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Il coraggio di Blanche (2023)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 2 giorni fa
  • Tempo di lettura: 7 min
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Il coraggio di Blanche

(L’amour et les forêts) Francia 2023 dramma/thriller 1h45’

 

Regia: Valérie Donzelli

Soggetto: Éric Reinhardt (romanzo)

Sceneggiatura: Valérie Donzelli, Audrey Diwan

Fotografia: Laurent Tangy

Montaggio: Pauline Gaillard

Musiche: Gabriel Yared

Scenografia: Gaëlle Usandivaras

Costumi: Nathalie Raoul

 

Virginie Efira: Blanche Renard / Rose Renard

Melvil Poupaud: Grégoire Lamoureux

Dominique Reymond: l’avvocato

Romane Bohringer: Delphine

Virginie Ledoyen: Candice

Marie Rivière: madre di Blanche

Guang Huo: Tony

Laurence Côte: Catherine

Bertrand Belin: David

 

TRAMA: Blanche Renard incontra Greg Lamoureux e improvvisamente si ritrova in una relazione tossica con un uomo possessivo e pericoloso.

 

VOTO 6,5


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Dopo 12 anni, Valérie Donzelli, che ha quasi sempre riempito il suo repertorio di regista e sceneggiatrice con relazioni di coppia, torna a parlare di conflitto familiare: se in La guerra è dichiarata era quello rivolto a combattere la grave malattia di un figlio, qui è la battaglia tra due coniugi che esplode rovinosamente fino a distruggere un amore trascinante nato in pochi minuti e demolito giorno dopo giorno per il comportamento tossico dell’uomo.


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La trama è narrata con la voce di Blanche (Virginie Efira) che si rivolge ad una avvocata (Dominique Reymond) per trovare una via d’uscita ad un matrimonio che pensava pieno di felicità e sentimento, ma che invece era precipitato nell’incubo invivibile della violenza. Quindi è un lungo flashback che si sviluppa dal giorno in cui conosce Grégoire (Melvil Poupaud) fino a quando si rende conto che la vita con quell’uomo è diventata insostenibile, culminata in un atto di pesante violenza fisica dopo un lungo periodo di violenza psicologica. Era arrivato il momento che per la sua salute mentale e fisica doveva salvarsi separandosi dalla persona che le aveva reso la vita impossibile.


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Lei è un’insegnante di letteratura, molto appassionata del suo lavoro, e il suo incontro con Grégoire, che lavora in banca, ha un effetto pressoché istantaneo sotto la forma di idillio perfetto, durante una festa, in cui se ne stava appartata non avendo molta voglia di partecipare respingendo le esortazioni a cercarsi un compagno, ma trascinata dalla sorella gemella Rose (interpretata dalla stessa Efira). Lui è un vecchio amico dimenticato che le fa immediatamente la corte e lei ne resta affascinata, accettando la sera stessa di fare sesso. È amore, non c’è dubbio. Blanche è cotta, lui gentile e premuroso, anche se un po’ pressante. Molto rapidamente, rimane incinta e si sposano. Vive sul mare della Normandia ed è molto legata alla famiglia (madre e sorella) ma Grégoire le comunica che purtroppo è stato trasferito a Metz, in Lorena. A malincuore Blanche si distacca dalle sue due care, ma non passa molto tempo per scoprire la verità: non è stata la banca a mandarlo lì, è stato lui a chiedere il trasferimento. Le ha mentito! È solo il primo segnale che recepisce del comportamento anomalo del marito ma ancora non è in grado di capirne la portata, non riuscendo a darsi una spiegazione plausibile.


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È solo il primo momento di perplessità della donna, la quale reagisce con il broncio ed il silenzio, ma siccome Grégoire è il consueto adulatore che dichiara ripetutamente amore infinito, che non sa stare senza di lei, che le vorrebbe stare sempre vicino, è lampante che la sua è solo una enorme voglia di esclusività, ma in una tale maniera che, estremizzata, vuol dire solo possessività, di quelle malate (ammesso che esista una forma logica e umanamente ammissibile). Blanche è scossa ma per amore e la presenza di figli in arrivo sopporta tutto, anche le insistenti telefonate in classe, durante la pausa pranzo, il continuo e asfissiante controllo, le pressanti domande sugli spostamenti, un comportamento insopportabile però blandito da frasi d’amore. Se ne vergogna anche, tanto che, in presenza delle colleghe che notano l’asfissiante controllo telefonico che subisce, minimizza e fa finta di nulla.


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Lei sopporta per il bene comune ma quando si rende conto che la situazione sta precipitando fino a non farla respirare il minimo di libertà personale, appena confortata dalla visita della gemella Rose, decide di consultare una APP di incontri, tramite la quale fissa un appuntamento nella casa di un uomo che vive in un fitto bosco (la foresta del titolo originale e del romanzo, soggetto del film): pur con qualche remora e ripensamento, lei si lascia andare e trova calore e sesso con un uomo gentile e comprensivo. Ovviamente rientra tardi in casa e scoppia il classico pandemonio, che sfocia prima in un furioso litigio, poi in scambi di accuse e ammissioni, che porta l’uomo all’estremo: quello della violenza fisica che rischia di ucciderla. Siamo oltre ogni comprensione, l’amore è sovrastato dalla prigionia psicologica e materiale, il fiume è straripato, gli argini non bastano più. Necessita la soluzione radicale. Va via di casa e si rivolge all’avvocata.


