I predatori (2020)
- michemar

- 9 mag 2021
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 26 mag 2024

I predatori
Italia 2020 commedia drammatica 1h49’
Regia: Pietro Castellitto
Sceneggiatura: Pietro Castellitto
Fotografia: Carlo Rinaldi
Montaggio: Gianluca Scarpa
Musiche: Niccolò Contessa
Scenografia: Luca Merlini
Costumi: Isabella Rizza
Massimo Popolizio: Pierpaolo Pavone
Giorgio Montanini: Claudio Vismara
Pietro Castellitto: Federico Pavone
Manuela Mandracchia: Ludovica Pensa
Dario Cassini: Bruno Parise
Anita Caprioli: Gaia
Marzia Ubaldi: Ines
Nando Paone: Nicola Fiorillo
Antonio Gerardi: Flavio Vismara
Vinicio Marchioni: venditore di orologi
TRAMA: I Pavone e i Vismara sono due famiglie di estrazione completamente diverse. Agli antipodi sono nuclei apparentemente opposti che condividono la stessa giungla, Roma. Un banale incidente farà sfiorare quei due poli. E la follia di un ragazzo di 25 anni li farà collidere, scoprendo le carte per rivelare che tutti hanno un segreto e nessuno è ciò che sembra. E che siamo tutti dei predatori.
Voto 6,5

È mattino presto, il mare di Ostia è calmo. Un uomo bussa a casa di una signora: le venderà un orologio. Qualche giorno dopo, un giovane assistente di filosofia verrà lasciato fuori dal gruppo scelto per la riesumazione del corpo di Nietzsche. Due torti subiti.
Due famiglie apparentemente incompatibili: una borghese e intellettuale, proletaria e fascista l’altra. Nuclei opposti che condividono la stessa giungla, Roma. Un banale incidente farà collidere quei due poli. Al centro di tutto, quindi, due famiglie romane dei giorni nostri: i Vismara e i Pavone. I primi vivono a Ostia, trafficano in armi, i secondi sono borghesi colti e benestanti, vivono a Roma e sono sedicenti progressisti. Con un espediente di sceneggiatura, le due famiglie si trovano coinvolte nella medesima vicenda.
Pietro Castellitto, figlio d’arte, irrompe nel panorama del cinema con una interessante opera prima in cui disegna le due famiglie mescolando con una saggezza inaspettata sarcasmo e humour nero, creando così le premesse per un film che sa essere al contempo divertente e angosciante.
Dice lui: “Nietzsche è l’angelo custode del film, sono cresciuto leggendolo e mi ha cambiato la vita, facendomi arrivare prima a determinate cose; mi ha aiutato a essere me stesso in maniera più intensa e precoce. E la sua figura è essenziale in un’epoca come questa, governata dall’ipocrisia e dal perbenismo, ovvero tutto ciò contro cui lui ha combattuto.”

Come si può intuire sin dalle prime scene, Castellitto, parlando del filosofo a cui guarda, si ispira chiaramente a lui per il suo film d’esordio e per trattare del contenuto del film necessiterebbe prima di tutto parlare di filosofia e del pensiero nietzschiano. Ma siccome sono profondamente ignorante della materia non mi azzardo minimamente a farlo ed evito a piè pari di fare riferimenti e riflessioni in merito. Piuttosto sono attirato da alcuni aspetti dell’opera ed in particolare da due. In primis ciò che mi ha colpito è stata la sceneggiatura, che se in un primo momento può sembrare forzata o carica di colorazioni volgari e popolaresche, invece, una volta entrati nell’atmosfera del film, ci si accorge che è perfettamente integrata nel progetto complessivo. Oltre alle situazioni che possono parere surreali, è l’architettura della scrittura che colpisce e i dialoghi che ne derivano. Frasi volgari, epiteti, parolacce, sono i contorni che caratterizzano le scene in cui si sviluppa la quotidianità della famiglia Vismara, tra desideri di case da sogno e traffico di armi “abrasate”, tra cocomerate notturne utili a stabilire le priorità e anniversari festeggiati sul lungomare di Ostia. Nondimeno succede nell’altra famiglia, i Pavone, amici della coppia Parise: medici più che benestanti, seconde case in campagne lussuose, servitù di extracomunitari, in cui il figlio Federico fa ricerche di filosofia ma desidera realizzarsi a colpi di dinamite.

I dialoghi spiazzano e provocano reazioni cercate con intelligenza e humour nero e fanno sempre centro, ma nulla sarebbero se non ci fossero i personaggi adatti e perfettamente adeguati allo scenario. Cercare le differenze tra quelli di una e dell’altra famiglia è tempo sprecato: guardando a fondo, sono sullo stesso piano, sono simili, così simili che potremmo scambiarli, i borghesi a Ostia a trafficare armi, e i burini fascisti, con i ritratti del duce e le svastiche sui muri, nelle sfarzose case di città e sulle colline con piscina. Sono assolutamente fungibili, ognuna allo stesso livello dell’altra. Perlomeno, questa è la tesi che l’autore vuole dimostrare. Pur se con termini differenti, usano lo stesso linguaggio, sono ugualmente volgari, sono nella identica maniera genuinamente e ingenuamente cattivi, anche se con qualche distinguo. Si campano di sistemi diversi ma fanno male agli altri nello stesso modo. Ma essenzialmente sono tutti cattivi, proprio nell’animo.

E in questo caravanserraglio di bestie umane, il personaggio che meno c’entra con gli altri - e forse per questo vuole vendicarsi – è proprio quello dell’autore, il Federico schizofrenico, su cui Pietro Castellitto si ricama una maschera congeniale alle sue caratteristiche ma, penso, soprattutto perché si riconosce nel distruttore del mondo che i suoi e i suoi amici hanno voluto costruirsi. Ed è in virtù di questa scrittura fuori norma e provocatoria che immagino la giuria del Festival di Venezia 2020 ha voluto premiare il regista sceneggiatore, appunto come migliore sceneggiatura. Una sorpresa che sicuramente stimolerà il futuro del giovane cineasta.

Non so se il film piacerà alla gente, io stesso sono ancora perplesso: ne apprezzo la originalità, il coraggio, la ventata di novità, il disprezzo di girare un film ordinario e conforme al comune pensare, e difatti non è un film comune, ed il voto, ma solo per adesso, è quella della sufficienza perché compensa quello più alto per la singolarità e quello più basso per la non facile presa, per la ricerca snobistica di realizzare qualcosa di diverso. Il vero giudizio verrà col tempo. E con la seconda opera.
Ma siamo davvero tutti così?

Riconoscimenti
2020 - Festival del cinema di Venezia
Premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura
2021 - David di Donatello
Miglior regista esordiente
Candidatura migliore sceneggiatura originale
Candidatura miglior produttore
Candidatura miglior musicista
2021 - Nastro d'argento
Miglior regista esordiente
Migliore attore non protagonista a Massimo Popolizio
Candidatura migliore sceneggiatura
Candidatura migliore sonoro






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