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Il partigiano Johnny (2000)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 25 apr 2023
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 11 mag 2023


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Il partigiano Johnny

Italia 2000 dramma/guerra 2h15’


Regia: Guido Chiesa

Soggetto: Beppe Fenoglio (romanzo)

Sceneggiatura: Guido Chiesa, Antonio Leotti

Fotografia: Gherardo Gossi

Montaggio: Luca Gasparini

Musiche: Alexander Bălănescu

Scenografia: Davide Bassan

Costumi: Marina Roberti


Stefano Dionisi: Johnny

Fabrizio Gifuni: Ettore

Andrea Prodan: Pierre

Alberto Gimignani: Biondo

Giuseppe Cederna: Nemega

Umberto Orsini: Pinin

Chiara Muti: Elda

Lina Bernardi: madre di Johnny

Toni Bertorelli: padre di Johnny

Claudio Amendola: Nord

Barbara Lerici: Sonia

Flavio Bonacci: Pietro Chiodi

Antonio Petrocelli: Leonardo Cocito

Sergio Troiano: Ivan

Andrea Bruschi: Set


TRAMA: La storia di Johnny, studioso di letteratura inglese, che dopo l’8 settembre torna ad Alba come disertore ed è costretto a nascondersi. Decide di combattere fra i partigiani, ma non riconoscendosi nell’ideologia comunista né in quella degli ex militari azzurri, non sa a quale gruppo unirsi. Patirà l’inverno, la fame e la solitudine, ma scoprirà se stesso.


Voto 7

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Il progetto prende le basi dal romanzo autobiografico incompiuto di Beppe Fenoglio, pubblicato postumo, che era la naturale continuazione del precedente Primavera di bellezza che aveva come protagonista un giovane studente di Alba, soprannominato Johnny dagli amici a causa del suo amore per la letteratura inglese. Riprende la storia del giovane a partire dal ritorno a casa dopo l'armistizio: invece di aderire subito alla Resistenza, Johnny si rifugia presso la sua famiglia, che lo nasconde in una villetta in collina, da cui si muove in seguito, prendendo parte a una sommossa davanti alla caserma dei carabinieri per la liberazione di alcuni prigionieri.

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Dopo l'8 settembre 1943, il nord Italia è occupato dai tedeschi. L'esercito italiano è sbandato e i soldati sono fuggiti sulle montagne cercando di organizzare una resistenza. Molti civili hanno fatto lo stesso e Johnny è tra loro. Evita, non avendo ancora preso una chiara posizione ideologica, di far parte dei partigiani rossi comunisti e piuttosto sceglie di unirsi alle bande azzurre (ex soldati regolari), ma in entrambi i casi resta disilluso dalle bande partigiane e scopre che la guerriglia è meno poetica e genuina di quanto pensasse. Ad un certo punto però i partigiani liberano la sua città, Alba, dai tedeschi. Quando la città ricade in mano tedesca, Johnny fugge con Ettore e Pierre. Ma, uno dopo l'altro, esercito tedesco e fascisti italiani catturano i partigiani e passerà l'inverno solo e isolato. Trova poi il modo di partecipare ad uno degli ultimi assalti agli occupanti: infatti, la guerra finirà due mesi dopo.

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Lo spirito che anima il protagonista è sempre irrequieto, sembra che sia continuamente insoddisfatto, che lo assalga perfino un certo senso di noia perché egli ha una certa idea di quello che dovrebbe fare in quella situazione ma non trova la sponda alle sue incertezze. È un film di guerra ma solo fino ad un certo punto, che va oltre l’essenza dell’azione che lo spettatore si aspetterebbe. Piuttosto, ricorda che la vera etica in guerra (in questo caso, la causa antifascista dei partigiani), arriva con il duro sacrificio e quindi fame, paura, freddo e attesa. Non va mai dimenticato che lui è un intellettuale, che vede passare accanto tanti compagni. Gran parte dei dialoghi e della voce fuori campo sono dedicati alle riflessioni, ai dubbi e alle convinzioni di Johnny sull'intera vicenda e sul contesto storico e politico.

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Pur non essendo un film perfetto (non escludo per colpa del montaggio), l’opera che Guido Chiesa, mediante anche l’eccellente interpretazione di Stefano Dionisi, sa trasmettere molto bene le sensazioni provate dal personaggio, facendo avvertire allo spettatore il freddo pungente delle Langhe, della morte che può arrivare all’improvviso con una raffica di mitra, per poi tornare ai lunghi momenti di trasferimento e di calma, in attesa di nuovi eventi. Chi ha in mente il dittico di Steven Soderbergh sulla vita di Che Guevara troverà sicuramente similitudini e situazioni che si ripetono, tanto da far pensare che l’autore americano abbia preso, forse, anche qualche spunto. Non è strettamente e tecnicamente un film di guerra, ma una seria riflessione dal punto di vista dello scrittore senza mai, però, diventare un film intellettuale, essendo invece molto umano e terragno: una sorta di neorealismo distaccato, come la mente del partigiano Johnny.

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Asciuttezza stilistica del bravo Guido Chiesa, eccellente fotografia desaturata di Gherardo Gossi, musica straniante di Alexander Bălănescu e probabilmente il film è anche quello in cui Stefano Dionisi ha saputo dare il meglio di sé in tutta la sua carriera. Un film coraggioso e importante.


E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull'ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l'importante: che ne restasse sempre uno.” (dal romanzo di Beppe Fenoglio)



 
 
 

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