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Il regno del pianeta delle scimmie (2024)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 3 lug
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 10 ago

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Il regno del pianeta delle scimmie

(Kingdom of the Planet of the Apes) USA fantascienza 2h25’

 

Regia: Wes Ball

Soggetto: Rick Jaffa, Amanda Silver (personaggi)

Sceneggiatura: Josh Friedman

Fotografia: Gyula Pados

Montaggio: Dirk Westervelt, Dan Zimmerman

Musiche: John Paesano

Scenografia: Daniel T. Dorrance

Costumi: Mayes C. Rubeo

 

Owen Teague: Noa

Freya Allan: Mae / Nova

Kevin Durand: Proximus Cesare

Lydia Peckham: Soona

Peter Macon: Raka

Travis Jeffery: Anaya

William H. Macy: Trevathan

Neil Sandilands: Koro

Eka Darville: Sylva

 

TRAMA: Diverse generazioni dopo il regno di Cesare, in cui le scimmie erano la specie dominante che viveva in armonia mentre gli umani erano costretti a restare nell’ombra, un nuovo tirannico leader dei primati costruisce il suo impero, ma una giovane scimmia intraprende un viaggio che la porterà a mettere in discussione tutto ciò che conosceva sul passato, facendo scelte che definiranno un futuro sia per la sua specie che per gli umani.

 

VOTO 6,5


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La pellicola di Wes Ball (noto solo per un’altra saga, quella di Maze Runner), sequel di The War - Il pianeta delle scimmie (2017), è il decimo film del franchise de Il pianeta delle scimmie, tratto dall’omonimo romanzo di fantascienza del 1963 di Pierre Boulle, nonché quarto capitolo della serie reboot. Anzi, essendo però ambientata cent’anni dopo la fine del film menzionato, il film potrebbe dare il via a una vera e propria nuova epopea. Più precisamente, la sequenza completa in senso cronologico della storia si può così riassumere:

L’alba del pianeta delle scimmie 2011; Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie, 2014; The War - Il pianeta delle scimmie, 2017; Il regno del pianeta delle scimmie, 2024; Il pianeta delle scimmie, 1968; L’altra faccia del pianeta delle scimmie, 1970; Fuga dal pianeta delle scimmie, 1971; 1999: conquista della Terra, 1972; Anno 2670 - Ultimo atto, 1973.

E si parla ancora del seguito del presente, che, appunto, potrebbe riaprire una rinnovata epicità.



Ricapitoliamo e facciamo ordine. Nel 2017, The War – Il pianeta delle scimmie di Matt Reeves concludeva la trilogia reboot cominciata nel 2011 con L’alba del pianeta delle scimmie di Rupert Wyatt, dove avevamo seguito la mutazione ed evoluzione dei primati che, guidati da Cesare, scimpanzé mirabilmente incarnato da Andy Serkis grazie alla performance capture, avevano dato vita al pianeta delle scimmie. Le prime immagini di questo, infatti, sono proprio quelle del funerale di Cesare, passando immediatamente a “molte generazioni dopo”. Le scimmie sono la specie dominante, divisi per clan vivono in armonia con la natura, mentre gli umani, costretti nell’ombra, sono ridotti a uno stato primitivo. L’incursione delle armate del tirannico Proximus Caesar (Kevin Durand), un gorilla che, distorcendo l’insegnamento di Cesare, sta edificando nel sangue un suo personale impero, distrugge l’insediamento del giovane Noa (Owen Teague) abitato da animali quieti e rispettosi della natura che sopravvivono allevando aquile le cui nuove uova servono a perpetuare la specie.



La giovane scimmia, dopo la strage subita al comando del gorilla Sylva, braccio destro del dittatore, riesce a scappare e intraprende un doloroso viaggio con la speranza di liberare i sopravvissuti del proprio clan. Nell’avventuroso cammino incontrerà anche Mae (Freya Allan), un’umana insolitamente evoluta, di cui dovrà decidere se fidarsi o meno. La cosa inaspettata, infatti, è dovuta al fatto che gli umani sono stati rovinati dallo sciagurato farmaco l’ALZ-113, che li ha resi anche muti.



Confesso che mi sono avvicinato all’opera con molto scetticismo, aspettandomi il solito film che serve soprattutto a fare soldi per girare il seguito ed anche perché immaginavo chissà quali battaglie e spargimento di sangue. Sbagliavo. Il film di Wes Ball è un lento procedere con non pochi scossoni ma mai eclatanti, prevedibili come in una fiaba avventurosa, con un eroe destinato a compiere meraviglie inattese e, quindi, a crescere e diventare leader, ma sempre rispettoso della natura e delle creature senza cattive intenzioni.



Ecco perché, dopo la comprensibile mancanza di comprensione e di fiducia in quella ragazza silenziosa chiamata Mae - da lui e dal fidato orango Raka inizialmente battezzata Nova – cambia idea su di lei e si alleano per salvare la pelle, sempre inseguiti dai feroci gorilla, e per raggiunger lo scopo della missione che si sono imposti: arrivare ad aprire le porte blindate di un bunker umano risalente ai tempi di Cesare situato proprio nel villaggio di Proximus dove sono tenuti prigionieri anche i membri del clan di Noa e di creare un’unione di tutte le scimmie sotto il suo comando supremo. Praticamente uno Spartacus futuristico costituito da scimmie che amano la natura e che vogliono vivere nella pace.



Il ritmo non è elevato ed è quasi inutile attendersi chissà quali battaglie cruente. Inseguimenti, uccisioni inevitabili, data la ferocia che agita i gorilla, speranze, ecologismi, frasi solenni come aforismi, e come guida gli insegnamenti, da molti dimenticati, del grande e mitico Cesare, con i cui funerali inizia il film.



Molte le similitudini con altri film famosi, tra cui persino I Cannoni di Navarone per come è fortificato il villaggio da attaccare nelle ultime sequenze. Oppure gli enormi alberi che costituiscono la vita dei buoni scimpanzè che ricordano le costruzioni verticali dei vari Avatar. Ma soprattutto, vista la tranquilla narrazione quasi contemplativa e la non eccessiva ricercata spettacolarità scelte dal regista, è inevitabile andare col pensiero all’indimenticabile film che dette inizio alla fluviale saga: quel Il pianeta delle scimmie di Franklin J. Schaffner con la statuaria presenza di Charlton Heston. Infatti, è più come andare alla scoperta di come si è ridotto il pianeta e di come i pacifici scimpanzè lottano per la sopravvivenza e per una vita pacifica.



Un nuovo concetto e un nuovo stile per il franchising? Si starà a vedere. Intanto si può godere di questa opera che non è certamente memorabile ma fa trascorrere quasi due ore e mezza (troppe?) senza sobbalzi o orrori osservando il buon lavoro effettuato sia nella grafica che nella tecnica di recitazione e di regia. Prima delle riprese, il cast ha frequentato per sei settimane il movement coach Alain Gauthier, atleta e ginnasta specializzato nel trampolino elastico, prima di diventare uno dei membri fondatori del Cirque du Soleil. Le scimmie hanno preso vita grazie a tecnologie di performance capture offerto dai talenti della Weta FX, la società neozelandese per gli effetti visivi del filmaker Peter Jackson.

Non è proprio memorabile ma il film è godibile.



Riconoscimenti

Oscar 2025

Candidatura ai migliori effetti speciali



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