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Il labirinto del silenzio (2014)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 22 gen 2023
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 16 gen 2024


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Il labirinto del silenzio

(Im Labyrinth des Schweigens) Germania 2014 dramma storico 2h4'


Regia: Giulio Ricciarelli

Sceneggiatura: Elisabeth Bartel Burghardt, Giulio Ricciarelli

Fotografia: Martin Langer, Roman Osin

Montaggio: Andrea Mertens

Musiche: Sebastian Pille, Niki Reiser

Scenografia: Manfred Döring

Costumi: Aenne Plaumann


Alexander Fehling: Johann Radmann

André Szymanski: Thomas Gnielka

Friederike Becht: Marlene Wondrak

Gert Voss: Fritz Bauer

Johannes Krisch: Simon Kirsch

Johann von Bülow: Otto Haller

Robert Hunger-Bühler: Walter Friedberg

Hansi Jochmann: segretaria

Tim Williams: magg. Parker


TRAMA: Johann Radmann, giovane procuratore nella Germania dell'Ovest del dopoguerra, indaga su una cospirazione di massa messa in atto per coprire i passati oscuri e la connivenza con il regime nazista di importanti personaggi pubblici.


Voto 6,5

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I processi di Norimberga sono famosi e il processo Eichmann a Gerusalemme è noto a molti, ma c'è un momento storico sconosciuto ai più. Un periodo di inconsapevolezza e ignoranza e perfino di indifferenza in cui i tedeschi stessi, in particolare, volevano dimenticare o erano completamente all'oscuro di ciò che era accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale.

La Germania ci ha messo del tempo per riflettere sulla tragedia della guerra e soprattutto sullo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento. Negli anni seguenti nessuno aveva voglia di parlarne, di ricordare: una rimozione mentale che però pesava e tutti facevano finta di nulla. Fin quando un giovane e biondo procuratore che all’inizio degli anni Sessanta, una dozzina d’anni dopo la liberazione dei campi di Auschwitz-Birkenau, guidò il proprio Paese come un'Arianna fuori dal dedalo e dal silenzio. Infatti tutto cambiò a partire dal 1958 e per l'intervento di una commissione incaricata di indagare sui crimini di guerra e sui criminali nazisti.

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Mescolando personaggi reali (il giornalista Thomas Gnielka e il procuratore Fritz Bauer, a cui il film rende omaggio) e di finzione (il protagonista derivato da tre procuratori esistiti), l'autore realizza un dramma giuridico e personale storicamente irreprensibile. L'opera è encomiabile e il film ha perfino corso come rappresentante tedesco agli Oscar del 2016, ma la sensazione è che è fin troppo didascalico e la recitazione non mi è parsa all'altezza dell'operazione.

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Le parole del regista italo-tedesco Giulio Ricciarelli, che in questo film d’esordio scritto con la sceneggiatrice Elisabeth Bartel Burghardt, mira ad esporre i fatti senza voler indurre il pubblico a dover giudicare: “Un film non può mettersi su un piedistallo e giudicare. Siamo tutti umani e dobbiamo capire che gli esseri umani sono capaci sia di cose buone che cattive. Non puoi giudicare le persone seduto su una sedia, quando non sai cosa avresti fatto in una determinata situazione”. Lo dimostra la scelta di non soffermarsi sulle immagini dei campi di concentramento, tristemente già familiari a tutti, ma di puntare sui volti scioccati di chi ascolta per la prima volta quelle storie strazianti.

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Alexander Fehling, noto per il suo ruolo in Bastardi senza gloria di Tarantino, offre una performance significativa nei panni del giovane procuratore Johann Radmann e porta sullo schermo molto bene la crescita interiore del personaggio.

Nell'insieme è troppo simile ad un tv-movie e il doppiaggio inadeguato lo ha reso troppo uguale ad una fiction. Peccato, però interessante, proprio perché di questi particolari se ne è parlato quasi nulla.


Nessuno ha pensato. Dovevamo solo aprire gli occhi.


Il film fu presentato in anteprima al Toronto International Film Festival e fu selezionato per rappresentare la Germania ai premi Oscar 2016 per il miglior film straniero, non entrando nella cinquina dei candidati.


 
 
 

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