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Il pianista (2002)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 16 apr 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 24 nov 2023


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Il pianista

(The Pianist) Francia/Polonia/Germania/UK 2002 biografico 2h30’

Regia: Roman Polanski

Soggetto: Władysław Szpilman (romanzo autobiografico)

Sceneggiatura: Ronald Harwood

Fotografia: Paweł Edelman

Montaggio: Hervé de Luze

Musiche: Wojciech Kilar

Scenografia: Allan Starski

Costumi: Anna B. Sheppard

Adrien Brody: Władysław Szpilman

Thomas Kretschmann: cap. Hosenfeld

Michal Zebrowski: Jurek

Frank Finlay: il padre

Maureen Lipman: la madre

Ed Stoppard: Henryk

Julia Rayner: Regina

Jessica Kate Meyer: Halina

Ruth Platt: Janina

TRAMA: Nel corso della Seconda guerra mondiale, Wladyslaw Szpilman - celebre pianista ebreo polacco - riesce a sfuggire alla deportazione. Si ritrova così nel ghetto di Varsavia, all'interno del quale condivide le sofferenze e le eroiche lotte degli abitanti. Un ufficiale nazista amante della sua musica decide di aiutarlo e gli permette di continuare a vivere.


Voto 8,5

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Non è un film scontato, non è un tipico film “alla” Roman Polanski. È un film che doveva fare assolutamente, che aveva dentro di sé: figlio di uno scultore e pittore polacco e di una casalinga russa, entrambi di origine ebraica, ha vissuto sulla propria pelle la discriminazione razzista dei nazisti. Stabilitisi a Cracovia, furono rinchiusi nel ghetto della città da cui Roman riuscì a fuggire, ma la madre fu deportata e morì ad Auschwitz, mentre il padre riuscì invece a sopravvivere al campo di concentramento di Mauthausen. Esperienze che ovviamente hanno lasciato il segno e le vicissitudini del pianista protagonista del film assomigliano tanto al suo vagare da una famiglia all’altra per salvarsi. È infatti un dramma sulla sopravvivenza, quello di Wladyslaw Szpilman nel ghetto di Varsavia, raccontato dal regista con umiltà e intelligenza.

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Sebbene sceneggiato in maniera un po’ didascalica, il film è reso magnifico dalla fotografia con i suoi toni bruciati, come i colori delle vecchie foto – i colori della Storia? – e il risultato è ancora più toccante. Forse solo un viso sofferto e compassato come quello di Adrien Brody poteva rendere al meglio l’angoscia del pianista che si salva più volte e ogni volta quasi per miracolo. Il film è molto toccante quando mostra prima la reclusione nel ghetto, poi le violenze perpetrate dagli aguzzini nazisti, infine la deportazione di un intero popolo.

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Con grande abilità e freddezza Polanski riesce a raccontare la terrificante miscela di sadismo dei soldati tedeschi e di mostruosità della macchina di sterminio di cui il protagonista è testimone. Non c’è la solita dissolvenza tra una sequenza e l’altra, ma è la meravigliosa e struggente musica di Chopin, suonata dal protagonista appena può, che ci prende per mano e fa da filo conduttore, come una colonna sonora al dolore e alla memoria.

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Il racconto di Polanski è, si potrebbe dire, lineare e senza sottotesti, perché di fronte ad un orrore di questo tipo e di questa portata la migliore testimonianza è il semplice racconto e il silenzio e la memoria sono la risposta più forte.

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Riconoscimenti

Premio Oscar 2003

Migliore regia

Miglior attore protagonista a Adrien Brody

Migliore sceneggiatura non originale

Candidatura miglior film

Candidatura migliore fotografia

Candidatura migliori costumi

Candidatura miglior montaggio

Golden Globe 2003

Candidatura miglior film drammatico

Candidatura miglior attore in un film drammatico a Adrien Brody

Premio BAFTA 2203

Miglior film

Migliore regia



 
 
 

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