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I cento passi (2000)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 15 ott 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 7 mag 2023


I cento passi

Italia 2000 biografico 1h54’


Regia: Marco Tullio Giordana

Sceneggiatura: Claudio Fava, Marco Tullio Giordana, Monica Zapelli, Vanda Vaz

Fotografia: Roberto Forza, Stefano Paradiso

Montaggio: Roberto Missiroli

Musiche: Giovanni Sollima

Scenografia: Franco Ceraolo

Costumi: Elisabetta Montaldo


Luigi Lo Cascio: Peppino Impastato

Luigi Maria Burruano: Luigi Impastato

Lucia Sardo: Felicia Bartolotta

Paolo Briguglia: Giovanni Impastato

Tony Sperandeo: Gaetano Badalamenti

Andrea Tidona: Stefano Venuti

Claudio Gioè: Salvo Vitale

Domenico Centamore: Vito

Ninni Bruschetta: Anthony

Paola Pace: Cosima

Pippo Montalbano: Cesare Manzella


TRAMA: Negli anni Settanta chi fondava una radio privata e sfotteva i poteri forti rischiava, a Milano o a Roma, un'irruzione della polizia. A Cinisi, Sicilia, la posta in gioco era diversa, era la morte. Peppino Impastato gioca la propria scommessa fino in fondo: figlio di un mafioso di piccolo cabotaggio, nega il sistema di valori paterni e si rifiuta di percorrere "i cento passi" che separano la sua casa da quella di Tano Badalamenti, il boss che può decidere il suo destino.


Voto 7,5

Chi era questo coraggioso giovanotto della provincia siciliana di cui per anni non si è mai parlato? Il 9 maggio del 1978, mentre l’Italia è sotto shock per il ritrovamento del cadavere del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro in via Caetani a Roma dopo 55 giorni di prigionia, in un paesino della Sicilia affacciato sul mare muore dilaniato da una violenta esplosione un giovane che milita nella sinistra extraparlamentare e che, come molti suoi coetanei, si batte contro la mafia che uccide la sua terra e i suoi sogni. Il suo nome è Giuseppe Impastato, meglio noto come Peppino, e la sua storia passa praticamente inosservata fino a quando, dopo oltre 20 anni, Marco Tullio Giordana non realizza un film che viene presentato con successo al Festival di Venezia e rende popolare la figura di questo personaggio scomodo, anche grazie alla straordinaria interpretazione di un giovanissimo, esordiente Luigi Lo Cascio, che brucia lo schermo con una forza dirompente.

È la storia di un ragazzo che ha respirato l’aria del ’68 ed è cresciuto sfidando le regole imposte dalla mafia, pur appartenendo a una famiglia mafiosa. Nel corso degli anni il suo dissenso trova espressione attraverso un circolo culturale, un giornale e soprattutto Radio Out, un’emittente libera dove Peppino dà libero sfogo al suo umorismo dissacrante, contrapponendosi alla “cultura del silenzio” con le armi dell’ironia, dell’irriverenza e dell’immaginazione. La sua è una storia emozionante e per certi versi esemplare, in cui si intrecciano impegno civile e umori generazionali, conflitti famigliari e criminalità organizzata, furori pasoliniani e movimentismo giovanile.

Marco Tullio Giordana si ispira alla filmografia di Francesco Rosi e al miglior cinema hollywoodiano “di denuncia”, utilizzando efficacemente l’effetto nostalgia, anche attraverso la musica “evocativa” dei Procol Harum, l’immortale A Whiter Shade of Pale [annotazione personale: è la mia suoneria]. Quando irrompe durante i funerali, l’effetto è emotivamente devastante, almeno per me. Il risultato è un film che col passare degli anni si è imposto come un autentico cult. Un film sulla mafia certo, ma anche sul conflitto padri-figli e soprattutto “un film sull’energia, sulla voglia di costruire, sull’immaginazione e la felicità di un gruppo di ragazzi che hanno osato guardare il cielo e sfidare il mondo nell’illusione di cambiarlo”, come ha dichiarato lo stesso regista. E per finire una curiosità: “Non ci sono davvero cento passi per andare da casa di Peppino a quella del boss: si tratta solo di attraversare la strada. La mafia è ancora più vicina di quanto sembra. Eppure quella distanza, anche se minima, segna un abisso tra due mentalità opposte.” Parole del fratello Giovanni Impastato.

