top of page

Titolo grande

Avenir Light una delle font preferite dai designer. Facile da leggere, viene utilizzata per titoli e paragrafi.

Il caso Minamata (2020)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 16 set 2021
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 15 ott

ree

Il caso Minamata

(Minamata) UK, USA, Emirati Arabi, Giappone 2020 dramma biografico 1h55’


Regia: Andrew Levitas

Soggetto: Aileen Mioko Smith e William Eugene Smith (libro)

Sceneggiatura: David Kessler, Stephen Deuters, Andrew Levitas, Jason Forman

Fotografia: Benoît Delhomme

Montaggio: Nathan Nugent

Musiche: Ryuichi Sakamoto

Scenografia: Tom Foden

Costumi: Momirka Bailovic


Johnny Depp: W. Eugene Smith

Minami: Aileen

Hiroyuki Sanada: Mitsuo Yamazaki

Jun Kunimura: Junichi Nojima

Ryō Kase: Kiyoshi

Tadanobu Asano: Tatsuo Matsumura

Akiko Iwase: Masako Matsumura

Bill Nighy: Robert Hayes

Katherine Jenkins: Millie


TRAMA: Terminata la Seconda guerra mondiale, il fotografo di guerra W. Eugene Smith è un uomo sconnesso dal suo lavoro e dalla società. Il vecchio amico direttore della rivista Life lo convince però a tornare in Giappone per documentare il devastante annientamento della comunità costiera di Minamata, vittima dell'avidità delle multinazionali e delle corrotte autorità locali. Armato della sua sola macchina fotografica, Smith dovrà catturare le immagini utili a far conoscere la storia al mondo. Nonostante nessuno voglia dapprima aiutarlo, riuscirà a guadagnarsi la fiducia della comunità e a inimicarsi una potente multinazionale.


Voto 7,5


ree

La pietà. Uno dei rari sentimenti che differenziano l’uomo dagli altri esseri della natura. Ci fa sentire disarmati, nudi, generosi: ci apriamo all’altro avvertendo le sue debolezze, le ferite dell’anima e soprattutto quelle fisiche e, per pietà, ci doniamo. La pietà, dal latino pietas (forse perfino più efficace nel trasmettere il pathos del significato), sentimento perfettamente solidificato e plasmato in un marmo bianco così straziante che pare reale. Maria che, desolata, tiene tra le braccia il corpo esanime del Figlio e non per tenerlo ma quasi per conservarlo, cullarlo.

Il film di Andrew Levitas - newyorkese oggi 44enne ma principalmente pittore, scultore, regista, scrittore, produttore, fotografo, ristoratore e attore, insomma un vero artista a tutto tondo – inizia con una nenia giapponese cantata da una mamma in maniera straziante ma composta, mentre il suo sguardo sfiora un corpo nudo che tiene tra le braccia.


Chi non conosce quello che è avvenuto sulle coste della prefettura di Kumamoto, nei dintorni della città di Minamata scoprirà, vedendo il film, una sconcertante storia realmente accaduta a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, purtroppo non un caso unico, dal momento che le acque inquinate dagli scarichi industriali, in special modo dalle industrie chimiche, sono un fenomeno dannosissimo per l’uomo e per la natura che si ripete infinite volte, in molte parti del mondo industrializzato. Acque che cambiano colore, su cui galleggiano schiume che spaventano, pesci che spiaggiano o che galleggiano morti. Pesci che nel frattempo sono serviti a nutrire le popolazioni rivierasche attigue, o che si snodano lungo il letto dei fiumi interessati. Storicamente, sin dai tempi remoti dell’uomo, le città sono nate proprio in prossimità dei corsi d’acqua o del mare, dalle cui acque si ricava cibo e clima migliore e costituiscono essenziali per il viaggio e del trasporto di merci. Alcune popolazioni, poi, per tradizione o necessità, si sostengono con il commercio che si ricava dal pesce, che rappresenta prima di tutto l’alimentazione principale, caratteristica dell’Estremo Oriente, dove la dieta principale consiste appunto da ciò che deriva dall’attività ittica. Cibo pulito, genuino, perfetto per un tipo di dieta salubre. Ovviamente sempre se il pesce è biologicamente sano e cresciuto in maniera naturale, cibandosi di quello che Madre Natura offre. Se poi è l’uomo che, con le sue attività dannose, devia il corso biologico della vita degli animali e dei pesci, allora siamo di fronte ad un peccato gravissimo di attentato ai danni della Terra.


