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Il delitto perfetto (1954)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 14 ago 2019
  • Tempo di lettura: 2 min

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Il delitto perfetto

(Dial M for Murder) USA 1954, thriller, 1h45'


Regia: Alfred Hitchcock

Soggetto: Frederick Knott (lavoro teatrale)

Sceneggiatura: Frederick Knott

Fotografia: Robert Burks

Montaggio: Rudi Fehr

Musiche: Dimitri Tiomkin

Scenografia: Edward Carrere

Costumi: Moss Mabry


Ray Milland: Tony Wendice

Grace Kelly: Margot Mary Wendice

Robert Cummings: Mark Halliday

John Williams: capo ispettore Hubbard

Anthony Dawson: Charles Alexander Swann


TRAMA: Tony vive alle spalle della ricca moglie Margot e quando si accorge che lei si sta innamorando dello scrittore Halliday capisce che deve intervenire. Ricattandolo, costringe un vecchio amico a introdursi in casa per uccidere la donna. Margot però reagisce e uccide l'uomo mentre lui sta tentando di strangolarla. Tony si adatta subito alla nuova situazione e, con una deposizione subdola, la fa accusare di omicidio.


Voto 8,5



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Ecco la bionda perfetta per Alfred Hitchcock: elegante, fredda e distaccata ma con “il fuoco dentro” come fu da alcuni definita e come sicuramente appariva al regista. È la prima collaborazione con Grace Kelly, seguita da altri due titoli: La finestra sul cortile e Caccia al ladro.



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L’attenzione di sir Alfred stavolta non è tanto concentrata sulle scene di suspense come al solito – e che ovviamente non mancano - ma piuttosto sulla meticolosità della preparazione dell’intrigo, sul piano architettato dal marito della vittima designata che non deve assolutamente avere errori. Il delitto perfetto, appunto. L’oggetto principale, inquadrato sin dall’inizio, è un telefono, con un gran bel disco in cui risalta la lettera M, in rosso per essere meglio notata: "M" come 'murder', omicidio; ma poi nella scena apicale c'è un altro oggetto che cambia il corso degli eventi ed è un paio di forbici. Man mano che la storia diventa più nera, i colori degli elegantissimi vestiti di Margot si incupiscono e da un iniziale abito rosso si degrada pian piano nel finale al cupo marrone, con scene spesso riprese da inquadrature dal basso, come faceva notare l’indimenticato Truffaut, tecnica scelta da Hitchcock che richiese appositamente una buca in modo che la macchina da presa fosse al livello del pavimento.


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Nonostante la scarsa fiducia che il regista aveva nel progetto e il poco tempo che vi dedicò avendolo girato in meno di un mese, il film ebbe ottima accoglienza da parte della critica e tutt’oggi mantiene intatta tutta la sua carica di tensione spasmodica anche per i giusti accorgimenti che Hitchcock adottò, a cominciare dal formato stereoscopico e all’adattamento teatrale della storia, che si svolge quasi interamente all’interno di un appartamento, ricco di arredamento elegante, suppellettili di pregio e quadri d’autore.



 
 
 

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