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Io e Annie (1977)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 25 ago 2023
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 8 lug

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Io e Annie

(Annie Hall) USA 1977 commedia 1h33’


Regia: Woody Allen

Sceneggiatura: Woody Allen, Marshall Brickman

Fotografia: Gordon Willis

Montaggio: Wendy Greene Bricmont, Ralph Rosenblum

Scenografia: Mel Bourne

Costumi: Ruth Morley


Woody Allen: Alvy Singer

Diane Keaton: Annie Hall

Tony Roberts: Rob

Carol Kane: Allison Portchnik

Paul Simon: Tony Lacey

Shelley Duvall: Pam

Janet Margolin: Robin

Christopher Walken: Duane Hall

Colleen Dewhurst: signora Hall


TRAMA: Alvy Singer è un attore comico che lavora per la radio e per la televisione. Ha successo, ma è portato alla depressione. Già messo in passato a dura prova da due matrimoni falliti, ha una storia con Annie Hall, intellettuale, carina, benestante e un po' svitata, con ambizioni personali nel ramo dello spettacolo. Ambedue stanno sulla difensiva. Condividono interessi professionali, ma anche una certa instabilità emotiva.


Voto 8,5


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Alvy Singer, un quarantenne due volte divorziato, nevrotico intellettuale ebreo cabarettista di New York (ci vanno le virgole tra un aggettivo ed un altro, oppure le caratteristiche di Woody – trasportate di peso nel suo personaggio – vanno meglio elencate come un’unica qualità, essendo tutte compatibili con il carattere? Se ne possono aggiungere altri, eh!), riflette sulla fine della sua ultima relazione, con Annie Hall, un'aspirante cantante di nightclub WASP insicura e volubile del Midwest. A differenza delle sue precedenti relazioni, Alvy credeva di aver risolto tutti i problemi della sua vita attraverso quindici anni di terapia per far durare questa relazione. Tra questi problemi c'era il non voler uscire con nessuna donna che avrebbe voluto uscire con lui, e quindi inconsciamente allontanando quelle donne. Alvy non solo esamina i molti alti e bassi della loro relazione, ma esamina anche le molteplici sfaccettature del suo carattere che lo hanno portato a iniziare ad uscire con lei. Questi aspetti includono il fatto di essere cresciuto vicino a Coney Island, a Brooklyn, di essere attratto dal sesso opposto da quando riesce a ricordare e di sopportare anni di senso di colpa tutto ebraico con i suoi genitori che litigavano costantemente.


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Grosso modo, a prescindere dalla vera trama, che con i grandi autori è solo e sempre un pretesto per parlare dei temi e per Woody vuol dire, forse, soprattutto di sé e dei suoi problemi esistenziali, il fulcro di questa meravigliosa perla è tutto in questi pensieri. E poi nei fluviali dialoghi e monologhi, spesso rivolti direttamente al pubblico verso il cosiddetto quarto lato, come succede infatti nell’incipit. Ma, confesso, quando mi capita di scrivere di un film importante come questo a distanza di anni dall’uscita e molto ben conosciuto dal pubblico che lo ama, provo ritrosia e vergogna: ne hanno scritto a fiume tutti i recensori, piccoli e grandi, e adesso, io, cosa posso mai aggiungere? Sì, forse solo qualche modestissima riflessione come mio solito ma poco aggiungerei alle considerazioni che in tanti hanno già scritto.


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Piuttosto, come dicevo prima, i monologhi che Alvy/Woody rivolge allo spettatore contengono i pilastri del contenuto psicologico dell’intera opera, specialmente se si prendono in considerazione l’incipit su citato e la storiella che narra in corrispondenza dei titoli di coda. Entrambi molto significativi ma soprattutto esilaranti. In mezzo, una commedia tra le più divertenti della sua sterminata filmografia e sprazzi di enorme comicità sparsi nei rapporti del protagonista con la donna desiderata, i suoi familiari, gli amici e gli sconosciuti, come il falso esperto di cinema e filosofia nel foyer del cinema. Tra comicità slapstick, Groucho Marx, Freud, lo spirito yiddish e la commedia brillante americana – che in fondo sono le migliori armi di cui il nostro è dotato – si trascorre un’ora e mezza tra le più privilegiate che un appassionato di cinema può passare. Ammesso che ami Woody, perché c’è, incredibilmente per me, chi non lo apprezza.


