I See You (2019)
- michemar

- 10 mar 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 11 giu 2023

I See You
USA 2019 thriller 1h38
Regia: Adam Randall
Sceneggiatura: Devon Graye
Fotografia: Philipp Blaubach
Montaggio: Jeff Castelluccio
Musiche: William Arcane
Scenografia: Carmen Navis
Costumi: Nancy Collini
Helen Hunt: Jackie Harper
Jon Tenney: Greg Harper
Judah Lewis: Connor Harper
Owen Teague: Alec
Libe Barer: Mindy
Gregory Alan Williams: Spitzky
Erika Alexander: ten. Moriah Davis
Allison King: ag. Grace Caleb
Adam Kern: Window Repairman
Sam Trammell: Todd
Jeremy Gladen: Tommy Braun
Teri Clark: Mrs. Braun
Nicole Forester: Mrs. Whitter
TRAMA: In una città perfetta, piena di famiglie ideali, il dodicenne Justin Whitter scompare. Greg Harper, investigatore incaricato del caso, lotta per bilanciare le pressioni e le attenzioni attirate dalla vicenda e le sue questioni private, segnate da un recente tradimento della moglie Jackie. Mentre per via del senso di colpa Jackie comincia a perdere la presa sulla realtà, una presenza malevola si manifesta e mette in pericolo il loro figlio Connor. Sarà così che la fredda verità sulla famiglia verrà alla luce.
Voto 6,5

Adam Randall al terzo film dirige ancora un thriller, come sarà anche il seguente, ma i suoi non sono i soliti gialli, in quanto piuttosto contaminati da punte di tensione così alta che sfiorano l’horror, il mistero e perfino il paranormale. Questo, per esempio, lo ha immaginato, con la collaborazione di un neosceneggiatore, Devon Graye, già attore, come un intricato racconto di sparizioni di adolescenti, serial killer, poliziotti che brancolano nel buio delle indagini senza sbocco. Situazione che dura da qualche anno. Niente dello scorrere delle immagini fa mai pensare che ci sarà un epilogo davvero imprevedibile e questo non è certo una novità: quando si vuol sorprendere lo spettatore si punta decisamente sul colpevole che non ti aspetteresti mai.

Che ci si trovi davanti a un’opera che prospetta situazioni scomode lo si intuisce da come il regista inquadra la scenografia e i movimenti della macchina, partendo dalla situazione nervosa di una famiglia in cui non regna di sicuro l’armonia. Greg Harper è un commissario della polizia della cittadina in cui vivono, la moglie Jackie è una dottoressa e hanno un figlio, Connor, che soffre per i rapporti ormai rovinati tra i genitori. Lui non dorme più nel letto matrimoniale da quando ha scoperto il tradimento della moglie con un uomo che per adesso nessuno nomina, né viene mostrato per buona parte del film. Jackie, ammettendo il proprio errore, non ha più intenzione di rivedere l’amante e supplica il marito di tornare alla vita normale senza ottenere però la riconciliazione che spera. Intanto succedono fatti strani in quella casa: sparizione di posate, giradischi che entra in funzione da solo, vetraio trovato in casa sebbene non ci fosse nessuno ad aprirgli ma a quanto pare lo ha fatto una ragazza (?), sparizione di una foto incorniciata e così via. Lo strano è che i tre familiari non si pongono troppe domande e soprassiedono.

La scelta di Adam Randall è quella di seguire due filoni di narrazione, per giunta complicando la lettura della trama con salti all’indietro e tracciando due percorsi. Solo nella seconda parte, quando con un lungo flashback comincia il secondo itinerario, si comincia a chiarire il mistero delle strane presenze nella grande casa Harper e soprattutto si viene a capo delle infruttuose indagini in merito ai rapimenti degli adolescenti. Una accelerazione della storia che porta alla grande sorpresa finale quando nel frattempo la situazione è precipitata con qualche cadavere e la scoperta della roulotte dove il maniaco pedofilo teneva prigionieri i rapiti. Quando i due filoni si riuniscono in un’unica trama tutto diventa chiaro anche perché il regista non nasconde più nulla ai nostri occhi. Ora sappiamo la verità e anche la polizia chiude il cerchio.


Non sempre il filo logico del racconto ci appare scorrevole e qualche intoppo nella sceneggiatura, forse anche il montaggio, data la ricostruzione contorta seppur comprensibile, contribuiscono a non conferire un giudizio più alto, ma è evidente l’intenzione di questo regista di voler confondere le acque per intorpidire la visione e per aumentare il tasso di mistero. E se questo era il progetto si può dire che ha centrato l’obiettivo. Interessante è senz’altro l’inizio sorprendente della trama parallela nella seconda metà, buona parte della quale è fatta in soggettiva: i due intrusi - che, come hobby, si intrufolano furtivamente nelle case altrui come nella casa in questione - sono dotati di una telecamera e lo si intuisce immediatamente dalla inquadratura traballante, tipica di un amatore o di chi si dileggia a memorizzare le imprese illegali che compie. La novità è che l’autore, senza preavviso, infila nella trama il loro video e non capiamo chi siano, né cosa stiano combinando, con una sfrontatezza che disarma. Una mossa che dà l’impressione di un filmato di repertorio, come un mockumentary, insomma. Un sussulto, non c’è che dire, anche se il botto finale è quello che completa il film.



L’unica personalità che salta agli occhi in tutto il cast tecnico e artistico è il nome di Helen Hunt nel ruolo della mamma Jackie e a dirla tutta si fa fatica a vederla in un personaggio di un film di questo tipo, dato che i ruoli drammatici le si addicono meglio. Ciò non vuol dire che non se la cavi, anzi, ma ciò che fa impressione è il suo viso stravolto dopo l’intervento di chirurgia plastica al viso che non l’ha affatto migliorata, tutt’altro. Accanto a lei, per il ruolo del marito poliziotto, c’è Jon Tenney, esperto attore noto per i tanti film a cui ha preso parte. L’ospite indesiderato Owen Teague.






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