House of Gucci (2021)
- michemar

- 24 apr 2022
- Tempo di lettura: 8 min
Aggiornamento: 21 mar 2024

House of Gucci
USA/Canada 2021 biografico 2h38’
Regia: Ridley Scott
Soggetto: Sara Gay Forden (libro)
Sceneggiatura: Becky Johnston, Roberto Bentivegna
Fotografia: Dariusz Wolski
Montaggio: Claire Simpson
Musiche: Harry Gregson-Williams
Scenografia: Arthur Max
Costumi: Janty Yates
Lady Gaga: Patrizia Reggiani
Adam Driver: Maurizio Gucci
Jeremy Irons: Rodolfo Gucci
Al Pacino: Aldo Gucci
Jared Leto: Paolo Gucci
Jack Huston: Domenico De Sole
Salma Hayek: Giuseppina Auriemma
Reeve Carney: Tom Ford
Camille Cottin: Paola Franchi
Mehdi Nebbou: Said
Miloud Mourad Benamara: Omar
Livio Beshir: Stall Street Holder
Vincent Riotta: Fernando Reggiani
Gaetano Bruno: Franco
TRAMA: Sul finire degli anni Settanta, Patrizia Reggiani, una outsider di umili origini, sposa Maurizio Gucci, rampollo della nota maison di moda italiana. La sua sfrenata ambizione innescherà una pericolosa spirale di tradimenti, decadenza, vendetta e persino morte.
Voto 6

La storia della maison Gucci è molto più di questo film, è molto più di questo lussuosissimo cast e del rinomato regista, perché è anche vero che la figura centrale di Patrizia Reggiani (“Signora Gucci!”, come tiene a precisare al giudice del tribunale che poi l’ha condannata a 29 anni di carcere) domina da cima a fondo la lunga serie di vicende che Ridley Scott vuole raccontare. Senza questa donna, Gucci sarebbe “solo” (per modo di dire) una importantissima firma del made in Italy famosa in tutto il mondo per i prodotti di alta qualità, ma siccome il pubblico, specialmente quello italiano, ama la cronaca (vera, nera, rosa), ecco che questa storia diventa l’ideale trama di un film. Che sa di imprenditoria, di moda, di fashion, ma per via degli eventi è diventata cronaca nera, anzi nerissima, che andava maturando giorno dopo giorno a causa dei rapporti sempre più rovinati tra i due protagonisti: Patrizia Reggiani e Maurizio Gucci.

È talmente figura centrale la donna che - personaggio essenziale per dare senso all’intero film - come persona si è fatta sentire prepotentemente e con il solito stile irruente ai margini del set, quando, indispettita (è davvero indomabile!), si è fatta intervistare dai microfoni dell’ANSA per dirne quattro alla produzione e in particolar modo a Lady Gaga: “Sono alquanto infastidita dal fatto che mi stia interpretando senza neppure avere avuto l'accortezza e la sensibilità di venire ad incontrarmi”, perché per lei, secondo i suoi motivi di buon senso e rispetto “ogni bravo attore deve prima conoscere dal vivo il personaggio che va a interpretare.”. Giusto o sbagliato, ma solo dal punto di vista tecnico (questa è una scelta artistica che spetta solo al regista), è evidente come questa signora si voglia imporre in ogni momento della vita, sua e degli altri. E il film ce lo spiega doviziosamente, in più di due ore e mezza, dal momento che l’obiettivo della macchina da presa è puntato quasi costantemente sul suo viso: una donna che sin dal primo momento, quando era una semplice impiegata nella piccola ditta di autotrasporti del padre, in occasione di un party viene in contatto con quel giovanottone dal sorriso stampato sulla faccia, Maurizio Gucci, studente di giurisprudenza ed erede di una quota del 50% dell’impresa, e decide immediatamente che, nonostante la differenza sociale, sarà il suo uomo e non tanto perché si sia innamorata, quanto perché – questa è stata l’impressione immediata – lei vorrà diventare la assoluta manager della casa di moda. Che, va ricordato, era nata dalle idee del fondatore Guccio Gucci specializzato in valigeria e pelletteria e dalla lungimiranza imprenditoriale del figlio maggiore Aldo che, nel 1938, ha l’ardire di aprire un negozio in via Condotti a Roma, inserendosi immediatamente nel mercato del lusso con uno slogan tanto efficace quanto ardito: “La qualità si ricorda, il prezzo si dimentica”.