ree

La Chisso era (ed è) una multinazionale nipponica che fabbrica prodotti chimici, come anche pellicole per macchine fotografiche (ha un suo motivo questa citazione), è grande, con molti dipendenti, ma i suoi tubi scaricano nelle acque del mare adiacente molte sostanze tossiche, in primis il mercurio, sostanza notoriamente velenosa per l’organismo animale come i pesci e gli uomini. Il giro che compie il mercurio è molto breve, perché ben presto giunge nei piatti delle persone e fa danni irreparabili per le donne incinte e per i bambini che o nascono o si sviluppano con malattie degenerative molto gravi. Patologie che comportano deformazioni, tremolii, perdita di sensi, handicap totale, aspettativa di vita breve, morte. Una strage. Il mondo era girato da un’altra parte e pochi conoscevano la terribile situazione, mentre nel luogo del misfatto le proteste dei familiari e dei cittadini della zona venivano represse con la forza. Inutili le manifestazioni popolari, smorzate e silenziate dalla polizia anche con la violenza e l’uso dei lacrimogeni. Solo la testimonianza di reporter stranieri e le prove fotografiche potevano svegliare l’attenzione della pubblica opinione mondiale, ma nessuno si muoveva.


ree

Gene Smith è un notissimo e formidabile fotografo di guerra che ha ormai tirato i remi in barca, nauseato da tutto quello che ha visto e ritratto con le sue macchine fotografiche, fissando sul rullino le nefandezze degli uomini e affoga nell’alcol e nell’uso saltuario di droghe il rifiuto dei rapporti umani. È anche in bancarotta, separato dalla famiglia, orso rinchiuso nel suo piccolo mondo, intrattabile, lontano dall’umanità. La necessità di risorse finanziarie lo portano ancora una vola a bussare alla porta del direttore di Life, la rivista che ha contribuito a renderlo celebre, ma anche il vecchio amico Robert Hayes non ha più fiducia in lui, osservandolo allo sbando. Può ripetere le sue imprese fotografiche (terribili ma meravigliosi scatti nel suo straordinario bianco e nero) proprio in Giappone, sulle coste di Kumamoto e se inizialmente rifiuta l’ultima offerta dal perplesso direttore alla fine decide di partire. È in quella regione martoriata dalla chimica che compirà il miracolo atteso, soprattutto ed essenzialmente per merito di una donna del luogo, Aileen, che le fa da interprete e che gli risveglierà la voglia e l’estro di compiere il lavoro da par suo. Ma è anche quello che può scoprire a Minimata che lo spinge ad impegnarsi. Il Gene Smith che si era guadagnata la stima con i suoi servizi in ogni parte torna a sentire l’importanza del suo lavoro, comprendendo l’importanza di ciò che potrà testimoniare al mondo. Partecipando attivamente, conquisterà la fiducia, l’affetto e l’ospitalità della popolazione, che non ha remore a mostrargli le condizioni gravissime dei giovani malati, arrivando ad acconsentire di farli fotografare; ma nello stesso tempo si inimicherà la potente società che gestisce la fabbrica velenosa, rifiutando addirittura una ingente somma in cambio della consegna dei rullini prima che vengano portati in occidente.


ree

Ciò che il regista Andrew Levitas filma con la sua macchina, diventando un prolungamento del lavoro di Gene Smith, è impressionante, acuito dalle testimonianze verbali e dalla disperazione degli abitanti, dalle prepotenze subite, dalla morte che aleggia nella terra avvelenata. Anche il nostro fotografo conoscerà, dopo il gran rifiuto, la reazione fisica violenta che mai si sarebbe aspettato e, sebbene ferito, ospedalizzato (perde anche un occhio), aiutato dalla sua amica giapponese Aileen che non lo abbandona mai – con la quale nasce un vero legame d’amore -, riesce a spedire il prezioso materiale raccolto. Il caso esplode in tutto il mondo, per la felicità del direttore: la rivista pubblica le foto, in particolare quella bellissima a tragicissima di una madre che, nuda come il corpo che tiene tra le braccia, fanno il bagno in una tinozza, mentre canta una nenia straziante per (man)tenerlo in vita, vicino a sé. Un corpo scheletrico, immobile, con la testa all’indietro, con la bocca aperta in una perenne smorfia che sa di strazio e sorriso. È la Pietà, è la pietas di Michelangelo in bianco e nero sfavillante, drammatica e uguale per filo e per segno a quella immortale della sacra Deposizione. Sono mamme che amano il figlio, che soffrono assieme, che vivono unitamente, carne della carne, sofferenza dopo sofferenza. Nel frattempo, l’uomo è il figlio che sta uccidendo Madre Natura.


