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Speak No Evil - Non parlare con gli sconosciuti (2024)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 1 giu
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 3 lug

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Speak No Evil - Non parlare con gli sconosciuti

(Speak No Evil) USA, Croazia, Canada 2024 horror 1h50’

 

Regia: James Watkins

Soggetto: Speak No Evil (film di Christian Tafdrup)

Sceneggiatura: James Watkins

Fotografia: Tim Maurice-Jones

Montaggio: Jon Harris

Musiche: Danny Bensi, Saunder Jurriaans

Scenografia: James Price

Costumi: Keith Madden

 

James McAvoy: Patrick “Paddy” Field

Mackenzie Davis: Louise Dalton

Scoot McNairy: Ben Dalton

Alix West Lefler: Agnes Dalton

Aisling Franciosi: Ciara

Dan Hough: Ant

Kris Hitchen: Mike

Motaz Malhees: Muhjid

 

TRAMA: Una famiglia viene invitata da amici occasionali a trascorrere il fine settimana in un’idilliaca casa di campagna. Quello che doveva essere un weekend da sogno, diventa presto un vero e proprio incubo psicologico. E non solo.

 

VOTO 6


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Riprendendo quasi alla pari il film omonimo di Christian Tafdrup di due anni prima, James Watkins – autore di Bastille Day - Il colpo del secolo e della fortunata serie Black Mirror – porta la storia in terra britannica. Come nell’originale danese, durante una vacanza in Italia la coppia americana che vive a Londra, Louise e Ben Dalton, e la loro figlia preadolescente Agnes incontrano e stringono amicizia con la coppia britannica dallo spirito libero Paddy e Ciara e il loro figlio Ant. Una volta tornati a casa, tra Louise e Ben non mancano rancori striscianti maturati negli ultimi tempi e sono ancora in disaccordo sulla disoccupazione di lui e sull’infedeltà di lei.



Quando arriva una lettera degli inglesi che li invita nella loro remota fattoria nel Devon, decidono, con qualche dubbio ma molte speranze per rilassarsi e rappacificarsi, di accettare sognando che il cambio di scenario sia un bene per loro come coppia in crisi e per Agnes, che soffre di ansia ed è troppo affezionata a un coniglietto di peluche di nome Hoppy.



Arrivati alla fattoria, Louise, Ben e Agnes vengono accolti calorosamente, ma man mano che trascorrono più tempo assieme iniziano a innervosirsi per strani avvenimenti e comportamenti passivo-aggressivi da parte dei padroni di casa, che a volte oltrepassano i confini della buona convivenza. Louise, tra l’altro, è anche turbata dal trattamento troppo severo degli amici nei confronti del loro Ant, che appare spesso bloccato e terrorizzato, affetto da un grave problema fisico alla lingua.



Parallelamente al film originale (a volte sembra un rifacimento molto fedele e la variazioni sono minime, tranne che nel finale), la situazione peggiora continuamente intervallando, con sollievo degli ospiti, momenti di serenità, mai sicuri, però, che fanno sperare che tutto possa procedere al meglio: anche se l’apprensione li attanaglia sempre. Fino a quando subiscono un grave sgarbo ai danni della piccola Agnes: decidono all’istante, nottetempo, di fuggire, ma solo dopo qualche chilometro la bimba si accorge di non avere con sé l’indispensabile Hoppy! Il finale, come ci si attende, è un crescendo di guerriglia domestica. Come genere comanda.



Tre le differenze sostanziali con la versione danese. In primis, nell’ambito di un cast internazionale e molto più noto, con nomi ben conosciuti, la presenza di Mackenzie Davis e Scoot McNairy, ma soprattutto di un attore di primo livello come James McAvoy, attore in grado di interpretare al meglio ruoli drammatici e di supereroi. Ed infatti, utile all’uopo, eccolo presentarsi nel pieno vigore fisico come il suo X-Man. Vigoroso, muscolare, si toglie la maschera di buon ospite e gli indumenti per mostrarsi per colui che è in realtà: un maniaco esaltato che colleziona come trofei gli oggetti -principalmente orologi lussuosi – sottratti agli ignari ospiti precedenti. Sarà l’iniziativa dei due ragazzini, ormai alleati, a scoprire il museo malefico come prova della reale attività dei due coniugi inglesi.



Mackenzie Davis è adatta per l’impaurita e dubitante signora Louise e Scoot McNairy è, una volta tanto, un timido marito che deve essere spinto dalla consorte per prendere energia propositiva ad agire, mentre la conferma della forza poliedrica di James McAvoy viene fuori prepotente. Come nello Split di Shyamalan, trasforma il viso di bravo ragazzo in quello dello scatenato squilibrato che accoglie e agisce. Il suo Paddy ha due facce come quell’altro e non si sa mai quando avviene la transizione, non si riesce a capire quando fidarti e quando no, come capita ai tre malcapitati.  L’ambito di un contesto bucolico dell’idilliaca e remota campagna del Regno Unito diventa quindi una prigione infernale, un girone in cui il gioco ferale non prevede estranei superstiti, a meno che si trovi una via d’uscita e fuga.



L’altra differenza risiede nella location, passando dal territorio freddo e pragmatico nordeuropeo a quello della verde Britannia, con un logico cambio di carattere dei personaggi e di modi di intendere le relazioni familiari e i problemi della vita moderna. Louise ha rinunciato al suo dinamico lavoro americano per accontentare il marito in crisi di lavoro, per giunta moralmente abbattuto per le foto erotiche sullo smartphone della moglie. Chi soffre, ovviamente, è la piccola, ma mai come il “trofeo” Ant. Che è la chiave di lettura delle nefandezze commesse dalla coppia Paddy-Ciara.



La terza, fondamentale differenza non è rivelabile pena spoilerare il finale, che, va detto, ha un carattere più giustizialista rispetto all’altro film. Se il set dell’accalappiamento iniziale è invariato (la bell’Italia, la Toscana dei borghi, buon cibo e vino eccellente), James Watkins sceglie una modifica decisiva nella conclusione, vanificando quella originale che era da horror reale, purosangue, sadico, soddisfacente per la coppia manipolatrice.



Morale? Se proprio la si vuol cercare la si trova nella facile fiducia accordata ad estranei. Non poche volte, infatti, si può incappare nella trappola di chi aspetta al varco recitando gentilezza e ospitalità, quando dietro, invece, si nasconde il mostro. Ma non si può vivere nella totale sfiducia nel prossimo.

Film non memorabile, di ordinaria amministrazione.



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Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

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