Il compagno don Camillo (1965)
- michemar

- 18 giu
- Tempo di lettura: 2 min

Il compagno don Camillo
Titolo originale | Il compagno don Camillo |
Produzione | Italia, Francia, Germania 1965 |
Genere | commedia |
Durata | 1h49’ |
Regia: Luigi Comencini
Soggetto: Giovannino Guareschi
Sceneggiatura: Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, René Barjavel
Fotografia: Armando Nannuzzi
Montaggio: Nino Baragli
Musiche: Alessandro Cicognini
Scenografia: Luigi Scaccianoce
Costumi: Danda Ortona
Fernandel: don Camillo
Gino Cervi: Peppone
Saro Urzì: il Brusco
Marco Tulli: lo Smilzo
Silla Bettini: il Bigio
Gianni Garko: Nanni Scamoggia
Graziella Granata: Nadia Petrovna
Leda Gloria: Maria Bottazzi
Marina Morgan: Irma Bagón, la giostraia
Ettore Geri: Yenka Oregov
Paul Müller: il pope russo
Alessandro Gottlieb: Ivan
Rosemarie Lindt: Sonia, la falsa russa
Mirko Valentin: Sasha, il falso russo
Jean Rougeul: il Vescovo
Jacques Herlin: avvocato Benelli
TRAMA: Brescello, il paese di don Camillo e Peppone, viene gemellato con una cittadina russa. Una delegazione municipale, guidata dal sindaco, si reca perciò nella patria del socialismo reale per perfezionare il gemellaggio. A essa, sotto mentite spoglie, si aggrega anche il parroco, ansioso di cogliere gli aspetti deleteri della società comunista.
VOTO 6,5

Il quinto film della saga approda alla regia di Luigi Comencini, dopo Duvivier e Gallone. Doveva essere il penultimo, ma il sesto, iniziato nel 1970, che si sarebbe dovuto intitolare “Don Camillo e i giovani d’oggi”, non venne terminato a causa della malattia di Fernandel, poi risultata fatale.

Siamo agli inizi degli anni ‘60 e Brescello sta per essere gemellato, fra mille polemiche, con una cittadina russa. Per favorire il gemellaggio, i sovietici hanno inviato in regalo un loro trattore, che però non si decide a mettersi in moto. Finita la cerimonia ufficiale fra l’ironia generale, Peppone fa appello a tutta la sua abilità di meccanico per tentare di aggiustare il trattore, senza molta fortuna, e quando arriverà all’ultimo tentativo, per essere più sicuro, deciderà addirittura di farlo benedire da don Camillo. Solo allora il mezzo agricolo si metterà finalmente in moto.

Come inizio non c’è male: siamo alle solite baruffe da diavolo e acqua santa e le avventure, simpatiche come sempre, non mancheranno, persino con un viaggio nell’Unione Sovietica. Il cambio di regia non muta l’atmosfera e il regista bresciano, che veniva da grandi successi, anche drammatici come La ragazza di Bube, si adegua allo spirito della saga.

Il grande regista, difatti, seppe mescolare con maestria umorismo e critica sociale viaggiando a cavallo tra amicizia, fede e ideologia. Gino Cervi e Fernandel, ancora una volta, non si smentiscono e, pur aspettandoci le solite litigate, sono straordinari. Indimenticabili.






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