Io e Sissi (2023)
- michemar
- 11 mag
- Tempo di lettura: 6 min

Io e Sissi
(Sisi & Ich) Germania/Svizzera/Austria 2023 biografico 2h12’
Regia: Frauke Finsterwalder
Sceneggiatura: Frauke Finsterwalder, Christian Kracht
Fotografia: Thomas W. Kiennast
Montaggio: Andreas Menn
Musiche: Michael Künstle, Matteo Pagamici
Scenografia: Katharina Wöppermann
Costumi: Tanja Hausner
Sandra Hüller: Irma contessa Sztáray
Susanne Wolff: imperatrice Elisabetta di Baviera / Sissi
Georg Friedrich: arciduca Ludovico Vittorio d’Asburgo-Lorena
Stefan Kurt: conte Berzeviczy
Sophie Hutter: Fritzi
Maresi Riegner: Marie
Johanna Wokalek: contessa Festetics
Sibylle Canonica: Maria contessa von Sztáray
Angela Winkler: principessa Ludovica di Baviera
Markus Schleinzer: imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria
Tom Rhys Harries: capitano Smythe
Anne Müller: Baronessa von Rothschildt
TRAMA: Amicizia e giochi di potere tra la principessa Sissi e la sua dama di compagnia Irma.
VOTO 7

Innanzitutto due riflessioni. La prima è che il titolo originale evidenzia prima il nome dell’imperatrice mentre quello italiano inverte le indicazioni e ciò probabilmente stride con le intenzioni della regista che voleva porre in risalto la rilettura del personaggio storico, che sorprende non poco. Ma è comprensibile perché, se è vero che la trama gira tutta attorno a Sissi e al suo modo di interpretare quello scorcio di vita, è anche vero che essa è raccontata dal punto di vista dell’altra donna, Irma: tutto si svolge come se quest’altra protagonista sia la voce narrante e presenza in ogni scena. Detto ciò, i distributori italiani non dovrebbero mai, e dico mai, cambiare i titoli.