Osteggiata dal futuro suocero Rodolfo, il quale reagisce malamente allontanando il figlio, la Reggiani non conosce ostacoli proseguendo il percorso che si è prefissata: diventa la signora Gucci e comincia a metter becco in ogni importante decisione riguardante il piano aziendale, non mette limiti alla sua capacità di shopping, prende in mano le redini della ditta e diventa mamma di due figli. Quando, come raccontano le cronache del tempo, rosa e giudiziarie, il marito uscì di casa – alla stessa stregua di chi va a comprare le sigarette in Brasile - per non farsi più vivo pochi giorni dopo aver rincontrato una vecchia amicizia, Paola Franchi, le mandò a dire per interposta persona che voleva divorziare. Arrendersi? Mai e poi mai! L’ascesa che aveva progettato sin dalla sera del primo incontro non poteva arrestarsi davanti ad una rivale e perdere il potere economico e l’azienda di famiglia non era ammissibile per ciò che voleva attuare e per l’assoluto egocentrismo e arrivismo che l’ha animata da sempre. L’ultima scenata di rifiuto da parte di Maurizio, che le risponde scostante e seccato, non ammettendo repliche invitandola a rassegnarsi, fa scattare l’ira e la voglia di vendetta accecante che la assale. Spinta dalla nuova amicizia, la fattucchiera Pina Auriemma, assieme a quest’ultima prende contatto con due sicari per far assassinare il marito. Nessun pentimento, nessun ripensamento, solo una feroce rivalsa che la fa sentire appagata. Dopo due anni, a seguito di una intercettazione telefonica tra l’imbonitrice e un portiere d’albergo, gli inquirenti risolsero le indagini arrestando e facendo condannare a lunghe pene detentive le donne e uno dei killer, mentre l’esecutore materiale fu giudicato degno dell’ergastolo. In mezzo a questa lunga storia tutti gli avvenimenti e gli avvelenamenti mentali all’interno della coppia, le cattive vicissitudini dell’azienda Gucci, i bilanci che andavano sempre peggio – Maurizio fu certamente un pessimo imprenditore -, gli interventi di società di investimenti mediorientali, le alterne fortune di Aldo e Paolo Gucci: un romanzo quasi ottocentesco pieno di personaggi e rapporti dinastici che andavano su e giù come su una montagna russa, di gente che è andata alla malora dopo una vita da jet set internazionale, di vacanze lussuose, di auto dai prezzi insostenibili, opere d’arte seminate per la casa.

Il regista si sofferma non poco per spiegare il rapporto malsano tra le donne, la Reggiani e la Auriemma e soprattutto l’influenza della seconda che ha avuto sull’altra, e solo in un’intervista successiva, ad un talkshow americano, Lady Gaga ha rivelato ulteriori particolari tra i due personaggi femminili, come per esempio il legame anche erotico che ne era scaturito, ma le scene di sesso sono poi state tagliate in sede di montaggio. Per mettere in scena tutto ciò ci voleva un regista esperto e di lungo corso, uno appunto come Ridley Scott, che su questo piano è un maestro. Meno, forse, su quello della gestione dei personaggi, cosa che può far amare il film o renderlo insopportabile. Per capirci, il regista ha puntato su figure caricate al massimo della molla, variopinti nel carattere e nel modo di vivere, diciamo pure sopra le righe, quasi come delle maschere, ma ciò che fa più impressione è la maniera con cui li ha fatti parlare. Ogni personaggio si esprime con un inglese da “brockolino”, come quello che parlavano i mafiosi italiani nel quartiere di Brooklyn, col chiaro intento – per come l’ho inteso io – di farli parlare in inglese con marcatissimo accento italiano. Una lingua maccheronica forse funzionale ma che ovviamente nel doppiaggio italiano va alle ortiche.

