top of page

Titolo grande

Avenir Light una delle font preferite dai designer. Facile da leggere, viene utilizzata per titoli e paragrafi.

Il male non esiste (2020)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 11 ott 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 14 ott 2022


ree

Il male non esiste

(Sheytan vojud nadarad) Germania/Iran/Rep.Ceca 2020 dramma 2h31’


Regia: Mohammad Rasoulof

Sceneggiatura: Mohammad Rasoulof

Fotografia: Ashkan Ashkani

Montaggio: Mohammadreza Muini, Meysam Muini

Musiche: Amir Molookpour

Scenografia: Saeid Asadi

Costumi: Afsaneh Sarfehju


Ehsan Mirhosseini: Heshmat

Shaghayegh Shourian: Razieh

Kaveh Ahangar: Pouya

Alireza Zareparast: Hasan

Salar Khamseh: Salar

Mohammad Valizadegan: Javad

Mahtab Servati: Nana

Mohammad Seddighi Mehr: Bahram

Jila Shahi: Zaman

Baran Rasoulof: Darya


TRAMA: Quattro capitoli sul tema della pena di morte. Ciascun capitolo racconta la vita di un uomo che, obbligato dallo stato iraniano ad eseguire l'esecuzione capitale di condannati a morte, si trova costretto a scegliere se obbedire o meno e, in ogni caso, a dover affrontare le conseguenze delle proprie azioni.


Voto 7,5

ree

Cartoline dall’Iran, quattro storie intorno alla responsabilità individuale. È giusto disubbidire agli ordini disumani dei superiori?

Heshmat, marito e padre esemplare, si alza molto presto ogni giorno. Dove va? Pouya non può immaginare di uccidere un altro uomo, eppure gli viene detto che deve farlo. Javad non sa come confessare il suo segreto alla sua amata proprio nel giorno e durante la festa del suo compleanno. Bahram è un medico ma non è in grado di praticare la medicina. Ha deciso di spiegare alla nipote in visita il motivo della sua vita da emarginato.

ree

Quattro vicende diverse e staccate, quattro situazioni di persone che hanno in comune solo quello che hanno dovuto o che sono costrette a fare che li mette in crisi esistenziale. Si comportano come svolgessero un lavoro come altri ma che invece non è e chi lo esegue cerca di girar pagina ogni volta che torna in famiglia, come un dipendente qualsiasi, cercando di condurre una vita ordinaria, evitando di immaginare ciò che spetta compiere nei giorni a seguire. Heshmat, Pouya, Javad, e Bahram sono uomini che fanno un gesto semplice ma determinante quello facile e difficile nello stesso tempo: spingono un pulsante che però toglie la vita ad altri uomini, condannati a morte dal rigido regime iraniano. Un film non breve che prende giustamente il suo tempo e un ritmo compassato per farci immergere pienamente nel carattere di ognuno, nel tempo sociale in cui vive, nell’ambiente che frequenta e nel luogo in cui lavora. Per farlo, Mohammad Rasoulof suddivide il film in quattro capitoli ben separati ma collegati dal tema che li unisce: Il male non esiste, Lei ha detto: “Lo puoi fare”, Compleanno, Baciami.

ree

Nel primo il quarantenne Heshmat, padre di famiglia tanto affabile quanto simpatico, mite e paffuto, provvede in maniera efficace al sostentamento della moglie e della famiglia ma dai suoi occhi traspare come i tre nascondano un segreto. Nel secondo Pouya ha appena cominciato il servizio militare obbligatorio e spera di potere poi richiedere il passaporto per andare a vivere all'estero con la fidanzata quando, dopo una sola settimana, si ritrova a dover affrontare una lunga notte, in un piccolo dormitorio con poca luce e letti a castello, dove pare manchi spazio e aria, in cui dovrà scegliere tra i suoi sogni e ciò in cui crede. Nel terzo il giovane soldato Javad ha tre giorni di permesso per recarsi nella sua piccola città vicino al Mar Caspio per il compleanno della fidanzata Nana: la morte di una persona cara, però, causerà l'annullamento dei festeggiamenti e sconvolgerà la vita dei due innamorati. Infine nel quarto episodio la coppia di mezza età composta da Bahram e Zaman vive in campagna dove alleva api e viene rispettata dai vicini ma l'arrivo nella loro fattoria per qualche giorno di Darya altererà notevolmente la loro routine quotidiana, a causa del segreto che dovranno rivelarle.

ree

Le quattro storie offrono variazioni sui temi cruciali della forza morale e della pena di morte, chiedendo fino a che punto la libertà individuale possa essere espressa sotto un regime dispotico e le sue minacce apparentemente inevitabili. Mohammad Rasoulof crea solo un legame narrativo libero tra queste storie, eppure sono tutte tragicamente e inesorabilmente collegate. Nel contesto dell'oppressione strutturale, la scelta sembra essere limitata a resistere o sopravvivere. Ma con ogni storia bruscamente interrotta - impostando un intervallo di qualche secondo di schermo buio come se il regista voglia concedere non solo uno spazio alla narrazione ma anche il tempo necessario per far recepire il contenuto appena visto -, siamo esortati a considerare come uomini e donne possono affermare la loro libertà anche in tali situazioni. La straordinarietà dell’opera risiede nel suo significato politico esposto con tono lirico e asciutto, con lentezza spietata, per mostrare la forza di un potere insensibile e sadico, appena mitigato dallo splendore di una bellissima terra martoriata dalle guerre e dal regime, con grandi vedute di boschi verdeggianti, deserti polverosi, montagne ocra, strade sterrate e tortuose, profumi che non sentiamo, colori che vediamo. Inesorabile il lento incedere del film, strazianti i sentimenti che esprimono i personaggi con il loro portamento mediorientale, mentre le città sono come tutte le altre, rumorose e sature di traffico. È lo sguardo impietoso di un autore che sente il nobile dovere di raccontare la sua terra.

ree

Il regista spiega: “L'anno scorso ho visto uno di coloro che in passato mi hanno interrogato” [il regista ha subito un duro processo dopo essere stato attestato nel 2010 sul set di un film diretto con Jafar Panahi, attualmente in carcere] uscire da una banca mentre attraversavo una strada a Teheran. Improvvisamente, ho provato una sensazione indescrivibile. Senza che se ne accorgesse, l'ho seguito per un po'. Dopo dieci anni, appariva un po' invecchiato. Volevo fotografarlo con il mio cellulare, corrergli incontro, rivelargli la mia presenza e urlagli in faccia tutta la mia rabbia. Ma, guardandolo da vicino e osservando i suoi comportamenti, non sono riuscito a vedere il mostro malvagio che credevo fosse. In che modo i governanti autocratici spingono le persone a divenire semplici marionette al servizio delle loro macchinazioni? Negli stati non democratici e autoritari, l'unico scopo della legge è la conservazione dello stato stesso e non la facilitazione e la regolamentazione delle relazioni tra le persone. Io vengo da uno stato di questo tipo, l'Iran. Spinto dalla mia personale esperienza volevo raccontare storie che ponessero semplici domande: da cittadini responsabili, abbiamo altra scelta quando veniamo costretti a far rispettare gli ordini disumani dei despoti al potere? Da esseri umani, fino a che punto dobbiamo essere ritenuti responsabile dell'adempimento ai loro ordini? Di fronte alla macchina dell'autocrazia, quando si ha a che fare con emozioni umane, come si relazionano la l'amore e la responsabilità morale?


Orso d’Oro al Festival di Berlino 2020.


 
 
 

Commenti


Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

bottom of page