Il giorno dell’incontro(2023)
- michemar

- 6 giu
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 14 ago

Il giorno dell’incontro
USA 2023 dramma 1h48’
Regia: Jack Huston
Sceneggiatura: Jack Huston
Fotografia: Peter Simonite
Montaggio: Joe Klotz
Musiche: Ben MacDiarmid
Scenografia: Pete Zumba
Costumi: Christopher Peterson
Michael C. Pitt: Mikey Flannigan
Ron Perlman: Stevie
Nicolette Robinson: Jessica
John Magaro: Patrick
Steve Buscemi: Colm, zio di Mikey
Joe Pesci: Tony, padre di Mikey
Anatol Yusef: Saul
Kat Elizabeth Williams: Sasha
Lemarcus Fletcher: Cameron Williamson
TRAMA: Il giorno del suo primo incontro di boxe dopo essere uscito di carcere, l’ex pugile di caratura mondiale Mikey Flannigan vaga per le strade di New York in cerca di redenzione. Si rimette in contatto con le persone a lui più care di una volta e cerca di sistemare i danni che ha commesso in passato.
VOTO 8

Per un pugile vero, professionista o meno, ma vero sin nell’intimo, che ha conosciuto solo la boxe, la vita è una serie di rounds, uno dopo l’altro per arrivare all’ultima ripresa ancora in piedi e possibilmente vincitore. Marchiato sul corpo e sul viso, ma vincitore. In fondo, anche la vita di ognuno è fatta di tappe, piacevoli o dolorose, l’importante è arrivare in piedi e con la convinzione di aver fatto tutto il possibile per sentirsi a posto con la coscienza, sportiva e personale.
Mikey “The Irish” Flannigan (Michael Pitt), il pugile di origini irlandesi che si è fatto un nome a livello mondiale e si è rovinato la vita con gli eccessi, è un ex campione assoluto dei pesi medi talmente caduto in disgrazia per i propri demeriti che è finito in prigione dopo aver mandato in malora una bellissima moglie ed una bambina, ora adolescente, una carriera favolosa, una serie di affetti parentali e amicali. Tutto, perché sbandato, alcolizzato, autore di un omicidio stradale dove è morto un ragazzino. Una volta uscito dal carcere ha deciso, nonostante l’impietosa diagnosi di un aneurisma nel cervello che può essere fatale al primo colpo ricevuto alla testa e che quindi gli chiude la strada ad un eventuale ritorno sul ring, di porre rimedio, una volta per tutte, alle malefatte. Ha deciso di compiere quello che forse sarà il suo ultimo passo al fine di aggiustare una vita sbagliata, di ripagare chi gli ha voluto bene (la moglie e la figlia in primis) ma anche chi non gli ha dato quell’affetto di cui aveva bisogno, a cominciare dal padre.
Ed inizia, la mattina dell’incontro - che incredibilmente il buon Stevie (Ron Perlman), il manager ed allenatore di sempre, è riuscito a combinare con il campione in carica, Cameron Williamson - a compiere una sorta di Via Crucis fermandosi alle Stazioni delle persone a lui care, a cominciare dallo zio Colm (Steve Buscemi) che nel frattempo ha conservato l’anello della mamma morta suicida nella casa di famiglia dove il padre Tony (Joe Pesci) imperava con l’unico metodo che conosceva: la violenza patriarcale. Quell’anello servirà a ricavare almeno 10.000 dollari che scommetterà presso l’ebreo Saul, gestore della lavanderia, sulla sua vittoria, per devolvere il ricavato alla famiglia che ha abbandonato anni prima. Le soste della riparazione prevedono la visita al suo amico d’infanzia Patrick (John Magaro), ora parroco, a cui si rivolge in una confessione per ammettere i suoi peccati d’egoismo che lo hanno allontanato da tutti. Che abbia trascurato il padre è comprensibile, ma andrà anche da lui nel ricovero per anziani dementi e solo da lui si lascerà andare in (rim)pianto per l’occasione di felicità familiare sprecata dalla violenza domestica. È in quella anomala confessione che il personaggio ci si svela in pieno, è in questa occasione che capiamo non solo i suoi errori (ammessi) ma anche le cause che lo hanno indotto a diventare quello che è oggi.
No, oggi non è più, anzi, non vuole essere più e deve rimediare, deve chiedere scusa a tutti e deve lasciare le cose a posto, deve mettersi a posto nella coscienza dando la possibilità alla moglie e alla figlia di guardare al futuro con maggiori possibilità. Chissà, forse solo ora riuscirà a scrivere la lettera alla sua bimba che ha tante volte iniziato fermandosi sempre e solo al primo rigo. Solo Stevie lo ha protetto in questo periodo e lo ha atteso, dandogli l’ultima chance, l’ultimo incontro, quello che potrebbe portarlo nella storia della boxe, unico scopo della vita. Ma l’avversario è pressocché imbattibile mentre a lui basterà un solo colpo alla testa e quel bastardo aneurisma gli farà chiudere gli occhi. Ma ora soddisfatto e riparatore, in ginocchio davanti alla sua amatissima Jessica (Nicolette Robinson) per un nostalgico lunch assieme, un bacio sfiorato, una corsa per giungere in tempo per salutare Sasha prima che entri a scuola (come sta facendo tutti i giorni, all’insaputa della mamma), il suo giaccone regalato ad una ragazzina infreddolita lasciata fuori di casa dalla madre che intanto “riceve” un cliente, e poi via di corsa vero l’agognato Madison Square Garden per vincere. Anche la scommessa. Anche gli errori. Anche la diffidenza di chi non crede più in lui.