La seconda osservazione da fare è quasi destabilizzante per la memoria che il pubblico ha della nobile donna: dimentichiamo la Sissi della mitica trilogia romanzata diretta dall’austriaco Ernst Marischka e interpretata dall’indimenticabile Romy Schneider. Qui si ammira un personaggio lontanissimo da quello rimasto nella storia del cinema. Non si assiste ad un romanzo sentimentale e fiabesco ma ad una commedia nera e grottesca che racconta di una donna ribelle, anticonvenzionale e incompatibile con il mondo e la società di quei tempi. Ma anche egoista e viziata, se si può azzardare, date le enormi possibilità finanziarie.
Alla fine del XIX secolo, la contessa ungherese Irma Sztáray (Sandra Hüller), single e di mezza età, rifiuta sia l’idea di un matrimonio combinato come si usava nelle famiglie nobili, sia la soluzione di comodo che era la via del convento. E dunque viene costretta dalla prepotente madre a chiedere a corte il permesso di diventare la damigella di compagnia dell’imperatrice Elisabetta d’Austria, detta Sissi (Susanne Wolff), che con il passare degli anni è diventata sempre più solitaria. Ella, stravagante e capricciosa, è separata dal marito da tempo e vive per conto suo in una grande villa a Corfù attorniata solo da donne, eccettuata la presenza del factotum-segretario conte Berzeviczy (Stefan Kurt). Dopo quello che oggi viene chiamato casting, Irma viene assunta e non fa neanche a tempo a sbarcare nell’isola greca che già viene messa duramente in difficoltà da prove fisiche e da regole molto curiose dettate dalla mente sadica della padrona di casa. Nei mesi che seguiranno, i viaggi per mezza Europa e Africa (Grecia, Algeria e Inghilterra), nasce un rapporto forte e interdipendente, con molti alti e bassi, tutti dettati dall’umore non sempre costante dell’imperatrice. Un legame che matura in un forte affetto che non tarda a diventare molto di più, principalmente da parte della contessa, che si innamora perdutamente, fino a quando devono tornare – altra decisione inaspettata - a Vienna, dove le loro vite cambiano drasticamente fino ad un epilogo tragico.
In quella vita appartata dalla società e lontana dal clamore e dalla monotonia di corte, Sissi gode della libertà assoluta, lontano dal marito, l’imperatore Francesco Giuseppe (Markus Schleinzer), e dai suoi figli. Ogni giorno è un programma imprevedibile, dettato soltanto dall’umore del momento e dalla voglia di fare questa o quell’altra attività. La vita è condizionata fortemente da regole precise decise dalla donna: pasti minimali, ginnastica istantanea, cavalcate anche di primo mattino, passeggiate lunghe e faticose, tisane a suo dire benefiche, improvvise chiamate anche notturne per ragni immaginari. Attività che sfiancano Irma e la tengono affamata tutto il giorno, ma non molla, sta al ritmo per non perdere lo status: è arrivata lì e non rinuncerà mai per nessun motivo. Tutto sta ad abituarsi e dimagrire per il piacere di Sissi, a cui importa solo che non sorga la noia. E non è un mondo per figli e per uomini, per giunta pelosi.
La nuova arrivata, che ha scavalcato nelle preferenze le altre due damigelle già presenti, non fa un passo indietro anche perché si è affezionata a quella donna impulsiva e indipendente che non rimpiange nulla di quello a cui ha rinunciato, tanto da assecondarla e spesso anche consigliarla avendo ormai capito il personaggio e i suoi desideri. A nulla servono le trepidanti preoccupazioni del fedelissimo conte Berzeviczy o le pressanti richieste che arrivano dalla corte: lei è piuttosto attratta dalle esibizioni grottesche e teatrali del caro ospite che giunge, l’arciduca Vittorio (Georg Friedrich), rappresentazioni che stimolano il suo piacere di andare controtendenza anche nelle arti. Meglio quegli spettacolini in casa sua che i riti ipocriti che si svolgono con i blasonati ospiti della casa imperiale. Tortura che però deve sopportare quando il marito riesce a farla rientrare, perlomeno provvisoriamente ma con speranze definitive, per una cena importante in cui tira l’ennesimo tiro mancino al consorte, facendo sedere a fianco di Francesco Giuseppe la sua fidata Irma. Un dispetto riuscito che stimolerà la curiosità dei fanatici e viziosi commensali.
Il vero punto di svolta nel rapporto tra Sissi e Irma, ora ripartite per la volta dell’Inghilterra, sarà l’irruente apparizione del capitano inglese Smythe (Tom Rhys Harries) che farà perdere la testa all’imperatrice, la quale riscoprirà la gioia dell’attrazione e del sesso finalmente non subito passivamente, che però farà esplodere la gelosia dell’amica, che credeva di essere l’unica desiderata. Un fatto imprevisto che la spingerà ad una mossa mai prima pensabile, dando luogo ad un epilogo inaspettato avvenuto nell’ennesima tappa di migrazione, la Svizzera, dove - pur mantenendo una forma di adorazione per quella creatura volubile e intemperante che aveva stregato con il suo carisma tutto l’impero austroungarico - l’imperatrice vedrà compiersi il proprio destino così come le era stato predetto da bambina a proposito di un ago.
Allontanandosi quindi dal tradizionale racconto della storia d’amore con l’imperatore Francesco Giuseppe e delle difficoltà della principessa di ambientarsi a corte, la regista prosegue quel processo di radicalizzazione già avviato recentemente da altri autori (vedi Il corsetto dell’imperatrice, 2022, di Marie Kreutzer, per esempio, altra regista altra visuale) e si concentra sugli ultimi anni appartati e decadenti della sovrana, sfaccettata e manipolatrice come altre principesse moderne. Modernismo che Frauke Finsterwalder esalta con la coraggiosa scelta di brani attuali perfettamente intonati alle sequenze e cantati significativamente da donne: Wandering Star dei Portishead, Deceptacon dei Le Tigre, Baby Alive di Nina Hynes, Girlie Pop dei Pop Tarts, e via dicendo un ensemble di musica pop come il personaggio disegnato dalla regista. Una protofemminista, una ribelle indipendente, una sorta di Lady D ante litteram, che scappa via dalle formalità e dagli obblighi della tradizione.

Tornando all’introduzione di queste riflessioni, dopo quanto detto risulta evidente quanto le due figure di donne, dirette giustamente e meglio da una mano femminile, siano sullo stesso piano di importanza ai fini della storia e la conseguente intercambiabilità dell’ordine nel titolo, anche se, va ribadito, tutto è visto attraverso la mente, il metro di giudizio e gli occhi di Irma, interpretata magnificamente da Sandra Hüller, la quale ormai ha smesso di stupirci. Il suo enorme talento consiste anche nel trasmettere i pensieri e le emozioni senza il minimo sforzo, come se non stia recitando, con estrema naturalezza, ma esprimendo appieno quello che serve. Stavolta, per la fortuna del pubblico, ha trovato una controparte all’altezza: la mirabile Susanne Wolff è a dir poco fenomenale. Si era avuta la percezione della sua bravura nel sorprendente Styx (di Wolfgang Fischer, 2018) ma nulla faceva presagire una tale bravura, almeno per noi che la conosciamo poco. La sua Sissi è interpretata con un festival di espressioni, gestualità, ammiccamenti, sguardi, minimi movimenti che diventa uno show fantastico, che, unito ai dialoghi formidabili, pungenti, sarcastici, pieni di sana cattiveria, sfocia in un personaggio esplosivo. Insomma, una gara di bravura tra due attrici eccelse.

Va da sé che la regia di Frauke Finsterwalder, oltre alla scrittura assieme a Christian Kracht, è un’altra delle carte vincenti del film, così, come già detto, per la scelta dei brani musicali, ma anche per i bellissimi e originali costumi di Tanja Hausner. Un film, quindi, che sorprende parecchio per bellezza e bravura ma anche per l’innovazione con cui si è scelto di raccontare una storia irriverente.
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