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Il generale Della Rovere (1959)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 7 ott 2023
  • Tempo di lettura: 3 min

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Il generale Della Rovere

Italia/Francia 1959 dramma/guerra 2h12’


Regia: Roberto Rossellini

Sceneggiatura: Indro Montanelli, Sergio Amidei, Diego Fabbri

Fotografia: Carlo Carlini

Montaggio: Cesare Cavagna

Musiche: Renzo Rossellini

Scenografia: Piero Zuffi

Costumi: Piero Zuffi


Vittorio De Sica: Emanuele Bardone

Hannes Messemer: col. Müller

Vittorio Caprioli: Aristide Banchelli

Sandra Milo: Olga

Giovanna Ralli: Valeria

Anne Vernon: Clara Fassio

Nando Angelini: Paolo

Herbert Fischer: serg. Walter Hageman

Mary Greco: madama Vera

Bernardino Menicacci: secondino

Franco Interlenghi: Antonio Pasquali

Ivo Garrani: capo dei partigiani


TRAMA: Giovanni Bertone è un piccolo truffatore che, fingendosi generale dell'esercito, truffa i familiari dei prigionieri dei tedeschi. Un giorno è scoperto dalla Gestapo e arrestato. In cambio della libertà le autorità gli chiedono di collaborare raccogliendo informazioni sui partigiani in carcere.


Voto 7,5

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Il soggetto di Indro Montanelli (che solo in seguito diventò un romanzo) fu proposto a Roberto Rossellini - in un periodo che attraversava momenti difficili e di indecisioni e con progetti ben più impegnativi – basandosi su una sceneggiatura scritta a più mani, che puntava più sul personaggio che alla cronaca.

La storia scritta dal giornalista narra di un truffatore che, durante l'occupazione tedesca, scrocca denaro alle famiglie dei prigionieri con la falsa promessa di farli liberare. Siamo a Genova nell’autunno del 1944, nel periodo della Repubblica Sociale di Salò. Emanuele Bardone è un truffatore meridionale con piccoli traffici e che si fa passare per ingegnere o ufficiale Grimaldi: è un amante del gioco d'azzardo e delle donne e per le continue perdita al tavolo è alla perenne ricerca di danaro tramite questi imbrogli oppure con prestiti mai restituiti dalle donne che frequenta. Ma il giochetto oltrepassa i limiti quando fa promesse impossibili ad una donna che è però già informata dalla fucilazione del marito. Questa lo fa incastrare dai tedeschi e Bardone viene arrestato: è nella cella in comune con altri di San Vittore che dà inizio al suo doppio gioco in cui finge di essere un mitico generale antifascista potendo così raccogliere informazioni utili ai nemici. Ma a contatto con i partigiani un soprassalto di dignità lo porta a reagire e a smettere di tradire e a farsi fucilare insieme agli altri.

Dopo quasi 15 anni dal capolavoro di Roma città aperta, fenomeno critico e commerciale, Roberto Rossellini coglieva il momento perfetto nella storia italiana per realizzare questo film, che sicuramente si discostava dalla sua vera filosofia artistica ma faceva centro come prodotto di successo popolare. A ben guardare, con i compatrioti che finalmente venivano a patti con il ruolo dell'Italia nella seconda guerra mondiale e l'occupazione tedesca in particolare, egli catturava quello che i commentatori citano come zeitgeist, cioè lo spirito e la mentalità del momento per raccontare la storia di un truffatore apolitico, ma solo opportunista (figura che con Bertolucci diventò conformista) diventato un improbabile nazionalista e, così facendo, il grande maestro celebrava la coscienza risvegliata di una nazione.

Completamente girato e montato in un periodo di poche settimane, il film non è tra le opere più innovative o espressive della carriera di Rossellini, ma la sua convenzionalità senza fronzoli mantiene l'attenzione su una figura imperfetta che guadagna in complessità e profondità man mano che il film va avanti. Se inizialmente lo potremmo trovare una simpatica (o antipatica e insopportabile) canaglia, nel prosieguo lo ammiriamo. Dal suo canto, Vittorio De Sica dà un’impronta notevole con la sua inimitabile e caratteristica interpretazione trasformandosi in martire di principi trasudando carisma populista mentre interpreta una sorta di intermediario tra gli italiani e i nazisti, fino a diventare un vero generale Della Rovere, punto di riferimento della Resistenza morto da coraggioso legame tra i compagni di cella e i partigiani. Il nemico sulla scena fu il mitico attore tedesco Hannes Messemer, che tanto lavorò in Italia in film simili, nei panni del colonnello Müller.

Data la predilezione del grande regista per idee diverse da questo registro, il film si stacca molto dal resto delle opere, segnando quasi una nuova fase del suo lavoro. Indubbiamente, questa pellicola, girata per intero in teatro di posa e a basso costo, in soli 27 giorni, fu per allora una sferzata di cinema moderno ed ebbe un successo che neanche il regista si aspettava e – pare – che forse per questo egli non l’amò molto.

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Riconoscimenti

1959 - Festival di Venezia

Leone d'oro al miglior film

1960 - David di Donatello

Miglior produttore

1960 - Nastri d'argento

Miglior film


 
 
 

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