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I padroni della notte (2007)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 5 gen 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 27 mag 2023


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I padroni della notte (We Own the Night) USA 2007 poliziesco 1h57'


Regia: James Gray Sceneggiatura: James Gray Montaggio: John Axelrad Fotografia: Joaquín Baca-Asay Musiche: Wojciech Kilar Scenografia: Ford Wheeler Costumi: Michael Clancy


Joaquin Phoenix: Robert 'Bobby' Green Mark Wahlberg: cap. Joseph 'Joe' Grusinsky Robert Duvall: vice capo Burt Grusinsky Eva Mendes: Amada Juarez Tony Musante: cap. Jack Shapiro Danny Hoch: Louis 'Jumbo' Falsetti Antoni Corone: Michael Solo Alex Veadov: Vadim Nezhinski Oleg Taktarov: Pavel Lubyarsky


TRAMA: New York, fine anni 80. Bobby è il manager di un night club alla moda di proprietà della mafia russa. Per non danneggiare la sua carriera in piena ascesa, Bobby è però costretto a nascondere i legami con la sua famiglia. Solo la sua ragazza Amada ne è al corrente: il fratello di Bobby, Joseph, e suo padre Burt appartengono entrambi alla polizia di New York. Ogni giorno lo scontro tra la mafia russa e il dipartimento di polizia diventa più duro, di fronte alle minacce che incombono sulla sua famiglia, Bobby sarà costretto a fare una scelta di campo.


Voto 7

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Con questo film, il talentuoso James Gray completa l’ideale trittico noir, iniziato con l’opera prima Little Odessa (recensione) e proseguito con il successivo The Yards (recensione). Se la continuità è ben rappresentata dai volti delle star Joaquin Phoenix e Mark Wahlberg – protagonisti anche del film precedente e con il primo continuerà anche con i successivi Two lovers (recensione) e C'era una volta a New York (recensione) – a marcare la personalissima visione d’autore di Gray sono ancora i luoghi natii della New York di periferia, in particolare il quartiere russo-ebraico di Brighton Beach, a sud di Brooklyn, la memoria dei ruggenti anni ottanta e una drammaturgia fondata sul contrasto tra legami familiari e affiliazioni criminali. Un classico tema di genere sviluppato, ancora una volta, dal regista e sceneggiatore con notevole respiro tragico.

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We Own the Night (La notte ci appartiene), il titolo originale del film, come dichiara l’insegna della polizia di New York: è la notte come un territorio di guerra da difendere contro l’invasione dell’eroina della mafia russa che si diffonde nelle strade a ritmo delle discoteche in cui si incontra ogni tipo di persone e nazionalità. Una di queste è di Bobby, figlio e fratello di poliziotti, il quale nasconde alle sue amicizie i legami familiari e a questi non rivela le pericolose amicizie che frequenta e con cui fa affari. Solo la sua bellissima ragazza Amada ne è al corrente. E come negli altri film, il tragico è in agguato, è il percorso a cui la trama tende, come sempre ne pregna il racconto, fino agli epiloghi inevitabili. Un finale di azione tra le canne, che nascondono e poco vogliono rivelare, dove il Bobby sporco cerca la redenzione.

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James Gray ha un suo marchio, ha un’idea di cinema che non tradisce mai, almeno in questo suo iniziale periodo di produzione, poi, in seguito, allargherà gli interessi verso ambienti differenti ma rimanendo sempre con una cifra stilistica molto personale, dove la personalità umana dei personaggi è preponderante con gli eterni interrogativi che si portano dietro e le perenni domande dell’esistenza, dei rapporti padre-figlio, dello spirito di intraprendenza che allontana dalla famiglia. Lo accompagna sempre l’incisività della fotografia che evidentemente ritiene essenziale per raffigurarci i suoi drammi e raccontare i visi che ama inquadrare, ma il suo cinema appassionato e appassionante è fatto principalmente di inquadrature, personaggi, stacchi di montaggio, movimenti di macchina. È così che ci porta dentro l’anima sia del suo cinema che degli individui che mette al centro delle opere. Quella che ci mostra è sempre l’umanità mediocre e colpevole, il dolore di anime lacerate dal conflitto tra etica personale e condizionamento degli affetti.



 
 
 

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