Il rapporto Pelican (1993)
- michemar

- 9 apr 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 15 mag 2023

Il rapporto Pelican
(The Pelican Brief) USA 1993 thriller 2h21’
Regia: Alan J. Pakula
Soggetto: John Grisham (romanzo)
Sceneggiatura: Alan J. Pakula
Fotografia: Stephen Goldblatt
Montaggio: Tom Rolf, Trudy Ship
Musiche: James Horner
Scenografia: Philip Rosenberg
Costumi: Albert Wolsky
Julia Roberts: Darby Shaw
Denzel Washington: Gray Grantham
Tony Goldwyn: Fletcher Coal
Sam Shepard: prof. Thomas Callahan
John Heard: Gavin Verheek
Stanley Tucci: Khamel
Cynthia Nixon: Alice Stark
James Sikking: Denton Voyles
John Lithgow: Smith Keene
William Atherton: Bob Gminski
Robert Culp: Presidente Stati Uniti
Hume Cronyn: giudice Rosenberg
Jake Weber: Curtis Morgan
Michelle O’Neill: Sara Ann Morgan
Ralph Cosham: Justice Jensen
TRAMA: Darby, che si sta per laureare in giurisprudenza, si mette a studiare un caso: la morte, avvenuta la stessa notte di due giudici della Corte suprema e formula un'ipotesi inquietante. Il suo docente, nonché amante, con cui si è confidata, viene anch'egli ucciso; un giornalista l'aiuta a sfuggire ai molti che vogliono farle la pelle.
Voto 6,5

Non si potrà mai affermare che gli Stati Uniti sono la terra degli intrighi tra politica e malaffare e dei complotti, lo è come, più o meno, lo sono tutti gli stati del mondo, solo che al cinema americano piace raccontarlo, forse più che in altri posti. Ricca è la cinematografia di film a tema e ci sono anche registi specializzati a raccontare trame intricate e sobillatrici. Uno di questi è certamente Alan J. Pakula, non perché abbia passato tutta la vita a raccontarcelo ma almeno per aver realizzato uno dei film più palpitanti sull’argomento: Tutti gli uomini del presidente, del 1976, vincitore di quattro Oscar.

Siamo ancora in argomento. Darby Shaw, studentessa di legge, elabora un rapporto controverso riguardante le morti violente di due giudici della Corte Suprema avvenute in circostanze sospette: il primo, Rosenberg, ucciso con un colpo di pistola; il secondo, Jensen, ucciso in un cinema a luci rosse. Il rapporto ipotizza che dietro gli omicidi ci sia la mano di un potente industriale che aveva finanziato la campagna elettorale del Presidente in carica degli Stati Uniti. Inizialmente è uno studio, una ipotesi, nulla di più, ma siccome dopo che la cartella è arrivata nelle mani dell’FBI si scatena la caccia alla ragazza vuol dire che quelle pagine hanno del vero. Darby diventa l’obiettivo da eliminare, essendo troppo esposto il Presidente ma soprattutto perché evidentemente quel rapporto è veritiero.

Con questo regista la suspense, lo sviluppo dell'azione, lo smascheramento dei cattivi, la meccanica degli incastri sono da attendersi e lui non perde l’occasione, ma stavolta sembra come trattenuto e si lascia prendere la mano dalla verbosità della sua stessa sceneggiatura e il romanzo di John Grisham da cui il film è tratto diventa più detto che mostrato, più spiegato che filmato.

Ma va bene lo stesso perché l’affare è parecchio complesso e non mancano gli attentati alla salute dei personaggi implicati, tanto che proprio a farne le spese è l’amante della protagonista, il suo professore Thomas Callahan. E non sarà il solo, la catena delle eliminazioni continua. Darby è spaventata e ora può contare solo sull’aiuto del giornalista del Washington Herald, Gray Grantham, che decide, a sprezzo del pericolo e disobbedendo al suo capo che gli intima di mollare tutto, di darle una mano per proteggerla e indagare a fondo sulla storia. Il vero problema è: riusciranno a restare vivi?


La materia prima, cioè il romanzo, era una buona occasione ma Alan J. Pakula non mantiene le promesse e se il film non perde eccessivamente mordente è anche merito di un duo di protagonisti di notevole grinta e presa sul pubblico: Julia Roberts e Denzel Washington formano una bella coppia di attori per il bene del film. Accanto a loro, Sam Shepard, John Heard, John Lithgow, Stanley Tucci e la faccia del Presidente non integerrimo è quella di Robert Culp.
Pakula non è al massimo ma il film mantiene l’attenzione fino alla fine, benché il finale sia prevedibile: in America vince sempre il buono e il giusto.






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