Sarà sicuramente un po’ retorica ma è la consueta sequela di addii dei drammi già segnati, dei pentimenti, dei tardivi ravvedimenti e momentanei ricongiungimenti, delle occasioni sprecate, mentre l’eroe negativo, che sta invece assumendo la forma positiva, si avvia mestamente ma a testa alta verso la sua crocifissione, sapendo che, dopo la Via Crucis, l’attende la Resurrezione. Magari qui e lì. Il calvario, la tomba e la pietra che si sposterà sono qui, sul ring, tra dodici corde che chiudono un quadrato inesorabile dove si regolano i conti sportivi e della vita, dei muscoli e della morale, mentre intorno la folla aizza o soffre, come Stevie che ha preparato una strategia per sconfiggere anche i pronostici.
C’è chi ha scritto che chi dice che la boxe è una metafora della vita non sa niente della boxe ed ha capito poco anche della vita. E continua affermando che non c’è niente in comune tra la boxe e la vita, anzi, la boxe è proprio la vita come non dovrebbe andare. Nella vita si evita il dolore, nella boxe gli si va incontro. Giusto come fa Mikey, che va deciso verso il suo destino incontrando le antiche conoscenze che ha messo da parte ed ogni incontro diventa un round da regolare, fino a quello finale sul ring contro una persona che non conosce, l’unico sconosciuto a cui va incontro. Va incontro nel giorno stabilito per chiudere i conti, come quando i giudici a bordo ring emanano il loro punteggio e quindi il verdetto. Campione del mondo, ancora una volta, oppure steso sul tappeto, come sul letto alla pari della prima inquadratura, dove il redivivo Michael Pitt è irriconoscibile perché il tempo è passato e perché il trucco previsto gli ha ingrandito il naso da pugile. Mai visto in un ruolo così drammatico, mai visto recitare così bene, da grande attore.
Più si avvicina l’orario del match e del finale, più gli passano nella mente, in un montaggio sempre più frenetico, le immagini della neonata Sasha, della Jessica affettuosa, della madre con la pistola in mano seduta sul letto, del padre insoddisfatto, della guida sotto l’effetto della sbornia, del ragazzino steso sull’asfalto: come una lista dei peccati da confessare a Patrick, il quale, perfino lui, ha scommesso sul suo knock out alla 5.a ripresa. Solo Stevie crede il lui e lo incoraggia dal corner nonostante la faccia tumefatta e sanguinante. Jessica, trepidante, dopo un’emozionante esibizione al piano bar di una struggente versione di Have You Ever Seen the Rain? (accipicchia che interpretazione!), è anche lei davanti alla TV, dopo aver ricevuto dall’ex compagno il foglietto della scommessa che potrebbe riscuotere in caso di vittoria. Hai mai visto la pioggia in una giornata di sole?
Someone told me long ago
There’s a calm before the storm
I know it’s been comin’ for some time
When it’s over so they say
It’ll rain a sunny day
I know shinin’ down like water
[Qualcuno mi ha detto molto tempo fa
che c’è la calma prima della tempesta
So che è in arrivo per un po’ di tempo
Quando sarà finita, così dicono
Pioverà in un giorno di sole
Lo so, splendendo come fosse acqua]
In un sorprendente bianco e nero, degno dei migliori film drammatici sportivi degli anni 40/50, l’esordiente (regista e sceneggiatore) Jack Huston, nipote di un nonno altisonante, stila un’opera di debutto oltreché sbalorditiva. Confesso di aver iniziato a guardare il film – non conoscendolo – con molta diffidenza quando poi all’improvviso mi si è accesa la lampada dell’attenzione e mi son seduto meglio, anzi ho ricominciato daccapo per capir meglio i primi personaggi e poi sono rimasto agganciato ed estasiato. Da dove è scaturita questa storia, dove ha imparato l’attore ora regista e sceneggiatore a mettere la macchina da presa al posto giusto? Cosa ha detto a Michael Pitt per istigarlo a recitare così bene? Da dove proviene il suo soggetto? Ma dov’è stato fino adesso, solo a interpretare film o covava da tempo il progetto?
Il film è potente, lancinante, appassionante, ed è interpretato da tutti in maniera magnifica, nessuno escluso, anche da parte di chi ha avuto più che un cameo, come Joe Pesci e Steve Buscemi. Figure spiegate benissimo, ognuna dai contorni precisi anche se in scena per pochi minuti, con un’attenzione estrema per disegnare il carattere complesso del protagonista, a cui Pitt risponde con trasporto, intensamente e portando sullo schermo una performance da grande attore maturo. Il ruolo della vita, verrebbe da dire. Ed inoltre, e non è affatto trascurabile, le scene sul ring sono finalmente vera boxe, come mai si vede al cinema, neanche da parte dei più celebrati registi che non hanno mai filmato il pugilato come davvero è in realtà. Qui succede ed è persino verosimile. Grande anche la prestazione del buon Ron Perlman, in un ruolo a lui congeniale.
La colonna sonora non è solo quella di Ben MacDiarmid ma è costituita da una lunga lista di titoli pop, rock, blues, funky, jazz, che accompagna nelle cuffiette il protagonista lungo la giornata fatidica: il giorno dell’incontro, che sarà la fine o il principio di una nuova era, per lui o per chi resta.
Michael Pitt è sublime, mai visto così, incastonato nel chiaroscuro bellissimo (che contrariamente al solito diventa colore solo nei ricordi) di Peter Simonite, una perla in più per un film emozionante, che colpisce tra inferno, riscatto, possibilità, redenzione. Sì, certo, è uno schema noto e ripreso più volte, ma bisogna anche saperlo far bene.

Che esordio per Jack Huston!
Film passato inosservato in Italia, inspiegabilmente trascurato.






















































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