Il Vangelo secondo Matteo (1964)
- michemar

- 19 dic 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 2 giu 2023

Il Vangelo secondo Matteo
Italia/Francia 1964 storico 2h17’
Regia: Pier Paolo Pasolini
Sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini
Fotografia: Tonino Delli Colli
Montaggio: Nino Baragli
Musiche Luis Bacalov
Scenografia: Luigi Scaccianoce
Costumi: Danilo Donati
Enrique Irazoqui: Cristo
Margherita Caruso: Maria da giovane
Susanna Pasolini: Maria anziana
Marcello Morante: Giuseppe
Mario Socrate: Giovanni Battista
Settimio Di Porto: Pietro
Otello Sestili: Giuda
Ferruccio Nuzzo: Matteo
Giacomo Morante: Giovanni Apostolo
Giorgio Agamben: Filippo
Luigi Barbini: Giacomo di Zebedeo
Amerigo Bevilacqua: Erode il Grande
Francesco Leonetti: Erode II
Eliseo Boschi: Giuseppe di Arimatea
Ninetto Davoli: pastore
Natalia Ginzburg: Maria di Betania
Enzo Siciliano: Simone
Alessandro Tasca: Ponzio Pilato
Paola Tedesco: Salomè
TRAMA: L'annunciazione, i Magi, la fuga in Egitto, la strage degli Innocenti, Gesù nel deserto, la guarigione del lebbroso, il discorso della montagna, la morte del Battista, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, l'ingresso in Gerusalemme, la passione, la resurrezione.
Voto 8

Robert Wiene (Breslavia, 27 aprile 1873 – Parigi, 17 luglio 1938) è stato un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico tedesco, considerato uno dei più grandi e influenti registi del cinema espressionista germanico, ovviamente – dati i tempi – del muto. Il suo film più noto, oltre all'adattamento di Delitto e castigo, fu Il gabinetto del dottor Caligari, ancora oggi un cult dell’horror muto. Ebreo, dovette scappar via dalla sua patria all’avvento di Hitler. Il riferimento alla sua opera è necessario perché, a proposito dei Vangeli, egli paragonò il destino del Salvatore al processo politico di un rivoluzionario. Tuttavia, nell’arte visiva, solo la versione - delle pagine basilari della Chiesa Cristiana - di Pier Paolo Pasolini fu percepita come veramente rivoluzionaria, sia ideologicamente, artisticamente, moralmente e filosoficamente.

E non solo perché viene cancellata in un solo colpo l’estetica retorica delle belle cartoline che in misura maggiore o minore hanno influenzato le solite biografie cinematografiche di Gesù, principalmente hollywoodiane come La più grande storia mai raccontata (1965) di George Stevens con Max von Sydow, Charlton Heston, Claude Rains, José Ferrer, Telly Savalas, Martin Landau (quanti divi!); e non solo perché nessuno poteva attendersi un soggetto del genere dopo solo due anni dall’episodio La ricotta (nell’ambito del film Ro. Go. Pa. G.) in cui la parodia della Passione lo mandò in tribunale con l’accusa di blasfemia, a prescindere dall’opera prima Accattone già così controcorrente; e non solo, infine, nel mettere a fuoco – a detta degli studiosi pasoliani – le contraddizioni interne del testo biblico. Anche come conseguenza di ciò, come si può leggere nel web, la scelta dell’autore cadde sulle pagine di Matteo avendo definito gli altri tre evangelisti non graditi: “troppo volgare” Marco, “troppo mistico” Giovanni, “troppo sentimentale” Luca). Sic!

Rivoluzionario, termine perfino riduttivo dal punto di vista filosofico, religioso e cinematografico: rispetto ai nomi succitati del colossal del 1965, qui, eccetto il giovane attore spagnolo Enrique Irazoqui, il cast è formato da gente del posto, come un qualsiasi film del neorealismo e, chiedo scusa per il raffronto irrispettoso, come tale fu girato. In case dei poveri abitanti locali, tra le pietre della città dei Sassi di Matera, in un ambiente che sa anche di “materia”, oltre che di spiritualità derivata dalle parole del Messia. Attori non professionisti (tra la cui la stessa madre di Pasolini) dal viso comune, dalle espressioni quotidiane della gente semplice. L'effetto è drammaticamente esaltato dal modo modesto e sottotono scelto dal mitico direttore della fotografia Tonino Delli Colli, soprattutto nel finale, sia nel momento dell'imposizione della pena di morte da parte di Caifa, con la folla - che oramai è passata a dileggiare la figura di Cristo dimenticando come lo aveva osannato appena qualche giorno prima e ora sceglie Barabba - che la pensa allo stesso modo, sia nel momento delle parole liberatorie di Ponzio Pilato, scene sono mostrate da lontano, attraverso gli occhi di un testimone oculare che guarda oltre la spalla di chi gli sta davanti. Presumibilmente è Giuda, che controlla le conseguenze del suo tradimento. Ma anche i primissimi minuti di questo grande capolavoro sono affascinanti: in primo piano sono i visi immobili di Maria e Giuseppe. La prima è pensierosa perché l’Annunciazione l’ha preparata alla grande missione che l’aspetta ed è curiosa e preoccupata dalla reazione che avrà il marito. Il secondo, notando l’evidente stato avanzato di gravidanza della giovane moglie, è scosso e si allontana per le strade pietrose e polverose per esprimere, con il pianto, la delusione ed il rammarico. Ma smetterà e gioirà subito dopo, appena quando gli appare il soave e celestiale angelo che gli spiega quale divino compito è stato affidato alla donna. Umano, quotidiano, realistico, neorealistico.

A dirigere è quindi una delle migliori menti che il nostro Paese abbia mai avuto: dall’intelligenza acuta, senso intellettuale non comune, grande scrittore ed elevato poeta, certamente dalla visione marxista e controcorrente e forse proprio per questo (mal)trattato come solo nei peggiori dei luoghi. E ancora non conosciamo la verità. Lui diceva (a proposito di ben altro) “io so ma non ho le prove” e per lui è ancora valida questa tragica frase. “Il miglior film su Cristo, per me, è Il Vangelo secondo Matteo, di Pasolini. Quando ero giovane, volevo fare una versione contemporanea della storia di Cristo ambientata nelle case popolari e per le strade del centro di New York. Ma quando ho visto il film di Pasolini, ho capito che quel film era già stato fatto.” Parole di Martin Scorsese!
A doppiare l'attore protagonista fu Enrico Maria Salerno, che nell’occasione dà una ulteriore dimostrazione della sua dote di attore teatrale di eccelsa bravura, riuscendo a dare nerbo vocale al pur eccellente Enrique Irazoqui.
Film da contemplare visivamente e da ascoltare con grande attenzione.

Riconoscimenti
1964 - 25ª Festival di Venezia
Leone d'Argento - Gran Premio della giuria
Premio OCIC (Ufficio Cattolico Internazionale del Cinema)
1965 - Nastro d'argento
Miglior regista
Migliore fotografia
Migliori costumi
Candidatura migliori costumi
Candidatura miglior produttore
Candidatura migliore scenografia
1967 - Premio Oscar
Candidatura migliore scenografia
Candidatura migliori costumi
Candidatura migliore colonna sonora






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