Peppino era nato a Cinisi il 5 gennaio 1948 in una famiglia mafiosa. Il cognato del padre era il boss Cesare Manzella, poi ucciso nel 1963. Il giovane a 15 anni ruppe i rapporti col genitore e venne cacciato di casa. Sin da ragazzo avviò un’intensa attività politica e culturale incentrata sull'antimafia. Nel 1965 fondò il giornalino “L’idea socialista” e aderì al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Dal 1968 il suo attivismo lo portò in prima linea nelle battaglie dei disoccupati e dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo, nel territorio di Cinisi. Dopo aver costituito il gruppo “Musica e cultura” che organizzava cineforum, dibattiti e concerti, Impastato nel 1977 fondò Radio Aut, un’emittente radiofonica libera con cui denunciava in maniera spesso irriverente gli affari illeciti dei mafiosi locali, in particolare del boss Gaetano Badalamenti, da lui ribattezzato “Tano Seduto”. Il programma più seguito era “Onda pazza a Mafiopoli”, trasmissione satirica in cui Peppino sbeffeggiava mafiosi e politici. Nel 1978 Peppino Impastato si candidò nelle liste di Democrazia Proletaria alle elezioni locali, ma dopo numerose minacce, a pochi giorni dal voto venne ucciso nella notte tra l'8 e il 9 maggio. Il suo corpo venne posizionato sui binari della ferrovia Trapani-Palermo e fatto saltare con una carica di tritolo, per inscenare un suicidio nel tentativo di distruggerne anche l’immagine pubblica. Alle elezioni, qualche giorno dopo, gli elettori di Cinisi votarono comunque il suo nome, riuscendo a farlo eleggere, seppur simbolicamente, come consigliere comunale. Il delitto, subito accreditato come tentativo di atto terroristico o suicidio dagli investigatori, venne poi ribaltata dall'inchiesta del giudice Rocco Chinnici dalla quale è scaturito il processo concluso con la condanna all'ergastolo di don Tano Badalamenti, il boss di Cinisi che Impastato attaccava e derideva dai microfoni della radio.

E pensare che Marco Tullio Giordana non pensava minimamente di stare a girare un film che avrebbe creato un mito, anzi all’inizio doveva essere soprattutto funzionale alla sua carriera di regista legata alla storia italiana recente e nelle sue intenzioni c’era la voglia di mostrare come il ’68 avesse inciso nella carne, nel sangue, nella concezione della famiglia in Sicilia. Poi il personaggio, la sua forza incredibile, la sua capacità di coinvolgere, hanno fatto il resto, conquistando il pubblico.

Nel 2000 Peppino Impastato non era conosciuto e neanche Luigi Lo Cascio: oggi il primo è il personaggio che tutti portiamo nel cuore, mentre il secondo è diventato l’attore che tutti amiamo, uno dei migliori in assoluto che abbiamo in Italia.

Golden Globe 2001

Candidatura miglior film straniero

Festival di Venezia 2000

Miglior sceneggiatura

Candidatura per il Leone d'oro a Marco Tullio Giordana

David di Donatello 2001

Migliore sceneggiatura

Miglior attore protagonista a Luigi Lo Cascio

Miglior attore non protagonista a Tony Sperandeo

Migliori costumi

David scuola a Marco Tullio Giordana

Candidatura miglior film

Candidatura miglior regista

Candidatura miglior produttore

Candidatura miglior fotografia

Candidatura migliore fonico di presa diretta

Candidatura miglior montaggio


 
 
 

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