ree

Il regista non si allontana da quello che un bravo cineasta avrebbe dovuto girare e lo attua in maniera esemplare e siccome la vicenda, purtroppo veramente accaduta e narrata con il libro scritto a quattro mani dai due protagonisti poi sposatisi, abbisognava di un interprete convinto e convincente, ecco la sorpresa: Johnny Depp. Abituato a ruoli molto lontani da questo, ci sorprende non poco. Nascosto da una capigliatura che non gli vedremo mai più, da un paio di occhiali e da una barbetta da uomo di mezza età, si farebbe fatica a riconoscerlo e, rimanendo all’oscuro di questa informazione, si resta sorpresi e anche basiti delle sue capacità interpretative. Depp ci mette il cuore e, differente dai suoi soliti personaggi di gangster, sbandati, fantasy, pirateschi, imbroglioni, vederlo in questi panni fa venire in mente che egli può benissimo assumere ben altri aspetti nel cinema. Il suo Gene è perfettamente riuscito, anche perché le scene con il whisky in mano e la sigaretta perenne gli calza a pennello. Bravissimo! Decisamente lo aiuta in modo positivo uno dei più famosi attori nipponici, Hiroyuki Sanada, presente in vari film d’azione del cinema americano ed inoltre la dolce Minami, la cara compagna di avventure Aileen e futura moglie di Smith, una attrice gentile e dal sorriso che strega. Come d’altronde tutte le comparse giapponesi, il cui garbo è noto sul pianeta. Da annotare anche la presenza dell’ineffabile Bill Nighy nel ruolo del direttore della rivista. Quasi superfluo precisare che la musica di Ryuichi Sakamoto accompagna degnamente le varie scene, aumentando il tasso artistico orientale al film, divenendo uno strumento importante nelle mani del regista.


ree

Durante il periodo a Minamata, Eugene e Aileen ben si integrarono con la gente facendo la storia mentre la raccontavano in tempo reale. Vivevano in una casa affittata dalla famiglia di una delle vittime, prendevano parte alle manifestazioni e si muovevano sui pullman degli attivisti. Insieme, scattarono centinaia di fotografie ritraenti gli ammalati di Minamata, utili alla successiva campagna di risarcimento, dopo la vittoria in tribunale. A fronte della iniziale soddisfazione della popolazione, né la Chisso Corporation né il governo giapponese hanno poi rispettato l’essenza finanziaria e morale di questo accordo. Nel 2013 il primo ministro dichiarò che il Giappone aveva risolto il problema dell’inquinamento da mercurio, negando l’esistenza di decine di migliaia di vittime che continuano a soffrire ancora oggi. La rivista Life, che era già sull’orlo del tracollo, pubblicò il suo ultimo numero settimanale il 29 dicembre 1972. Il bagno di Tomoko è considerata una delle immagini più importanti nella storia del fotogiornalismo di tutti i tempi ed è considerata ancora oggi non solo la miglior foto di W. Eugene Smith ma anche la testimonianza più cruda dell'impatto fisico che la malattia ebbe sulle persone, richiamando l'attenzione internazionale.


ree

W. Eugene Smith
W. Eugene Smith

Gene e Aileen si sposarono il 28 agosto 1971 in Giappone. Lui morì il 15 ottobre 1978 anche a causa delle conseguenze delle ferite riportate alla fabbrica. Quelle fotografie furono le ultime che scattò. Aileen è rimasta profondamente legata alle attività della comunità di Minamata ed è impegnata nella sua lotta all'inquinamento ambientale ancora oggi. Nei titoli di coda segue una sequenza intollerabilmente lunga di immagini di bambini rovinati a causa dei disastri ambientali di tutti i continenti, compreso la nostra domestica diossina. Che bestia, l’uomo (senza offesa per le bestie).



 
 
 

Commenti


Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

bottom of page