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Pronti via, ed ecco che: “C'è una vecchia storiella. Due vecchiette sono ricoverate nel solito pensionato per anziani e una di loro dice: "Ragazza mia, il mangiare qua dentro fa veramente pena", e l'altra: "Sì, è uno schifo, ma poi che porzioni piccole!". Be', essenzialmente è così che io guardo alla vita: piena di solitudine, di miseria, di sofferenza, di infelicità e disgraziatamente dura troppo poco. E c'è un'altra battuta che è importante per me; è quella che di solito viene attribuita a Groucho Marx, ma credo dovuta in origine al genio di Freud, e che è in relazione con l'inconscio; ecco, dice così – parafrasandola – ehm... ‘Io non vorrei mai appartenere a nessun club che contasse tra i suoi membri uno come me’. È la battuta chiave della mia vita di adulto in relazione alle mie relazioni con le donne.” Mentre, invece, nel finale: “Uno va dallo psichiatra e dice: ‘Dottore mio fratello è pazzo, crede di essere una gallina’ e il dottore gli dice: ‘Perché non lo interna?”’ e quello risponde: ‘E poi a me le uova chi me le fa?’. Beh, credo che corrisponda molto a quello che penso io dei rapporti uomo/donna. E cioè che sono assolutamente irrazionali, ehm... e pazzi. E assurdi, e... Ma credo che continuino perché la maggior parte di noi ha bisogno di uova.

Non è geniale?


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Non so se “Annie Hall” sia il miglior film di Allen, di certo lui non lo considera così importante come invece la critica di sempre e i cinefili, ma è un tale “assieme” che è, a mio parere, davvero un’opera nel senso completo del termine. Come è anche certo che fu concepito originariamente come una trasposizione moderna delle sofisticate commedie degli anni 30 con Spencer Tracy e Katharine Hepburn. Woody Allen e il suo coadiutore coautore Marshall Brickman s’imbarcarono invece in una commedia ambientata nella mente di Allen con flashback sul precedente matrimonio e sull'infanzia del protagonista maschile, con l'aggiunta del mistero di un omicidio. Accorciato e rimodellato dal montatore Ralph Rosenblum, fu distribuito questo tipo di versione centrata sulla storia tra Alvy, come detto, un comico nevrotico e maniacale, e la Annie Hall del titolo per catturare l'intenzione originale del regista: una moderna commedia degli equivoci arricchita da dubbi, indecisioni e non poca psicoanalisi. Il film si segnala anche per la prima apparizione di attori come Jeff Goldblum Christopher Walken, Beverly D'Angelo e Sigourney Weaver. Bizzarramente compaiono anche Truman Capote e Marshall McLuhan (per chi non lo conoscesse fu sociologo, filosofo, critico letterario e professore canadese): da notare che lo scrittore Capote interpreta “uno che sembra Truman Capote” mentre McLuhan fu il sostituto riluttante di Federico Fellini.

Ma che delizia Diane Keaton!


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La malinconia che pervade solitamente i film di Woody è presente anche qui e lo si nota non solo in molte scene ma anche nel finale già descritto, in cui, prima della storiella delle uova, riflette sull’ultima parte della vita, introducendola con “Dopodiché si fece molto tardi, dovevamo scappare tutti e due. Ma era stato grandioso rivedere Annie, no? Mi resi conto che donna fantastica era... e di quanto fosse divertente solo conoscerla. E io pensai a... quella vecchia barzelletta, sapete...

Un artista così non ci sarà mai più.


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Riconoscimenti

1978 - Premio Oscar

Miglior film

Migliore regia

Miglior attrice protagonista a Diane Keaton

Migliore sceneggiatura originale

Candidatura miglior attore protagonista a Woody Allen

1978 - Golden Globe

Miglior attrice in un film commedia o musicale a Diane Keaton

Candidatura miglior film commedia o musicale

Candidatura migliore regia

Candidatura miglior attore in un film commedia o musicale a Woody Allen

Candidatura migliore sceneggiatura

1978 - Premio BAFTA

Miglior film

Migliore regia

Migliore attrice protagonista a Diane Keaton

Migliore sceneggiatura

Miglior montaggio

Candidatura miglior attore protagonista a Woody Allen



 
 
 

Commenti


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