Il coltello nell'acqua (1962)
- michemar

- 14 feb 2019
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 8 gen 2022

Il coltello nell'acqua
(Nóz w wodzie) Polonia 1962 thriller 1h34’
Regia: Roman Polanski
Sceneggiatura: Jakub Goldberg, Roman Polanski, Jerzy Skolimowski
Fotografia: Jerzy Lipman
Montaggio: Halina Prugar-Ketling
Musiche: Krzysztof Komeda
Scenografia: Boleslaw Kamykowski
Leon Niemczyk: Andrzej
Jolanta Umecka: Christine
Zygmunt Malanowicz: giovane
TRAMA: Andrzej fa il giornalista, ha una moglie silenziosa di nome Christine, una barca sui laghi Masuri e un weekend libero. Durante il viaggio la coppia prende su un autostoppista, uno studente che non sa neppure nuotare. Andrzej invita il ragazzo ad andare in barca con loro nonostante l'ostilità tra i due sia chiara. La crisi scoppia quando Andrzej getta in acqua un coltello a cui lo studente teneva. Nella lotta che segue il ragazzo cade in acqua.
Voto 8

Incredibile Polanski!
A soli 29 anni, dopo diversi corti, il suo esordio da regista di lungometraggi è un lampo nel panorama mondiale del cinema che conta. Sin da questo film mostra il “suo” cinema, la sua passione per racconti spiazzanti e imprevedibili, già allora con pochissimi personaggi racchiusi in piccoli spazi possibilmente chiusi, caratteristica che si ripeterà altre volte nella sua carriera come in Carnage (recensione) e in Venere in pelliccia (recensione). Questo sorprendente film infatti vede solo tre protagonisti in una sorta di kammerspiel anomalo: prima in auto poi in una barca a vela e nessun altro personaggio, neanche inquadrato come comparsa. Al massimo possiamo considerare come coprotagonisti due elementi: l’acqua lacustre della Terra dei laghi della Masuria (regione della Polonia) e un coltello, in possesso del giovanotto ospite. Il coltello e l’acqua, appunto.
Solo tre personaggi e tutti ambigui, di cui difficilmente ci si potrebbe fidare. Andrea un giornalista sportivo, benestante e proprietario della barca, di carattere autoritario, cresciuto con disciplina militare nella scuola di vela; Cristina, sua moglie, occhialuta e solo apparentemente sottomessa alle angherie del marito, a primo sguardo bruttina ma che una volta in bikini rivela non solo un corpo attraente ma anche una bellezza nascosta, che non esita a prendersi delle silenziose rivincite sul marito; un ragazzo sconosciuto che sale a bordo prima della macchina e poi della barca a vela, di cui poco si sa e meno se ne saprà alla fine.

Tre tipi diversi, tre caratteri lontani, tre rapporti tra loro diversificati e altalenanti, in un atmosfera che sin dall’incipit si presenta carica di tensione crescente che preannuncia forti emozioni. È lì che si rivela la formidabile predisposizione di Polanski a giocare con le persone e le loro tensioni interne ed esteriori: ogni discorso tra i tre si complica ogni volta e si trasforma in discussione se non addirittura in litigio, per poi inaspettatamente placarsi con gesti amichevoli e affettuosi. L’aria è sempre e costantemente elettrica e si avverte continuamente che qualcosa accadrà, che prima o poi la situazione precipiterà in gesti e reazioni pericolose, per l’uno o per l’altra. Il regista polacco li conduce nel vortice di diverse situazioni, tutte predisposte per accrescere la tensione: l’uso di quel maledetto coltello a scatto, la secca in cui si impantana la barca, i perentori e insopportabili ordini che impartisce il giornalista per governare l’imbarcazione, la moglie che si spoglia per asciugarsi (in ben due scene la donna mostra quasi integralmente i seni, cosa fece scalpore in quei tempi così conservatori e bacchettoni della Polonia cattolica, ma figuriamoci se Polanski si fosse mai preoccupato e attivato per un taglio). Fino ad arrivare al culmine della trama, allorché il giovane scompare nelle acque del lago affogando.
Oppure no? Ma siamo sicuri? Incredibile Polanski! Ci spiazza già a quella età! E continuerà a farlo per tutta la vita!

Il rientro alla normalità alla fine del film ci lascia interdetti e impietriti, ma proprio perché alla normalità ci riconduce la storia, quando meno te lo aspetti, dopo aver trepidato per un thriller tutto basato sulla psicologia. Quella dei tre personaggi e quella dello spettatore, perché Roman Polanski fonda quasi tutto il suo cinema sul thriller psicologico: di morti se ne vedono pochissimi nel suo cinema e a volte si sono perfino rialzati da terra.

Voto alto per questo piccolo capolavoro di un giovane regista che al debutto riuscì a vincere a Venezia23 il Premio FIPRESCI e a raggiungere addirittura un traguardo storico: fu il primo film polacco ad ottenere una candidatura all'Oscar come miglior film straniero, perdendo perché sulla sua strada c’era l’imbattibile 8½ felliniano.






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