmente sposare! Cosa che la fa arrabbiare di più, giudicandola un atto pietoso, come un ultimo saluto, dato che la speranza (Håp, Hope) di sopravvivenza decretata dagli oncologi è minima. Litigi, discussioni inutili, equivoci, solo qualche momento di bonaccia, mentre il mare è sempre in tempesta.

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Qualche cinefilo del mio minimo livello ha descritto questo racconto drammatico “patetico e stucchevole, strappalacrime”: nulla di più sbagliato. È vero, poteva esserlo, ed invece la scrittura dei dialoghi, la recitazione indescrivibile di due attori meravigliosi (sembra essere a teatro), Andrea Bræin Hovig (mamma mia, che brava!) e Stellan Skarsgård (mai visto in un ruolo del genere sviluppato) grande interprete, che lavora sugli sguardi, i silenzi comprensivi, gli abbracci che ammorbidiscono la durezza sopraggiunta della futura moglie. Viene spontaneo applaudire a scena aperta e non solo a loro due. Tutto l’entourage dei giovani interpreti dei figli è una sorpresa che incanta: anche loro ricambiano l’affetto ricevuto a piene mani dai genitori con candore e sincerità, in particolare l’ottima giovanissima Elli Rhiannon Müller Osborne (Julie). Un dramma che coinvolge a patto che ci si addentri in quella famiglia, che si comprenda quella paura che impadronisce un ammalato grave, che si accettino i momenti di euforia e di pessimismo, che si apprezzi come ci si può volere bene in ogni momento della vita, che non è sempre una passeggiata, vero?

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Maria Sødahl è davvero brava e competente a seguire con la macchina a mano i movimenti delle sue pedine, molto compenetrati nei vari ruoli, con un occhio consapevole. Per un semplice motivo, che poi potrebbe anche essere uno spoiler, ma questo non inficia nulla, non cambia di una virgola la passione con cui si può vedere il film. L’esperienza della protagonista è la sua, è lei stessa che ha vissuto qualche anno terribile per una malattia che è riuscita a superare per, immagino, gli stessi motivi medico-scientifici che vengono spiegati con calma nella pellicola. Una narrazione perfino allegra in molti momenti, ma anche straziante e controllata insieme, in cui giganteggia la Andrea Bræin Hovig, perfettamente accompagnata dalla prova di controcanto attonito e sotterraneo del sorprendente Stellan Skarsgård.

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Clima glaciale norvegese e calore umano a iosa, mentalità aperta per ogni tipo di relazione e franchezza nei rapporti tra le persone, fotografate con taglio naturalistico da Manuel Alberto Claro (collaboratore abituale di Lars von Trier), mentre la regia di Maria Sødahl evita scene madri e spiega con i giusti toni una tragedia personale e familiare. Persino negli aspetti psicologici, allorquando la coppia cerca disperatamente uno specialista che consigli loro come comunicare la brutta novità ai tanti figli e conoscenti.


Applausi!



 
 
 

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