La sensazione che si prova durante la visione del film è che sembra tutto finto, come le borsette contraffatte ma targate Gucci che campeggiano nei mercatini in una sequenza e che il figlio del capostipite, Aldo, considera buona pubblicità. Sembra tutto finto ma forse è ciò che Ridley Scott cercava davvero di portare sullo schermo, cioè il tarocco di un blockbuster. Con un cast stellare come questo, lui produce una storia che ha le sembianze dell’assurdo, del paradossale: anche se è tutto vero e veramente accaduto, Scott forza la mano ed esagera volutamente nei personaggi e nei dialoghi, perfino nelle situazioni narrative. Se nel contemporaneo The Last Duel (entrambi i film portano infatti la medesima data) si cita una trama epica medievale in cui tutto sembra leggenda, in questo caso il soggetto reale fornisce l’occasione per una narrativa che ha del fantastico in sé, con la figura centrale di una donna che prende iniziative difficilmente logiche, che nessuno immaginerebbe mettere in pratica. È impressionante come la Patrizia Reggiani affronti la vita con la testardaggine che l’ha sempre mossa, spinta fino ad una soluzione omicida che non avrebbe mai portato a cavarsela. Queste considerazioni potrebbe dare l’idea di un giudizio molto positivo sul film ed invece dà l’impressione che sia l’ennesima operazione non riuscita di Scott da Tutti i soldi del mondo in poi: una serie di film molto al disotto rispetto ai livelli a cui ci aveva abituati. Diciamolo chiaramente: i tempi di Blade Runner e de I duellanti (il mio preferito in assoluto) sono lontanissimi. Se non portasse la sua firma e non fosse recitato da attori di grandissima fama sarebbe stato un film di secondo piano. Troppo spesso, ultimamente, Ridley Scott sforna solo roba non eccelsa. Non per questo si può affermare che sia una delusione, però ci va vicino. Piuttosto, fa specie pensare che una storia così assurda sia accaduta realmente. Eppure, è successo tutto sul serio, persino che la protagonista si sia messa completamente nelle mani di una chiromante che cercava di sbarcare il lunario con una rubrica su una televisione locale. A furia di chiamarla in diretta televisiva per chiedere se i tarocchi le aprivano speranze sulla sua situazione familiare (e finanziaria), si è affidata totalmente e si è fidata di lei per contattare un paio di sbandati abituati a guadagnarsi da vivere con crimini di varia natura, pagandoli a peso d’oro.

Gli attori sono molto in gamba, su questo non ci sono dubbi. Adam Driver (Maurizio) è bravissimo a vestire i panni di un uomo goffo fino all’inverosimile e con un sorriso ebete stampato perennemente sul volto: ogni cosa a cui si interessava falliva miseramente, era un incapace. Al Pacino (Aldo) va a nozze con il ruolo di un italiano affarista e chiacchierone; Jared Leto (Paolo) è un capitolo a sé, tanto è irriconoscibile e nascosto dal trucco: il suo istrionismo è lasciato dal regista libero di esprimersi e lui galoppa come un cavallo di razza. Tra il subdolo Jack Huston, il giogioneggiante Jeremy Irons e Salma Hayek che carica fortemente la sua Pina, sempre tutti bravi, chi davvero giganteggia è Lady Gaga. Ci eravamo tutti accorti che fosse brava ma non finisce mai di dimostrarlo: è fantastica, è un’attrice nata e non so se lei lo sapeva già da prima del successo di A Star Is born. È lei la stella del firmamento. Superlativa!


Sono stati realizzati molto bene gli ambienti di quegli anni, anzi si legge che la casa di moda ha collaborato con la produzione e ha dato loro pieno accesso ai propri archivi per il guardaroba e gli oggetti di scena. Bel colpo. Buonissima la fotografia e ottimi i costumi, sicuramente tutti griffati, che gli attori indossano con la classe che li contraddistingue, tralasciando ovviamente quelli di Paolo / Jared Leto che è un discorso a parte (ma è sicuro che sia lui?).
È da tempo che da Ridley Scott non mi attendo nulla di speciale, oramai va avanti con un nome che gli si permette tutto, compreso i capitali necessari e il cast che gli serve, perché partecipare ai suoi film è un bollino d’onore per chiunque: questo è sicuramente un buon prodotto ma nulla di eccezionale. Più bravi gli attori del film.

Notizie sulle locations: le riprese principali sono iniziate a Roma e poi diverse scene sono state girate nelle città di Gressoney-Saint-Jean e Gressoney-La-Trinité, in particolare nelle Alpi italiane della Valle d'Aosta, che sono state utilizzate per ricreare il complesso turistico di St. Moritz dove si svolgono le prime schermaglie tra i due protagonisti. Sempre a Roma, nello scenografico Quartiere Coppedè sono state girate le scene dell'omicidio. Altre riprese si sono svolte anche in altre nostre località come Firenze, il lago di Como (alla Villa del Balbiano) e Milano. Alla fine il set è tornato a Roma per girare scene in Via Condotti, dove l’intraprendente Aldo aveva aperto la famosa boutique per lanciarsi nel mercato alto.
Lungo è lungo, roba da farci una miniserie.
Riconoscimenti
2022 – Premio Oscar
Candidatura per il miglior trucco e acconciatura
2022 – Golden Globe
Candidatura alla migliore attrice in un film drammatico a Lady Gaga
2022 – Premio BAFTA
Candidatura al miglior film britannico
Candidatura alla migliore attrice protagonista a Lady Gaga
Candidatura al miglior trucco e acconciatura






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