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Storie di (purtroppo) ordinaria follia, di quotidiana mascolinità tossica, di patriarcato, di maschilismo cieco e abietto, di cui sentiamo tutti i giorni, peggio di una calamità naturale. Grégoire, paradigma dei maschi da evitare, è innamorato ma malato: la sua non è la comprensibile gelosia (che indica sempre una mancanza di fiducia), ma ha la cattiva predisposizione alla possessività, alla esclusività, alla prigionia mentale della partner, la quale non riesce mai ad avere il minimo della libertà che spetta ad ogni donna, così come ad ogni persona. Sopportare e perdonare può servire fino ad un certo punto, ma quando un uomo come questo atrofizza il rapporto di coppia fino a farlo diventare il possesso personale di un oggetto domestico, l’unica soluzione per la donna è uscire di corsa dal rapporto e denunciare.


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La regista mette in evidenza, tra l’altro, la consapevolezza di Grégoire mostrando chiaramente le ambiguità di un personaggio che soffre di sapere di essere mostruoso nei confronti della madre dei suoi figli, ma che, nonostante ciò, continua a esercitare la sua violenza psicofisica su di lei. In realtà c’è da chiedersi: ma è vero amore? No, se sono soprattutto rabbia, gelosia, paura, possesso, i sentimenti che pervadono Grégoire, ma non è amore, perbacco! Per quanto riguarda invece il personaggio della donna, il suo sdoppiamento nel ruolo di due sorelle gemelle le permette di creare confusione sulla sua consapevolezza della spirale infernale in cui si sta ciecamente immergendo. È Blanche, ma è anche - sullo schermo - Rose, la sorridente e suadente Rose che non le fa mancare l’appoggio e l’incoraggiamento. È l’una e l’altra, come ad indicare un prima e un poi, quello che era e quello che avrebbe dovuto essere anche nell’ambito di una propria vita familiare. E pensare che il cognome di Grégoire è… Lamoureux!


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E un film appassionante, dato il tema purtroppo attuale, coinvolgente senz’altro, che attira sicuramente di più l’attenzione delle spettatrici ma dovrebbe servire anche a tutti, anche ai giovani e persino gli adolescenti, affinché un film come questo ed altri simili servano a portare la delicata questione sul tavolo delle riflessioni e della educazione affettiva nelle scuole (chi pensa il contrario ho paura che non abbia capito nulla di questa materia scolastica, anzi, che ha capito il contrario). Un romanzo come questo, ritengo sia per tutti. Anche perché - e questo è un mio parere personale, quindi potenzialmente sbagliato - io penso che questi comportamenti anormali siano solo frutto di una malattia psicologica da curare: più che criminali (e lo sono) sono malati e vanno curati. Non è il frutto di un attimo di perdita di controllo, ma di una mentalità che va cambiata. In qualche maniera.


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Se la scrittura è incisiva anche per merito della co-sceneggiatrice Audrey Diwan (innumerevoli i suoi successi cinematografici, veramente tanti, ma ne basta citare uno clamoroso: La scelta di Anne - L’Événement), la regia non è altrettanto valente. Valérie Donzelli commette più di un errore: in non pochi momenti va troppo di corsa, alcuni personaggi sono buttati nella mischia e mai chiariti (chi è veramente la donna ricoverata nella stessa stanza d’ospedale?), improvvisamente si affaccia un piccolo e snaturante intermezzo musicale anche se allusivo e attinente all’argomento, diventa un’opera cosiddetta a tesi che però non sorprende più di tanto e diventa prevedibile, filmata come una fiaba nera. È un film drammatico ma non diventa mai un vero dramma tragico e se lo sembra è solo per il contenuto intrinseco. La sua esperienza registica sta migliorando negli anni, essendo partita da film non straordinari, ora è indubbiamente in crescita e il riconoscimento a Venezia 2025 per l’ultima opera (À pied d’œuvre) lo dimostra, ma qui sicuramente si poteva fare meglio.


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Per ciò che riguarda i due notevoli interpreti, Virginie Efira è molto brava, sempre in primissimo piano per illustrarci le sue gioie e i suoi dolori, le variazioni mentali e le paure crescenti, persino sdoppiata in un duplice personaggio (nessun miracolo registico neanche in questo caso da parte di Donzelli) ma sempre con il suo invidiabile corpo che mette in mostra in ogni occasione, anche in nudi frontali. Sempre molto richiesta da tanti registi. Ciò che succede anche all’espertissimo Melvil Poupaud, che ha all’attivo svariate decine di film. Attore che ha il dono naturale di apparire sempre ambiguo, un falso sorridente, in ruoli con cui riesce ad entrare in sintonia con gli altri personaggi ma che poi si rivela poco affidabile. Sarà per il suo aspetto, ma tant’è. Come d’altronde si rivela qui, perfettamente a suo agio nel ruolo del marito che le spettatrici metterebbero volentieri in carcere per sempre. Il che vuol dire che è stato davvero bravo.


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Il titolo originale L’amour et les forêts, alla pari di quello del romanzo di Éric Reinhardt, è vagamente evocativo della dimensione poetica e simbolica dell’opera, è il luogo del tradimento che si riaffaccia nella mente nei momenti più difficili come flash di ciò che si rimpiange e di ciò a cui si vorrebbe ritornare, ricordando quelle poche ore trascorse nelle braccia di un uomo tanto differente dal marito, nel cuore di una foresta, tra il verde che dà serenità, quella serenità che è stata solo l’illusione iniziale prima del precipizio. Ora, Blanche ne è fuori per merito del suo coraggio, anche stimolato dall’avvocata, che ha dovuto muoversi per la svolta vivifica, e quella foresta resta un bel ricordo.


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Riconoscimenti

César 2024

Miglior adattamento

Candidatura per il migliore attore a Melvil Poupaud

Candidatura per la migliore attrice a Virginie Efira

Candidatura per la migliore musica da film

Lumière 2024

Candidatura per il miglior attore a Melvil Poupaud

 


 
 
 

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